venerdì 31 gennaio 2014

LA BANCA DEGLI ALTRI


Chi è disposto a gustare un piatto di fagioli messicani con la crema chantilly?

La Banca d'Italia venne istituita con la legge n. 449 del 10 agosto 1893.  Nacque un istituto considerato pubblico nella sua natura e strutturato come una società per azioni privata. Attraverso questo istituto lo Stato italiano (ispirandosi ad un orientamento comune in diversi stati capitalisti) intendeva controllare in forma delegata l’economia creditizia e monetaria senza esercitare un peso esclusivo.
 Il capitale sociale della Banca d’Italia fu diviso in quote, le quote sono appartenute a maggiori banche del paese, istituti assicurativi privati e pubblici; con alcuni vincoli sul diritto di voto per evitare il peso preponderante di un singolo istituto.
 L’ammontare del capitale sociale fu di 300 milioni di lire, interamente versato al 1936;  allora era una discreta cifra ma oggi equivale 156.000 euro.
 Questo capitale sociale  non è stato mai rivalutato perché la partecipazione azionaria alla proprietà della Baca d’Italia è stata considerata sempre qualcosa di simbolico e di prestigioso per gli istituti creditizi che vi partecipavano. Questo prestigio è derivato dalle competenze che lo Stato italiano ha dato nel tempo alla Banca d’Italia: nel 1926 diventò l’unico istituto bancario autorizzato ad emettere moneta a corso forzoso e, negli anni successivi, gli furono concesse prerogative di controllo su tutto il sistema bancario.
 A fronte di un capitale sociale rimasto fermo la Banca d’Italia ha continuato ad incrementare nel tempo le sue riserve; ma le riserve essendo non disponibili si potevano considerare come una sorta di teorico tesoro pubblico.
 Con l’aumento del Capitale sociale, deciso con decreto dal Governo in carica, ed approvato nella convulsa seduta parlamentare di due giorni fa:  il capitale passa da 300 milioni di lire a 7,5 miliardi di euro, le riserve vengono di fatto rese disponibili e determinano l’entità della nuova quota sociale dei vecchi proprietari. Le banche proprietarie delle vecchie quote, se venderanno una parte delle quote ad altri istituti di credito verranno ad un tratto ad incassare alcuni miliardi per effetto della rivalutazione della loro quota.
 L'elenco dei principali proprietari partecipanti della Banca d’Italia, indicati sul sito, è il seguente:
Partecipante
Quote
Voti
Intesa Sanpaolo S.p.A.
30,3%
50
UniCredito Italiano S.p.A.
22,1%
50
Assicurazioni Generali S.p.A.
6,3%
42
Cassa di Risparmio in Bologna S.p.A.
6,2%
41
INPS
5,0%
34
Banca Carige S.p.A.
4,0%
27
Banca Nazionale del Lavoro S.p.A.
2,8%
21
Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A.
2,5%
19
Cassa di Risparmio di Biella e Vercelli S.p.A.
2,1%
16
Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza S.p.A.  
2,0%
16

Facendo un esempio,  Unicredit che fino a pochi giorni fa aveva il 22,1% di 156.000 euro (cifra con cui non poteva comprare neanche un garage), oggi si trova ad avere il 22,1% di 7,5 miliardi di euro. Non è certo una differenza di poco conto.
 Se si considera,  inoltre,  che in base alle nuove norme non potrà detenere più del 5% del capitale sociale, si troverà addirittura costretta a vendere la parte di quota eccedente ottenendo un beneficio perfettamente legale ed immediato del 17,1% di 7,5 miliardi.
 In base ai nuovi dispositivi le quote potranno essere acquistate da banche e imprese assicurative con sede in Ue. Quindi i nuovi soggetti proprietari di Banca d’Italia possono essere soggetti finanziari anche non italiani (con sede UE), ma ogni soggetto non potrà possedere oltre il 5%.
 I telegiornali italiani ci hanno mostrato un’aula parlamentare con deputati grillini presi dall’isteria dell’ostruzionismo,  volevano impedire il voto di questa legge, volevano impedire alla maggioranza di esprimersi, gesto sicuramente antidemocratico. In fin dei conti se una democrazia vuole favorire con qualche miliardo le banche può farlo nel pieno della sua legittimità, ma almeno con una chiara e specifica discussione e voto specifico sull'argomento.
Vale la pena di osservare che il decreto si chiamava IMU-Banca d’Italia; in una democrazia, almeno rispettosa del buon senso,  si doveva scindere la discussione sull’IMU da quella sulla Banca d’Italia.  Nel decreto del Governo Letta,  sono stati messi insieme i dispositivi per l’eliminazione dell’imposta sulla prima casa con i dispositivi per la Banca d’Italia, è come se si fosse preparato un pasto a base di fagioli messicani con la crema chantilly, forse dietro questo cattivo gusto si può celare qualche sospetto.
31/01/14 francesco zaffuto


Immagine – un piatto di fagioli messicani, che mi auguro senza crema chantilly

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