venerdì 31 gennaio 2014

LA BANCA DEGLI ALTRI


Chi è disposto a gustare un piatto di fagioli messicani con la crema chantilly?

La Banca d'Italia venne istituita con la legge n. 449 del 10 agosto 1893.  Nacque un istituto considerato pubblico nella sua natura e strutturato come una società per azioni privata. Attraverso questo istituto lo Stato italiano (ispirandosi ad un orientamento comune in diversi stati capitalisti) intendeva controllare in forma delegata l’economia creditizia e monetaria senza esercitare un peso esclusivo.
 Il capitale sociale della Banca d’Italia fu diviso in quote, le quote sono appartenute a maggiori banche del paese, istituti assicurativi privati e pubblici; con alcuni vincoli sul diritto di voto per evitare il peso preponderante di un singolo istituto.
 L’ammontare del capitale sociale fu di 300 milioni di lire, interamente versato al 1936;  allora era una discreta cifra ma oggi equivale 156.000 euro.
 Questo capitale sociale  non è stato mai rivalutato perché la partecipazione azionaria alla proprietà della Baca d’Italia è stata considerata sempre qualcosa di simbolico e di prestigioso per gli istituti creditizi che vi partecipavano. Questo prestigio è derivato dalle competenze che lo Stato italiano ha dato nel tempo alla Banca d’Italia: nel 1926 diventò l’unico istituto bancario autorizzato ad emettere moneta a corso forzoso e, negli anni successivi, gli furono concesse prerogative di controllo su tutto il sistema bancario.
 A fronte di un capitale sociale rimasto fermo la Banca d’Italia ha continuato ad incrementare nel tempo le sue riserve; ma le riserve essendo non disponibili si potevano considerare come una sorta di teorico tesoro pubblico.
 Con l’aumento del Capitale sociale, deciso con decreto dal Governo in carica, ed approvato nella convulsa seduta parlamentare di due giorni fa:  il capitale passa da 300 milioni di lire a 7,5 miliardi di euro, le riserve vengono di fatto rese disponibili e determinano l’entità della nuova quota sociale dei vecchi proprietari. Le banche proprietarie delle vecchie quote, se venderanno una parte delle quote ad altri istituti di credito verranno ad un tratto ad incassare alcuni miliardi per effetto della rivalutazione della loro quota.
 L'elenco dei principali proprietari partecipanti della Banca d’Italia, indicati sul sito, è il seguente:
Partecipante
Quote
Voti
Intesa Sanpaolo S.p.A.
30,3%
50
UniCredito Italiano S.p.A.
22,1%
50
Assicurazioni Generali S.p.A.
6,3%
42
Cassa di Risparmio in Bologna S.p.A.
6,2%
41
INPS
5,0%
34
Banca Carige S.p.A.
4,0%
27
Banca Nazionale del Lavoro S.p.A.
2,8%
21
Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A.
2,5%
19
Cassa di Risparmio di Biella e Vercelli S.p.A.
2,1%
16
Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza S.p.A.  
2,0%
16

Facendo un esempio,  Unicredit che fino a pochi giorni fa aveva il 22,1% di 156.000 euro (cifra con cui non poteva comprare neanche un garage), oggi si trova ad avere il 22,1% di 7,5 miliardi di euro. Non è certo una differenza di poco conto.
 Se si considera,  inoltre,  che in base alle nuove norme non potrà detenere più del 5% del capitale sociale, si troverà addirittura costretta a vendere la parte di quota eccedente ottenendo un beneficio perfettamente legale ed immediato del 17,1% di 7,5 miliardi.
 In base ai nuovi dispositivi le quote potranno essere acquistate da banche e imprese assicurative con sede in Ue. Quindi i nuovi soggetti proprietari di Banca d’Italia possono essere soggetti finanziari anche non italiani (con sede UE), ma ogni soggetto non potrà possedere oltre il 5%.
 I telegiornali italiani ci hanno mostrato un’aula parlamentare con deputati grillini presi dall’isteria dell’ostruzionismo,  volevano impedire il voto di questa legge, volevano impedire alla maggioranza di esprimersi, gesto sicuramente antidemocratico. In fin dei conti se una democrazia vuole favorire con qualche miliardo le banche può farlo nel pieno della sua legittimità, ma almeno con una chiara e specifica discussione e voto specifico sull'argomento.
Vale la pena di osservare che il decreto si chiamava IMU-Banca d’Italia; in una democrazia, almeno rispettosa del buon senso,  si doveva scindere la discussione sull’IMU da quella sulla Banca d’Italia.  Nel decreto del Governo Letta,  sono stati messi insieme i dispositivi per l’eliminazione dell’imposta sulla prima casa con i dispositivi per la Banca d’Italia, è come se si fosse preparato un pasto a base di fagioli messicani con la crema chantilly, forse dietro questo cattivo gusto si può celare qualche sospetto.
31/01/14 francesco zaffuto


Immagine – un piatto di fagioli messicani, che mi auguro senza crema chantilly

giovedì 30 gennaio 2014

il senso di un'imposta

 Leggo sul pacchetto di sigarette poggiato sul mio tavolo “il fumo uccide”. La scritta è stata posta su quel pacchetto con una legge dello Stato, quindi lo Stato si fa carico di consigliarmi di non fumare o di fumare il meno possibile.    Pare che siano state inventate delle sigarette elettroniche che,  se si diffondono e si sostituiscono al tabacco bruciato e aspirato,  potrebbero eliminare o diminuire di molto gli effetti negativi. Logica vorrebbe che lo Stato, lo stesso che stampiglia la scritta “il fumo uccide”, favorisca l’uso delle sigarette non dannose; si apprende invece che lo Stato intende applicare un’imposta sulle sigarette non dannose rendendole uguali a quelle dannose .
 Il senso dell’imposta sui vizi è sempre quello di fare cassa, ma in questo caso si potrebbe fare una qualche distinzione.
30/01/14 francesco zaffuto
Link sull’argomento

immagine – una sigaretta elettronica

lunedì 27 gennaio 2014

Un dovere non dimenticare

 Il 27 gennaio 1945  le truppe sovietiche dell'Armata Rossa arrivarono presso la città polacca di Auschwitz scoprendo il campo di concentramento e liberandone i pochi superstiti.  La scoperta di Auschwitz e le testimonianze dei sopravvissuti rivelarono compiutamente per la prima volta al mondo l'orrore del genocidio nazista.
La memoria di quei fatti non si è incrinata, anche se la voce dei testimoni diretti è venuta a mancare per il passare del tempo; esistono documenti, filmati d’epoca e tante opere di artisti che hanno voluto dare un contributo a questo ricordo. E’ quasi impossibile che un giovane di oggi non abbia avuto informazione su quei fatti; eppure ci sono sempre quei pochi che disegnano croci uncinate, scrivono scritte antisemite e fanno anche scherzi crudeli, come se alla fine di un film sul nazismo fossero rimasti affascinati dalla crudeltà.
E’ un dovere non dimenticare ed anche vigilare su ogni gesto di tracotanza.
qui il link di un fatto accaduto un paio di giorni fa
Immagine dell’entrata del campo di concentramento di Auschwitz

lunedì 20 gennaio 2014

Italicum? Una pessima ribollita


Certo le motivazioni della sentenza della Corte costituzionale sul premio di maggioranza e sulle preferenze erano quantomeno bizantine: dicevano che il premio era eccessivo e che le preferenze si potevano evitare in presenza di liste bloccate molto piccole
Ed ecco arriva la proposta scelta da Renzi (dice condivisa da Berlusconi):
 prevede «l’assegnazione di un premio di maggioranza» a chi prenderà  «almeno il 35%» dei voti «che porti al 53% minimo e al 55% al massimo».  Il premio sarà «al massimo del 18%» , in modo da evitare profili di incostituzionalità. Se nessuno ottiene il 35% «c’è la possibilità di un doppio turno, più precisamente un ballottaggio non tra due candidati premier ma tra due coalizioni, simboli o agglomerati di simboli che senza apparentamento rigiochino la partita di fronte elettori».  
Riguardo poi alle preferenze:
 niente preferenze e  mini liste bloccate di sei candidati per circoscrizione.
 Inoltre, fuori tutti i piccoli con i nuovi sbarramenti - uno sbarramento al 5% per i partiti in coalizione e uno sbarramento dell’8% per le forze che si presentano da sole.
Diciamo che è la ricetta di una ribollita fatta soprattutto con gli ingredienti della convenienza per Renzi e Berlusconi.
Il Parlamento che può nascere dalla ribollita Renzi – Berlusconi lascerà fuori dalla politica parlamentare gran parte del dibattito politico – sociale del paese;  saranno eletti come sempre  tanti uomini fotocopia proposti dalla segreterie dei grandi partiti.  Quando a movimenti che raccolgono milioni di voti  non viene dato un minimo diritto di tribuna non si fa un buon servizio al paese.

20/01/14 francesco zaffuto

Immagine – un piatto di ribollita – con il link di una buona ricetta ricetta

sabato 18 gennaio 2014

Lo scongelamento del Caimano

 Renzi ha incontrato Berlusconi, in qualche modo ha scongelato il Caimano. Ma se  si considera che Grillo si è tirato da parte;  gioco forza,  se Renzi vuole tentare di far passare una riforma elettorale con una maggioranza non risicata deve fare un accordo con Forza Italia.
 Mentre è comprensibile il malessere di una parte del PD per questo incontro, la pretesa di Angelino Alfano ( e soci) di mettere l’ipoteca del suo piccolo partito su una legge che necessita di una grande condivisione in Parlamento è quantomeno fuori luogo; basta ricordare che fino a pochi giorni fa Angelino era il figlioccio di Berluconi. I piccoli partiti sono nel giusto se reclamano una rappresentanza in Parlamento, una voce; ma non possono pretendere di essere sempre l’ago della bilancia.
 Dopo l’incontro con Berlusconi,  Renzi ha annunciato di avere trovato una soluzione che metterà ai voti nella direzione del PD che si terrà lunedì. Nessuno scandalo, va dato a Renzi il merito di non perdere tempo. Riguardo alla bontà della legge elettorale proposta è meglio aspettare lunedì.

Qui di seguito, per quanto posso parlo da solo ripetendo alcune cose che avevo inserito nel blog nel novembre del 2012.

 La legge elettorale è la legge più importante per l’impalcatura dello Stato, e deve essere capace di garantire: la rappresentatività delle maggioranze e delle minoranze, la governabilità, e l’alternanza. E’ una alchimia difficile ma tecnicamente possibile.
Il Parlamento in una democrazia deve essere inclusivo di tutto il dibattito delle idee e non esclusivo; se la legge elettorale porta ad escludere (con meccanismi tipo la soglia del 4 o 5 per cento) si viene a creare un dibattito extraparlamentare che lo Stato non riesce a recepire con le sue istituzioni, un pericoloso impoverimento per la stessa democrazia che può arrivare a ribaltare la democrazia stessa. Tutte le minoranze è necessario che possano esprimersi con una rappresentanza, ma la loro rappresentanza non deve impedire la necessaria governabilità.  Per affrontare questo problema si può fare ricorso al duplice aspetto della rappresentatività: l’aspetto territoriale e l’aspetto complessivo nazionale, in modo che siano eletti uomini portatori di un legame con un territorio specifico  e uomini che sono portatori di un legame con movimenti di idee che si esprimono complessivamente nel paese.
 Questo duplice criterio della rappresentatività è necessario perché basta pensare che attualmente,  prevalendo il criterio territoriale,  con un quantitativo di appena 50 mila voti si può diventare deputato mentre un movimento che raccoglie più di 500 mila voti su base nazionale rimane escluso.
 Per evitare l’eccessiva frantumazione in gruppi e movimenti si può fare ricorso per l’elezione di 2 terzi del Parlamento alla rappresentatività territoriale con il criterio uninominale con ballottaggio in ogni singolo collegio elettorale;  e l’elezione di  1 terzo del Parlamento per la rappresentatività nazionale con criterio proporzionale.  
 Con questo duplice ed onesto meccanismo si verrebbe ad assicurare  la governabilità perché la maggioranza sarebbe alimentata dai voti espressi territorialmente ed anche da quelli proporzionali e nel contempo si garantirebbe la presenza in Parlamento di tutte le espressione di idee e movimenti.
 La cosiddetta preferenza si esprimerebbe in modo inequivocabile con la preferenza unica nel collegio uninominale e con la conferma nel ballottaggio;  e sulle liste nazionali si può garantire la doppia preferenza all’interno della lista votata per evitare la concentrazione di voti solo su pochi leader.
 Se poi, con la dovuta calma,  si passasse anche ad una riforma costituzionale per stabilire UNA SOLA CAMERA di soli 300 deputati potremmo dire bene, molto bene. Se i 300 non trovassero l’accordo per governare, subito a casa (senza prebende e pensioni) e nuove elezioni;  tanto, pagando solo trecento e a un prezzo inferiore, veniamo ad avere i soldi per convocare tutte le elezioni necessarie. Troppo semplice!?

18/01/04 francesco zaffuto

mercoledì 15 gennaio 2014

viaggio nell'Italia avvelenata

Ci sono dei post che è opportuno ripetere in rete perché rivestono una particolare importanza e questo è uno di essi. L’ho trovato oggi sul blog del Cavaliere oscuro del web, si tratta di un articolo del 29 novembre 2013 del sito Unimondo.org di cui permane l’attualità e il peso ….
Entro vent’anni gli abitanti di numerosi comuni del Casertano “rischiano di morire tutti di cancro” a causa dei rifiuti pericolosi interrati nel territorio. Continuano a far tremare le parole del pentito Carmine Schiavone, pronunciate in un’audizione alla Commissione ecomafie del 1997 e rese pubbliche solo poche settimane fa da parte della Camera. Un segreto che, in realtà, tanto segreto non era: lo conoscevano le organizzazioni criminali che su quei veleni hanno fatto miliardi, così come gli industriali conniventi e, naturalmente, le istituzioni; ne erano più o meno consapevoli le persone del luogo che continuano ad ammalarsi e morire, lo conoscevano e lo conoscono i gruppi spontanei dei cittadini che, stanchi di subire in silenzio, hanno finalmente alzato la testa e il 16 novembre, come un “fiume in piena” (questo il nome del movimentoorganizzatore) hanno sfilato in 100mila per le strade di Napoli per stilare un programma di proposte e azioni concrete e dire finalmente, una volta per tutte, “no al biocidio” nella cosiddetta “Terra dei Fuochi”.
Ma cosa significa biocidio? Lo spiegano bene i due autori del coinvolgente libro-inchiesta “Il paese dei veleni (Biocidio, viaggio nell’Italia contaminata)”, Andreina Baccaro e Antonio Musella, che con il termine intendono il danneggiamento del Dna dei cittadini che vivono a ridosso dei mega-impianti produttivi e delle zone più inquinate d’Italia a causa dello smaltimento abusivo di rifiuti speciali. “Una mutazione genetica – scrivono – che ha causato la drastica riduzione, per gli italiani, delle aspettative di vita in salute, cioè gli anni che ci si può aspettare di vivere prima di essere colpiti da patologie cronico-degenerative”. Insomma, se pure il tenore di vita si è alzato e si vive di più, ci si ammala prima a causa delle condizioni ambientali. È il cosiddetto “virus del benessere”, radicato in tutte quelle terre avvelenate da incuria, sfruttamento indiscriminato, abuso e malaffare, che non si limitano al solo territorio campano ma che riguardano tutto il nostro paese: da Napoli a porto Marghera, da Taranto a Brescia, passando per il Lazio e la Sardegna con i suoi poligoni militari e raffinerie petrolchimiche.
“Sarebbe ora di smetterla di parlare di miracolo economico italiano e iniziare a parlare di disastro” affermano Baccaro e Musella, secondo cui il sistema economico italiano dal dopoguerra ad oggi si è fondato su un’industrializzazione malata, basata sull’azzeramento totale di qualsiasi vincolo ambientale e del rispetto della salute dei cittadini. A questo si aggiungono gli sversamenti abusivi nell’ambiente di rifiuti e fanghi di ogni tipo, il lato oscuro di questo miracolo italiano “che dietro la facciata del benessere e del lavoro per tutti, ha nascosto una realtà fatta di scorie e rifiuti tossici, di diossine e benzoapirene, piombo e arsenico”. Il tutto è frutto di un sistema ben collaudato, che vede l’intreccio indissolubile della criminalità organizzata con la politica, insieme all’omertà di una popolazione sotto il giogo del ricatto occupazionale e che può solo scegliere di quale morte morire.
Secondo i dati Ispra citati nell’inchiesta, in Italia i siti potenzialmente contaminati sono circa 15mila. Fra questi, oltre 3.400 sono stati dichiarati già contaminati. Se aggiungiamo gli oltre 1.500 siti minerari abbandonati censiti e le aree dei Siti d’Interesse Nazionale (Sin) si avrà in totale circa il 3% dell’intero territorio italiano e oltre 330mila ettari di aree a mare. Proprio i Sin sono le aree più gravemente inquinate e per le quali lo Stato italiano ritiene indispensabile la bonifica. In teoria.  Perché dal 1997, anno in cui sono stati istituiti, di siti ne sono stati bonificati soltanto due su 57 (Bolzano e Fidenza). Eppure, dalle casse dello Stato sono partiti milioni su milioni di euro, tutti finiti in studi e consulenze che non hanno portato a nulla.
Continua la lettura su Unimondo

Fonte: Unimondo.org 

Autore: Anna Toro
This opera is licensed under a Creative Commons Attribuzione - Non commerciale 2.5 Italia License.


Articolo tratto interamente da Unimondo.org 

martedì 14 gennaio 2014

Parlamento legittimo e contraddittorio

Oggi sicuramente tutti i giornali parlano della sentenza della Corte costituzionale con le relative interpretazioni politiche.
Si riporta qui un link per chi vuole prendere visione del testo nella sua completezza
 Tutti gli osservatori fanno rilevare che la Corte costituzionale ha detto che il Parlamento non è stato delegittimato. Vediamo cosa ha detto la Corte.
…  È pertanto fuori di ogni ragionevole dubbio – è appena il caso di ribadirlo – che nessuna incidenza è in grado di spiegare la presente decisione neppure con riferimento agli atti che le Camere adotteranno prima di nuove consultazioni elettorali: le Camere sono organi costituzionalmente necessari ed indefettibili e non possono in alcun momento cessare di esistere o perdere la capacità di deliberare. Tanto ciò è vero che, proprio al fine di assicurare la continuità dello Stato, è la stessa Costituzione a prevedere, ad esempio, a seguito delle elezioni, la prorogatio dei poteri delle Camere precedenti «finchè non siano
riunite le nuove Camere» (art. 61 Cost.), come anche a prescrivere che le Camere, «anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni» per la conversione in legge di decreti-legge adottati dal Governo (art. 77, secondo comma, Cost.)
Per la Corte  il Parlamento è legittimo sul piano legale e istituzionale ed è l’organo che assicura la continuità dello Stato. La Corte non poteva di certo invalidare lo Stato, deve essere lo stesso Parlamento a fare le valutazioni politiche su se stesso e solo il Capo dello Stato, sulla base della stessa Costituzione,  è l’organo che può sciogliere il Parlamento prima della sua scadenza. Non c'è, e non poteva esserci, una delegittimazione formale ma restano tutte le contraddizioni.
 Resta il fatto che il Parlamento è stato eletto con una legge in contrasto con la Costituzione (e non era la prima volta), legge che non potrà essere più applicata in futuro ma che ha determinato il peso delle componenti politiche dell’attuale Parlamento. Resta una grave contraddizione che un Parlamento eletto con una legge incostituzionale possa mettere mano a riforme della stessa Costituzione. Una qualche riforma istituzionale, varata con maggioranze risicate, sarebbe vissuta come un atto di prepotenza. 
 Anche per la legge elettorale è auspicabile un ampio consenso, altrimenti è meglio andare a votare con quanto si è determinato a seguito della sentenza della Corte.
14/01/14 francesco zaffuto
Post precedente su questo blog sullo stesso argomento
http://www.lacrisi2009.com/2013/12/pocellum-abusivo.html

Immagine –  una seduta della Corte

sabato 11 gennaio 2014

Il cognome della madre seconda puntata


Dopo la decisione della Corte di Strasburgo ora i pensatori del Governo sono entrati in azione. Le possibilità che vengono ipotizzate sono: “i figli nati sia dentro sia fuori dal matrimonio avranno il cognome del padre oppure, in caso di accordo tra i genitori che deve risultare nella dichiarazione di nascita, quello della madre o di entrambi.


 Cosa potrà accadere con questa nuova formulazione: la maggior parte delle famiglie continuerà per costumanza nell’usuale nome del padre, tranne un po’ di casi sporadici dove per ragioni di principio posti da una donna o per la forza dei cognomi in campo verrà fuori l’ipotesi di scegliere.
 In questo blog, leggendo il  post precedente commenti compresi,  si facevano notare le difficoltà che potevano sorgere inserendo la scelta per accordo: acredine tra la coppia, acredine tra i familiari delle coppie, prevalenza del cognomi forti per censo e fama.
 Ma diciamola pure tutta: nel caso che l’accordo non ci sia cosa dovrebbe accadere? Ne deriva che in mancanza d’accordo debba prevalere qualcosa, e se prevale l’attuale norma, diciamo pure che il ruolo della donna sarebbe solo subordinato a un placet paternalistico.
 Sulla scelta del cognome della madre per “accordo”  nei fatti non si creerà un pari rapporto tra l’uomo e la donna ma solo una ridotta percentuale dove si opererà  per censo e per fama e con l’aggiunta dell’acredine.
 Nei commenti del post precedente Sonia ipotizzava di dare agli stessi figli la possibilità di optare, una volta maggiorenni, per uno dei due cognomi; ma se i figli hanno una pari considerazione per entrambi i genitori e per i vari nonni la scelta diventerebbe sgradevole per i figli stessi. Sari, ipotizzava una scelta da fare al momento del matrimonio; sicuramente è il momento più congeniale per le scelte, ma le scelte sono sempre motivo di discordia e un bel po’ di coppie entrerebbero in crisi prima del “sì”.
 Quando si vuole evitare che la scelta tra due entità eguali produca effetti disuguali occorre o il sorteggio o un automatismo codificato che permetta una reale eguaglianza. Una soluzione potrebbe essere quella del sorteggio del cognome da parte di un ufficiale dello stato civile. Una soluzione, ancora più semplice,  è quella che i figli maschi portino il cognome della madre e le figlie femmine quello del padre, e si realizzerebbe una vera uguaglianza di genere su questo argomento in modo automatico e senza acredine.
 Ma non ci sono problemi,  i nostri politici faranno un dispositivo soft che va bene alla maggioranza, anche se porterà un leggero malessere a qualche minoranza;  accorderanno alla donna una finta parità come la Corte europea ha accordato alla donna una finta parità.
11/01/14 maria luisa ferrantelli e francesco zaffuto (in ordine rigorosamente alfabetico)

Immagine – antica foto di Toro Seduto


venerdì 10 gennaio 2014

LA GUERRA DEI CASSONETTI

In Italia ci sono comuni virtuosi che hanno avviato la raccolta differenziata dei rifiuti;  ed esistono anche cittadini, residenti di comuni virtuosi,  che la propria immondizia indifferenziata la trasferiscono nei cassonetti di altri comuni vicini.
Ed ecco  che può accadere LA GUERRA DEI CASSONETTI .
In un comune del bresciano, Nuvolera accade che:

«Abbiamo affidato a un’agenzia investigativa il compito di sorvegliare i cassonetti più “caldi” e di effettuare accertamenti videofotografici – riferisce il sindaco Luciana Sgotti-. Sulla base dei referti, il comando della Polizia locale ha redatto i verbali. In questi giorni, sono state notificate a cittadini non residenti, per conferimento abusivo di rifiuti, ben trenta contravvenzioni. Si tratta, lo ricordo, di sanzioni pesanti: cinquecento euro. I controlli proseguiranno nelle prossime settimane – promette il primo cittadino – e saranno estesi alle zone più periferiche del territorio comunale».

Continuate per la notizia del 2014 su

Non è una novità perché atti di questa guerra li possiamo trovare anche nel 2013

Potrebbe essere il caso di cominciare ad obbligare ad essere virtuosi tutti i Comuni d’Italia e tutti i cittadini italiani.
10/01/14 francesco zaffuto


Immagini – cassonetti di spazzatura 

mercoledì 8 gennaio 2014

Il cognome della madre e l’Europa

Gli indiani sapevano bene che il nome era qualcosa di connaturato alla persona e lo definiva nelle sue caratteristiche e nella sua personalità. Se osserviamo ancora oggi  la foto di Toro Seduto ne percepiamo la forza e la stabilità.
 La Corte di Strasburgo ha condannato l'Italia per aver violato i diritti di una coppia di coniugi, avendo negato loro la possibilità di attribuire alla figlia il cognome della madre invece di quello del padre. Nella sentenza, che diverrà definitiva tra tre mesi, i giudici indicano che l'Italia «deve adottare riforme legislative o di altra natura per rimediare alla violazione riscontrata.
 La Corte ha considerato l’uso anagrafico italiano come discriminatorio nei confronti della donna. L’Italia in pratica si dovrà adeguare modificando le sue regole anagrafiche.
  Certo non si può fare come facevano i nobili spagnoli che ereditavano tutti i cognomi e potevano essere chiamati con una specie di elenco declamatorio; in qualche modo un qualche cognome deve soccombere. Ma quale sarà il cognome destinato a soccombere?  E’ molto facile prevedere che potendo scegliere tra il cognome del padre e quello della madre il cognome soccombente sarà quello del genitore che avrà meno prestigio sociale. Se il padre “Tizio” è rettore dell’Università i figli continueranno a portare il cognome “Tizio”; se la madre “Caio” è dirigente di azienda e il marito un semplice impiegato è molto probabile che il cognome dei figli sarà “Caio”. C’è solo da sperare che la coppia possa arrivare alla scelta senza acredine e di comune accordo. Ma non è difficile ipotizzare che possa rimanere un po’ di acredine.
 Direi che la Corte di Strasburgo, pur giustamente ribadendo la parità di diritto uomo-donna,  tutto sommato non fa un buon servizio alla coppia quando parla di libertà di scelta;  potrebbe essere meglio una regola anagrafica paritaria tra l’uomo e la donna del tipo:
estrazione a sorte dell’ufficiale dello Stato civile per il primo nato e poi a seguire i cognomi in alternanza;
oppure perdita di parte dei vecchi cognomi con la costruzione di un nuovo cognome inedito frutto della composizione accorciata dei due. Idee stravaganti!? Ma meglio di una acredine celata.

 La cosa migliore sarebbe la scelta di un nome e un cognome fantastico da prendere alla maggiore età come l’esempio di Toro Seduto, ma quella civiltà è stata distrutta da un generale che di cognome faceva Custer.
08/01/14 francesco zaffuto

 Immagine – vecchia foto di Toro Seduto

lunedì 6 gennaio 2014

Abbiamo un record, 17,6 % di abbandoni scolastici

 Nel 2011/12 si sono persi altri 7.800 allievi, ogni anno abbandonano gli studi oltre 700 mila ragazzi italiani. lo dice  l’Annuario Statistico dell’Istat pubblicato due settimane fa. Si tratta di una tendenza negativa che si registra da quattro anni.  L’Italia è tra le peggiori cinque nazioni d’Europa per abbandoni scolastici: lasciano i banchi il 17,6% di alunni contro la media Ue del 12,7%.
 Non c’è da meravigliarsi per tale fenomeno, non c’è alcun premio sociale per chi ha studiato e si acquisisce lo stesso stato di disoccupati dopo il diploma e dopo la laurea, con l’unica differenza che non vieni considerato più giovane per i dati statistici.
Qui un servizio de l’Espresso sull’argomento.
Il mito di far soldi tra i giovani è molto diffuso nel nostro paese mentre non si riesce a trovare una soluzione per costruirsi una vita autonoma e un minimo dignitosa;  non dà una risposta la scuola e non dà una risposta il lavoro; il rischio diventa il gioco d’azzardo (promosso dallo stesso Stato) e la malavita (promossa da altre componenti sociali che diventano sempre più forti). Così si apre il 2014, l’anno che ci dovrebbe portare fuori dalla crisi.
06/01/2014 francesco zaffuto

Immagine dal film “il maestro di Vigevano” la vecchia foto di classe con il maestro A. Sordi