giovedì 13 agosto 2009

Il superenalotto e il sogno del potere

13/08/09
131 centotrentuno milioni di euro, qualcosa come 254 miliardi di vecchie lire, qualcosa come 438 appartamenti di 300.000 euro. Dietro il sogno della vincita al superenalotto non ci sta il sogno di una ricchezza che ti possa liberare dalla miseria, dal lavoro e assicurarti un sicuro benessere; ci sta il sogno di qualcosa di ben diverso: il sogno del potere. Di colpo il vincitore verrà trasferito nell’Olimpo dei potenti.
A perseguire questo sogno sono in tanti, non solo gli abituali giocatori del lotto, anche tanti altri si aggiungono a giocare spinti proprio dalla cifra che continua ad aumentare.
Eppure quella cifra dovrebbe fare paura. Quell’uomo “fortunato”, che circolava libero e mediamente insoddisfatto, ora dovrà costantemente fare i conti con la ricchezza esagerata che gli è piovuta addosso; comincerà ad essere guardingo, attento ad ogni movimento sospetto, troverà necessario ricorrere a una scorta per sé e suoi familiari, comincerà a diventare esperto su investimenti e sistemi di allarme. Se vuole potrà anche continuare a sentirsi ingenuamente liberò, ma dovrà fare i conti con le molte “attenzioni” che cominceranno a gravitare attorno a lui; se non si abitua subito a vivere come tutti gli altri potenti della terra i rischi reali per la sua vita sicuramente aumenteranno.
Il mito di una grande ricchezza capace di dare potere è un mito che ha sempre accompagnato l’uomo: favole e racconti hanno narrato spesso della ricerca di tesori enormi. In quei racconti chi si metteva alla ricerca di grandi tesori era spesso un giovane avventuriero. Oggi, con l’acquisto di un biglietto in tabaccheria, cominciano l’avventura una casalinga o un pensionato; per conquistare quei tesori non dovranno combattere contro un drago che lancia fiamme dalla bocca, basterà attendere le estrazioni e controllare il proprio biglietto, e se la bendata Dea arriva, uno di loro avrà una ricchezza simile a quella dei potenti.
La favola di ricchezza e potere odierna l’ha realizzata lo Stato, uno Stato incapace di dare una indennità di disoccupazione ai disperati che perdono il lavoro; attraverso questa favola ha aumentato le sue entrate ed è riuscito a recuperare una cifra in miliardi che pare sia dieci volte superiore al premio che dovrebbe andare al vincitore; è riuscito nei fatti a far pagare una parte delle “odiate tasse” in modo indolore con il sistema della promessa della fortuna.
Attraverso questa favola lo Stato realizza una entrata e realizza nei fatti un modello educativo: la legittimazione di una ricchezza spropositata nelle mani di pochi uomini. Vedi! Anche tu puoi diventare uno di questi esseri ricchi e potenti; perciò abbandona ogni antica velleità di contrastare con idee di uguaglianza i ricchi e i potenti.
Il vecchio tredici al totocalcio, che ci ha accompagnato dal dopoguerra fino agli anni novanta, prometteva soltanto una ricchezza modesta; con quella vincita risolvevi i tuoi problemi e quelli dei tuoi familiari, niente di più, non riuscivi certo ad entrare nel novero dei potenti. Quel gioco non bastava a giustificare i nuovi modelli di sfacciata ricchezza della società di oggi, dove la ricchezza è ostentata come potenza, dove la ricchezza è diventata il massimo riconoscimento per le capacità umane, dove la ricchezza è capace di comprare ogni cosa ed anche gli esseri umani, dove è diventata il fine ultimo della permanenza dell’uomo sulla terra. Una “riccopotenza” che non accetta limiti e critiche.
francesco zaffuto

(immagine – “uomo con poche cose e un cane” acquarello © francesco zaffuto link Uomo con poche cose)