mercoledì 27 maggio 2009

Il Re Sole merita un nobel

27/05/09
Il Re Sole passa qualche sabato nella sua villa in Sardegna, con un teatro privato, con un attracco per le grandi barche, con cantanti, con uomini illustri, con leccapiedi vari, con il nutrito stuolo di guardie del corpo. Possiamo meravigliarci se ama anche contornarsi di vezzose ragazze che con il loro sorriso illuminano la sua vecchiaia? Ragazze disposte a sorridere a lui e ai suoi amici in cambio di una speranza di collocazione nel mondo della TV o dello spettacolo. No, non possiamo meravigliarci di questo comportamento del Re Sole.Il problema è: che il nostro Re Sole è un Re elettivo.Tra pochi giorni i sudditi potranno dire quanto amano il Re Sole, quanto si identificano con lui.Se i sudditi lo voteranno, nei fatti sognano di comportarsi come lui; come già fanno da quindici anni.Quell’essere discretamente capaci di vendere il proprio prodotto o il proprio valore è il sogno di tanti piccoli imprenditori e lavoratori. Quell’essere fortunati, come il nostro Re Sole, è il sogno di uomini e donne, vecchi e vecchiette, che sfregano ansiosamente il gratta e vinci.I comunisti potrebbero appropriarsi delle mie cose, della mia fortuna. Ma, se le cose non ce l’hai, se la fortuna non ce l’hai, e se i comunisti non ci sono.
Non la pensa nello stesso modo di tanti italiani la moglie Veronica.
A prescindere, da ogni commento sulle vicende familiari di Berlusconi, una riflessione complessiva della moglie Veronica Lario è da considerare come qualcosa che riguarda tutti noi italiani e il nostro futuro (viene riportata dal Corriere): «Bisogna spec­chiarci in questo Paese, vederlo per quello che è in realtà. Un Paese nel qua­le le madri offrono le figlie minorenni in cambio di un'illusoria notorietà. Un Paese in cui nessuno vuole più fare sa­crifici perché tanto la fama, i soldi, la fortuna arrivano con la tv, col Grande Fratello. Che futuro si prepara per un Paese così?»
http://www.corriere.it/politica/09_maggio_04/veronica_limiti_maria_latella_fb8da8c6-386c-11de-a257-00144f02aabc.shtml
MA I PIU' VICINI FANS DEL RE SOLE il 26/05/09 iniziano addirittura la raccolta di firme per il premio nobel, naturalmente per la pace.

ecco la campagna:


"Oggi crediamo che, anche, l’Italia meriti di ricevere tale riconoscimento, e di essere degnamente rappresentata da Silvio Berlusconi, per il suo indiscusso impegno umanitario in campo nazionale ed internazionale.Il 26 maggio, alle ore 10:30, presso Piazza Colonna in Roma il Comitato della Libertà che sostiene la candidatura di Silvio Berlusconi darà avvio alla raccolta delle adesioni.La raccolta delle adesioni alla candidatura italiana si concluderà il 16 gennaio del 2010 in Amalfi."

Un sito appositamente costruito

http://www.silvioperilnobel.it/

Una delle grandi motivazioni....dal sito

Nel 1992, scoppia il caso giudiziario di Tangentopoli ed un’intera classe politica viene azzerata.
Poichè il Paese rischiava di finire nelle mani delle Sinistre, che prospettavano un futuro illiberale e di povertà, il 26 gennaio 1994, Silvio Berlusconi annuncia la sua decisione di voler abbandonare la sua attività imprenditoriale, per dedicarsi interamente alla politica e per contrastare la possibile dittatura silenziosa della gioiosa macchina da guerra, messa in campo da Achille Occhetto, segretario del Partito Democratico Comunista Italiano.

La campagna promozionale su Panorama (giornale dello stesso proprietario...)

http://blog.panorama.it/italia/2009/05/14/il-nobel-per-la-pace-2010-a-berlusconi-un-comitato-si-e-gia-attivato/#condividi

il forum

http://forum.panorama.it/viewtopic.php?id=21657

Certo un premio può anche meritarlo, ma bisogna inventare una sezione molto particolare.

francesco zaffuto
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(immagine “venerazione” matita © francesco zaffuto link Altre allegorie)

sabato 23 maggio 2009

Mauro Rostagno è stato ucciso dalla mafia


23/05/09

(foto Mauro Rostagno)

Una notizia pubblicata dall’ansa di oggi rende giustizia all’immagine di Mauro Rostagno
Era approdato in Sicilia per inseguire un sogno: costruire la comunità chiamata “Saman” .
Mauro Rostagno è stato una delle menti più vivaci del ’68; uno dei primi a rendersi conto che bisognava percorrere nuove strade dopo la crisi del movimento. La strada dell’inseguire il mito della rivoluzione aveva portato il movimento verso gli scenari del terrorismo; Rostagno imbrocca risolutamente la strada della non violenza e si rivolge anche ad una riflessione sul pensiero orientale. Ma non lo fa nel chiuso di una stanza, lo fa secondo il suo modo di essere, costruire una comunità presente sul sociale; sceglie la terra della Sicilia per questo suo nuovo sogno. Si scontra subito nel trapanese con gli interessi della mafia; ma Rostagno non indietreggia, diventa direttore di una emittente televisiva privata e denuncia quotidianamente le collusioni tra mafia e politica. Il 26 settembre del 1988 Mauro Rostagno viene ucciso. Tutto fa pensare a un delitto di mafia, ma invece si insinuano dei dubbi. Diversi servizi giornalistici nazionali (anche televisivi) insinuano il dubbio che il delitto potesse essere maturato all’interno della stessa comunità: interessi non precisati, gelosie o altre possibili piste di antagonismo intellettuale. Troppo forte, un uomo come Rostagno, simbolo del movimento del ’68, ucciso dalla mafia.
Oggi, a quasi ventuno anni dalla morte, un perizia balistica mette in luce la matrice mafiosa del delitto.
Ma se oggi parlo a qualcuno di Rostagno, difficilmente trovo qualcuno che sappia chi sia. I dubbi e la lentezza della giustizia avevano offuscato l’immagine forte e instancabile di Mauro Rostagno. Ci resta il dovere di ricordarlo.
francesco zaffuto

il link e l’articolo ansa del 23/05/09

http://www.ansa.it/opencms/export/site/visualizza_fdg.html_963847722.html

PALERMO - L'omicidio di Mauro Rostagno sarebbe stato deciso ed eseguito da capimafia trapanesi. L'inchiesta della polizia di Stato ha portato alla conclusione che furono i boss ad ordinare l'agguato la sera del 26 settembre 1988, uccidendo così il giornalista-sociologo, uno dei fondatori della comunità Saman. Il gip del tribunale di Palermo, Maria Pino, ha emesso due ordini di custodia cautelare su richiesta dei pm della Dda, Antonio Ingroia e Gaetano Paci. I provvedimenti riguardano Vincenzo Virga, già capo del mandamento mafioso di Trapani, attualmente detenuto a Parma, indicato come il mandante, e Vito Mazzara, accusato di essere l'esecutore materiale, detenuto a Biella. I due indagati avrebbero proceduto in concorso con il vecchio capomafia trapanese, Francesco Messina Denaro, deceduto durante la latitanza, e padre di Matteo, ricercato da 16 anni. Il provvedimento è stato emesso dal gip in seguito ai risultati delle indagini condotte della Squadra mobile di Trapani, con il supporto di nuovi accertamenti balistici del Gabinetto regionale di polizia scientifica di Palermo. L'analisi sui tre bossoli trovati sul posto dell'agguato ha accertato che erano stati sparati dalla stessa arma utilizzata all'epoca in altri delitti di mafia nel trapanese.L'ordine di uccidere Mauro Rostagno sarebbe dunque partito dai vertici della famiglia mafiosa trapanese, in particolare da Vincenzo Virga, considerato il mandante, mentre Vito Mazzara è indicato come l'autore materiale dell'omicidio. Sul delitto del sociologo-giornalista, che da un'emittente televisiva privata, di cui era direttore, denunciava le collusioni fra mafia e politica, hanno anche parlato i collaboratori di giustizia Vincenzo Sinacori e Francesco Milazzo, entrambi ex capimafia trapanesi. Con questa indagine, che riscontra molte similitudini con il modo di operare dei sicari che avevano messo a segno altri delitti all'epoca, viene scartato una volta per tutte il sospetto di una pista interna alla comunità Saman. Rostagno, coniugando cronaca e denuncia, movendo forti ed esplicite accuse nei confronti di esponenti di Cosa nostra e richiamando in termini di speciale vigore l'attenzione dell'opinione pubblica, aveva toccato diversi uomini d'onore e generato nell'ambito del contesto criminale un risentimento diffuso.

lunedì 18 maggio 2009

A venti anni da Tienanmen



18/05/09


Sono passati 20 anni.
La notte del 3 giugno 1989
l'esercito iniziò a muoversi
verso Piazza Tienanmen,
verso il massacro di una speranza di libertà.
Vi ripropongo alcune immagini ancora reperibili su youtube, del massacro del 4 giugno; tra queste immagini quelle rimaste memorabili del piccolo uomo che ferma la fila dei carri armati, piccolo uomo rimasto anonimo che è diventato il simbolo della ricerca della libertà del XX secolo che ormai ci sta alle spalle.
http://www.youtube.com/watch?v=9-nXT8lSnPQ&feature=PlayList&p=7817F56AB06C2C52&index=1&playnext=2&playnext_from=PL

http://www.youtube.com/watch?v=O4xtkpO7ZqU&feature=PlayList&p=7817F56AB06C2C52&index=0&playnext=1

http://www.youtube.com/watch?v=XJBnHMpHGRY&feature=PlayList&p=7817F56AB06C2C52&index=2&playnext=3&playnext_from=PL

Il 13 maggio 1989 duemila studenti si insediarono nella grande piazza Tienanmen: chiedevano una legittimazione, criticavano la corruzione del Partito ed il ritorno al conservatorismo da parte di Deng Xiaoping, chiedevano libertà, riforme politiche democratiche, inneggiavano a Gorbaciov leader della svolta in URSS, innalzavano una enorme statua di cartapesta alta 10 metri chiamata Dea della democrazia, erano presenti tra di loro anche comunisti libertari che cantavano l’Internazionale. La protesta continua nei giorni successivi, durante la visita di Gorbacev, il 16 ed il 17 maggio; i manifestanti sono molto di più; si cominciano ad avere notizie di espansione della protesta giovanile anche in altre città della grande Cina. Il Comitato permanente dell'Ufficio politico del PCC, impone la legge marziale. Zhao Ziyang, uno dei membri del Comitato, che si era opposto alla legge marziale, tenta con una mossa disperata il 20 maggio di convincere i manifestanti a desistere dall’occupazione della piazza, esponendosi anche personalmente (nei giorni successivi sarà arrestato). I manifestanti non si arrendono. Nei primi giorni l'esercito incontrò una forte resistenza da parte della popolazione e la situazione rimase in una pesante attesa per 12 giorni. Deng Xiaoping prese la decisione finale: in quanto Presidente della Commissione militare, fece pervenire alle truppe l'ordine di usare la forza.
Quanti sono stati i morti e i feriti? Ancora oggi nessuna verità per quella cronaca. Il governo cinese parlò inizialmente di 200 civili e 100 soldati morti, ma poi abbassò il numero di militari uccisi ad "alcune dozzine". La Croce Rossa parlò complessivamente di 2.600 morti e 30.000 feriti. Altre testimonianze parlano 3000 morti, le più alte stime fecero salire il bilancio a 12.000 morti. Nei giorni che seguirono cominciò una caccia feroce ai dissidenti, i numeri degli arresti e degli esiliati non venne mai reso pubblico, la stampa cinese fu messa a tacere.
Da un articolo del Corriere del 17 maggio 09, apprendiamo che Zhao Zhiyang ha pubblicato un libro di memorie; ma ancora oggi permangono silenzi intorno a circa trenta persone che tuttora giacciono in carcere per quei fatti.
http://bibliogarlasco.blogspot.com/2009/05/tienanmen-un-mistero-lungo-20-anni.html

Deng nell’assumersi la responsabilità dell’intervento armato dell’esercito disse che era comunque riuscito a salvare il socialismo; nei fatti ha salvato il capitalismo-comunista una sorta di minotauro moderno.
Del ricordo del massacro di Piazza Tenammen in Cina oggi pare essere rimasto ben poco; forse il ricordo cova inespresso dentro l’anima di tanti giovani cinesi che vivono nel paese del COMUNISMO- CAPIALISTA . Si, in Cina si è conciliato l’inconciliabile, comunismo e capitalismo; ma non all’insegna della libertà, bensì all’insegna della dittatura del partito unico e all’insegna di una repressione impressionante (i dati sulla pena di morte in Cina sono di circa 1700 esecuzioni l’anno).
Eppure se a venti anni di questo anniversario ne aggiungiamo altri venti, arriviamo ad un altro anniversario che ci riporta a quaranta anni fa, alla Cina nel pieno della cosiddetta rivoluzione culturale, alla Cina di Mao Tse-tung . Una Cina che era arrivata con la sua propaganda culturale fino in Europa. Nel movimento del ’68, si poteva essere più o meno filocinesi, ma in ogni caso si guardava alla Cina di Mao con molta attenzione. La cosiddetta rivoluzione culturale giungeva come una novità, una specie di speranza visibile della possibile realizzazione del comunismo. La propaganda cinese era abbastanza diffusa, i giornali patinati con grandi foto, parlavano di esperienze di Comune nelle campagne. Pareva qualcosa di diverso che allontanava dal grigiore sovietico, una specie di comunismo possibile che allontanava gli spettri dell’Ungheria e della Cecoslovacchia. Era così grande questa speranza che faceva passare sopra il criticato culto della personalità e sulle folle stereotipate ed osannanti vestite tutte allo stesso modo. Eppure c’era qualcosa che doveva pur far pensare: il partito comunista cinese criticava l’URSS di revisionismo, e propugnava la successione ideologica: Marx , Engels , Lenin, Stalin, Mao. Il baffo di Stalin era la continuità tra Lenin e Mao, ciò doveva pur far pensare che la strada autoritaria di Stalin era condivisa. Eppure il mito di un comunismo cinese realizzabile trionfava il Italia e in Europa; perfino diversi trosckysti abbracciarono l’ipotesi maoista; dal ’68 al ’71 in Europa, la crescita dei gruppi filocinesi è notevole.
Ma nel 1971 arrivò una notizia particolare dalla Cina: la scomparsa di Lin Piao in circostanze misteriose. La spiegazione ufficiale fu che Lin Piao, stava pianificando un colpo di Stato ai danni di Mao, ed, una volta scoperta la congiura, aveva tentato la fuga e l’aereo con cui fuggiva è misteriosamente caduto. La stringata verità ufficiale della fine di Lin Piao mostrava tutta la fragilità della speranza di costruzione del comunismo in Cina. Gli anni successivi ci fanno arrivare le più disparate notizie, la rivoluzione culturale viene descritta come un movimento di esagitati in grado di bruciare libri ed opere d’arte, in grado di mettere al bando la cultura occidentale compreso Beethoven. Vengono evidenziati, con notizie molto vaghe, gli eccessi della Banda dei quattro, la stella di Mao pare adombrarsi, torna in auge Zhou Enlai e dopo di lui l’astro nascente sarà Deng Xiaoping.
Di quel comunismo pare restare solo il partito come grande moloch burocratico e grande contenitore di ogni idea di destra e di sinistra, e a capo del grande partito il nuovo astro Deng Xiaoping che indica la nuova linea: "Pianificazione e forze di mercato non rappresentano l'essenziale differenza che sussiste tra socialismo e capitalismo. Economia pianificata non è la definizione di socialismo, perché c'è una pianificazione anche nel capitalismo; l'economia di mercato si attua anche nel socialismo. Pianificazione e forze di mercato sono entrambe strumenti di controllo dell'attività economica." (John Gittings, The Changing Face of China, Oxford University Press, Oxford, 2005.). Sinteticamente questa è la nuova dottrina di Deng.
Lasciare arricchire una nuova classe borghese diventa la linea condivisa del grande partito, molti burocrati cominciano ad avviarsi verso un’altra carriera, quella di privati imprenditori. Ma a questa libertà di impresa non seguono le riforme democratiche e neanche riconoscimento delle libertà civili.
Gli studenti di piazza Tienanmen chiedevano, libertà, democrazia ed alcuni di loro cantavano l’Internazionale; hanno avuto un massacro e un capitalismo autoritario.
La speranza della costruzione di una GIUSTIZIA SOCIALE (che può anche essere chiamata socialismo o anche in altri modi) deve partire dal valore della LIBERTA’. E’ questa la lezione che possiamo ricavare dalla Storia del XX secolo.
francesco zaffuto
(immagine “il tramonto dell’ideologia” © francesco zaffuto link Altre allegorie)

sabato 16 maggio 2009

Il punto sulla crisi

16/05/09


I dati della caduta del Pil nei vari paesi d’Europa sono oggi (16/05/09) riportati dagli organi di stampa.

La caduta del Pil in Italia segna un - 5,9% su base annua e la Germania non è da meno. http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Economia%20e%20Lavoro/2009/05/Pil-Italia-Eurozona-Germania.shtml?uuid=0ebd0a96-417c-11de-bcb6-e2592521560f&DocRulesView=Libero In Europa i paesi dell’est, nuovi arrivati nella comunità europea, hanno dati ancora più sconfortanti. http://www.wallstreetitalia.com/articolo.asp?art_id=729723 In Africa la crisi sta determinando 27 milioni di nuovi poveri. http://africa.blog.ilsole24ore.com/2009/05/crisi-in-africa-27-milioni-di-nuovi-poveri.html Di fronte a questi dati abbiamo: chi prevede l’uscita dalla crisi solo dal 2010 (governatore della Banca Europea....e altri) chi ha già visto qualche dato positivo di uscita dalla crisi sulla base dei dati delle autostrade e delle poste (Tremonti ....e forse pochi altri) chi considera la crisi come un fatto soprattutto psicologico (Berlusconi....e forse qualche altro...). Che il capitalismo Americano ed Europeo possa uscire dalla crisi dal 2010 (come sostiene il governatore della Banca Europea) è un’ipotesi realizzabile; ma di quanti disastri è lastricata la strada di questa crisi bisogna prenderne atto. Se non si prenderà atto di questi disastri l’uscita dalla crisi servirà solo a riproporre il precedente modello di cattiva salute, con possibili ricadute in futuro ancora più gravi. Questa crisi mondiale ha caratteristiche particolari: - una grande massa di capitale finanziario non investito nella produzione che ha scelto la strada della pura speculazione finanziaria ; - un eccesso di produzione di beni non assorbibili dalla domanda (chi ha mezzi è già saturo di beni e comincia a stancarsi di essere un consumatore); - una domanda di beni drogata dai prestiti al consumo (chi non ha mezzi chiede beni che non può pagare ed è disposto a impegnarsi con mutui di lungo periodo per il bene casa); - aumento di rapporti di lavoro non stabili (che frenano la domanda di più famiglie); - una carente mutualità degli Stati (che porta a incertezze su pensioni, salute, scuola, destinando a risparmio forzato buona parte dei redditi); - una povertà diffusa a livello planetario con flussi migratori di vasta portata. Questa crisi accade anche in un periodo storico particolare: - avviene dopo la crisi delle economie chiamate comuniste (URSS che crolla alla fine degli anni ottanta e Cina che sceglie la strada di uno sviluppo capitalistico autoritario); - avviene dopo venti e più anni di liberismo reganiano che ha imperato in America e che stava travolgendo anche tutta l’Europa (se l’Europa ha oggi una crisi meno grave di quella americana lo deve all’avere ancora conservato alcuni istituti di mutualità di Stato); - avviene in un contesto di crisi culturale dell’occidente e di una espansione di idee fondamentaliste; - avviene in un contesto di guerre diffuse nel pianeta e di corsa verso gli armamenti di nuovi stati; - avviene in un contesto di perdita di credibilità di un istituto importante come l’ONU, messo in crisi spesso da decisioni autonome dei paesi più importanti. Per le motivazioni che si è tentato di elencare si può arrivare alla conclusione che la crisi assume particolari caratteristiche di gravità. Se si ha consapevolezza di tale gravità si possono trovare una serie di rimedi, altrimenti ci sarà solo una illusione di guarigione. Proviamo a fare un elenco di possibili rimedi. La precedente crisi del sistema sovietico e l’attuale crisi del liberismo reganiano ci possono portare alla considerazione che: il potere statale non può soffocare l’economia con i suoi interventi e nel contempo deve intervenire nell’economia per riequilibrare le distorsioni e per creare la necessaria mutualità che stabilizza la domanda. Alla grande massa di capitale finanziario non investito vanno tranciati i paradisi fiscali e le possibilità di pura speculazione finanziaria; in modo che il capitale finanziario possa essere indirizzato o a investimenti produttivi o a prestiti agli stessi stati ad interessi quasi zero. Oltre ai paradisi fiscali vanno combattute tutte le forme di investimento illegali, il traffico internazionale di droga e tutte le forme di lavoro in nero. Gli stati debbono indirizzare la produzione verso nuove tipologie di beni non inquinanti, a basso impatto ambientale e interamente riciclabili nella produzione di nuovi beni. Solo così si potrà evitare che l’espansione della nuova produzione mondiale, che si metterà in moto con l’uscita dalla crisi, non venga a creare una crisi del pianeta sul piano delle energie e delle possibilità di vita. La domanda dei beni deve essere sostenuta da salari reali e il ricorso al prestito per il consumo deve essere ridotto al massimo; le politiche degli stati debbono tenere presente che il fattore casa incide sulle famiglie e sul territorio e di conseguenza e rilevante per lo stesso assetto dello Stato. I rapporti di lavoro debbono essere prevalentemente stabili, e tutte le necessarie forme di flessibilità nel lavoro debbono essere assistite da un welfare sufficiente per la sopravvivenza nei periodi di disoccupazione. La mutualità degli stati in materia di pensioni, salute, scuola, creano sicurezza e stabilizzazione nella domanda interna dei beni; di conseguenza gli stati debbono considerare l’intervento in tali settori come aspetto essenziale dell’organizzazione della società. La povertà diffusa a livello planetario crea malessere nei poveri dei paesi sottosviluppati e crea malessere anche nei paesi ad economia avanzata; i flussi migratori rischiano di essere superiori alle capacità di accoglienza. Dallo sviluppo dei paesi poveri si può avere un beneficio economico collettivo di tutto il pianeta. L’Europa deve avere a cuore lo sviluppo dell’Africa. Di questo sviluppo ne possono godere i poveri dell’Africa e l’Europa stessa; sviluppo e non carità, di conseguenza formazione tecnica e capacità autonoma di produzione. Va ridata credibilità all’ONU e i paesi più importanti debbono impegnarsi in questa direzione. Non sono i G8 e i G20 il futuro del mondo, ma l’intera comunità degli Stati dal più povero al più ricco. Gli investimenti nel settore degli armamenti debbono diventare investimenti in tutela delle acque e in alimenti. E allora non uscita provvisoria dalla crisi; ma un’uscita reale dalla crisi epocale dell’uomo che ci ha dilaniato in guerre e ingiustizie; uscire dalla crisi diventando migliori di quello che siamo. francesco zaffuto (immagine – “Cassandra” olio su tela © francesco zaffuto )

domenica 10 maggio 2009

Notizie dal triangolo della morte Priolo-Augusta-Melilli

10/05/09
Dal blog di Beppe Grillo riprendo questa lettera allarmante di un cittadino di Priolo.
DEVONO CHIUDERE!
Ormai gli incidenti nel triangolo della morte Priolo-Augusta-Melilli si susseguono a ritmo continuo.
Il 5 maggio nube tossica su Priolo
8 maggio panico nella notte ad Augusta Priolo e Melilli per assordanti rumori provenienti dalla Isab Erg Nord.
Nessun notizia è apparsa su nessun giornale, chi sa qualcosa siamo solo noi che c'eravamo.
E' una situazione indecente e criminale.
Ci stanno uccidendo ad uno ad uno.
Nella mia famiglia, due morti per cancro: mia zia, negli anni ottanta, mio padre quest'ultimo novembre.
Ho saputo di giovani coetanei, ex compagni di classe o di giochi ammalati o morti di tumore ad appena 25 anni.E' un continuo in una percentuale che supera di molto la norma.
Ti lascio 2 link - you tube ... il primo è l'unica documentazione fredda e terribile di cosa abbiamo rischiato la scorsa notte:

Il secondo è il filmato ancora più agghiacciante di una nube tossica che attraversa la città di Priolo nella completa indifferenza del sindaco, delle autorità e di tutti i cittadini sottostanti, presenti alla festa del santo patrono.

Bisogna cambiare. Lamentarsi e chiedere che controllino e riducano le emissioni dall'inizio ad oggi ha dato solo loro la possibilità di prenderci per il culo
Saprai che la zona industriale Priolo-Augusta-Melilli-Siracusa insiste su una faglia altamente sismica ma stranamente solo la nostra zona è stata classificata come zona a rischio sismico 2 cioè pericolosa, ma non troppo per non poter ammettere la presenza delle raffinerie.
E allora? DOBBIAMO FARLI CHIUDERE! Aiutaci a bombardarli di merda questi accattoni assassini.
Meglio morire di fame, che morire di tumore!Ti chiedo una memoria continua, una presenza assidua sul tuo blog della nostra gravissima situazione che è una tra le più gravi ed scandalose di questo paese per indifferenza, omissioni, ignoranza e rassegnazione. ORA BASTA!
(Inserito da Antonio Ortisi nel blog di Grillo il 10/05/09)
(immagine – “teschio 1 a” tecnica mista © liborio mastrosimone http://libomast1949.blogspot.com/ )

sabato 9 maggio 2009

Maroni - La Russa e frutti del rapporto Italia – Libia

09/05/09

Con la visita di Gheddafi 10/11 giugno si consolidano ancora di più i rapporti Italia - Libia. Se si può essere soddisfatti di una stabilizzazione che chiude con il passato coloniale, non si può essere soddisfatti per la nuova alleanza contro i disperati dell'Africa. Il Governo italiano, l'Europa tutta e la stessa Libia debbono porsi il problema di come aiutare l'Africa . Dalla crisi mondiale si deve uscire con un programma di aiuti verso l'Africa, non aiuti legati al prolungamento di una lenta agonia, ma aiuti per l'autonomia dei popoli dell'Africa.

Una attenta analisi di Amnesty sulla Libia

http://www.amnesty.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/2274

Segue il post precedente

(1 aggiornamento del 15/05/09 in fondo)
(2 aggiornamento del 16/05/09 - il Ministro La Russa dichiarazioni gravi sull'Alto commissariato dell'ONU - in fondo)
(3 aggiornamento del 16/05/09 - le proposte del Ministro Frattini alla UE)



L’Italia con il suo presidente Berlusconi è andata in Libia ed ha fatto ammenda per le colpe di Mussolini, ed ha pagato con una nuova mega autostrada che sarà realizzata con fondi Italiani. In cambio la Libia ha accettato di tenere a bada quella massa di disperati che da diverse zone dell’Africa si spostano nella speranza di mettere piede in Europa.



La cosiddetta azione di “respingimento” vantata da Maroni si realizza grazie agli accordi Italia-Libia.
Il lavoro impietoso nei confronti dei disperati dell’Africa lo faranno gli altri: “quello che poi succede negli altri Paesi non può essere una preoccupazione del governo italiano»; queste le parole del ministro Maroni, per lui l’Africa è lontana.
Dimentica il Maroni che una parte del disastro in Africa è stato costruito da noi e non in un tempo lontano; sono state le fabbriche di armi del Nord Italia e dell’Europa che hanno trovato un mercato per la vendita dei loro micidiali prodotti.



Quante di quelle armi, negli ultimi venti anni, hanno preso la strada dell’Africa, vendute a chi era disposto a tenere il potere anche con le stragi? Molti di quegli uomini neri, che tanto sconvolgono il sonno di Maroni, fuggono da zone di guerra, sono perseguitati da dittatori locali e da bande di assassini, cercano in Europa la possibilità di salvare la propria vita e quella dei propri figli.
Certo l’Italia non può assorbire un’ondata migratoria di vaste proporzioni, ma l’Italia e l’Europa tutta devono affrontare il problema di questa ondata migratoria e devono affrontare il problema Africa.
L’Africa che sta a due passi da noi va pacificata e aiutata nello sviluppo. Di questa pacificazione si deve fare artefice l’Europa con tutte le possibili azioni diplomatiche, impegnando la stessa ONU. La messa al bando alla vendita di armi è il primo passo necessario; l’assistenza per lo sviluppo deve avere come aspetto principale quello della formazione culturale e tecnologica di nuove generazioni di africani per costruire le competenze per l’autonomia ed l’emancipazione
Dallo sviluppo dell’Africa l’Europa può trarre un grande beneficio perché si può creare un nuovo vasto mercato; dalla miseria dell’Africa, l’Europa potrà solo avere l’arricchimento di alcune bande di speculatori e tutti gli effetti negativi di vaste ondate migratorie che potranno solo crescere con il crescere esponenziale della miseria e delle guerre locali. L’impietosa vittoria di Maroni ha il fiato corto: la Libia per qualche tempo terrà a bada i movimenti migratori dell’Africa, ma quando diventeranno un problema per la nazione libica ce li scaricherà addosso tutti in massa.
francesco zaffuto
1) Aggiornamento
sui respingimenti di Maroni, il parere dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), dell’ONU del 15 maggio 09

http://www.unhcr.it/news/dir/26/view/558/stop-ai-respingimenti-in-libia-55800.html
2) Aggiornamento
Per il ministro La Russa l’Alto commissariato dell’ONU per i rifugiati politici non conta nulla

"L'Alto Commissariato dell'Onu per i rifugiati conta come il due di picche, cioè un vero e proprio fico secco". Lo ha detto il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, nel corso di un incontro elettorale a Milano, durante il quale ha duramente attaccato la portavoce italiana, Laura Boldrini, chiedendole "se non sia più umano intercettare i clandestini vicini alle loro coste per poi riportarli indietro, oppure portarli nel nostro Paese per poi rinchiuderli nei centri di accoglienza per mesi in attesa che vengano espulsi".
"La signora Boldrini - ha aggiunto la Russa - è disumana perché pretende che dei poveri disgraziati siano chiusi mesi e mesi in condizioni pessime. Forse la sua speranza è che una volta in Italia questi clandestini possano scappare dai centri. Il governo Berlusconi, e lui in prima persona - ha proseguito la Russa prima di partire per la Libia per partecipare a un incontro tra rappresentanti di cinque Paesi europei e cinque Paesi africani - è riuscito a fare ciò che nessuna prima era riuscito a fare, cioè trovare un'intesa con la Libia".

http://www.adnkronos.com/IGN/Politica/?id=3.0.3323293364
3 Aggiornamento
Le proposte del Ministro Frattini al commissario UE 1) – riconoscimenti in mare -

“....la nave che intercetta in alto mare una barca con 100 immigrati affida le verifiche al comandante che farà il primo screening e di dire: in questa barca ci sono 6 persone che potrebbero avere i requisiti”

Mentre sulla terraferma Maroni chiede addirittura 180 giorni, il capitano in mare dovrebbe risolvere tutto in pochi minuti???????????????

Altra ipotesi Frattini, un po’ meno estemporanea è quella dei consolati italiani
«Che nei paesi di transito (la Libia) o d’origine (la Nigeria) alle ambasciate o nei consolati italiani si va a chiedere asilo politico. A Tripoli c’è il consolato italiano. Così si risolve il problema».



(immagine “coercizione” fotocomposizione © liborio mastrosimone http://libomast1949.blogspot.com/ )

venerdì 8 maggio 2009

Dove non c’è crisi: intermediazione bancaria nel commercio delle armi


08/05/09

Nel corso
del
2008
sono
state
autorizzate
1.612
"transazioni bancarie" per conto delle industrie armiere, per un valore complessivo di 4.285 milioni di euro (nel 2007 erano la metà, 882, per 1.329 milioni). Le banche hanno ottenuto compensi di intermediazione attorno al 3-5%, in base al valore e al tipo di commessa.
La ‘regina' delle "banche armate" è la Banca Nazionale del Lavoro che, insieme a Bnp Paribas (di cui fa parte), ha incassato per conto delle industrie armiere 1.461 milioni di euro, soprattutto per operazioni relative ad esportazioni di armi italiane all'estero. Stanno in buona posizione anche: Intesa-Sanpaolo, Unicredit, Deutsche Bank , Societé Generale, Banco di Brescia.
"Da quando lo scorso anno, in fase di cambiamento di governo, è sparito, senza alcuna spiegazione, dalla Relazione della Presidenza del Consiglio il lungo e dettagliato elenco delle singole operazioni effettuate dagli istituti di credito (v. Adista n. 51/08) è praticamente impossibile giudicare l'operato delle singole banche e valutare la rispondenza delle operazioni da loro effettuate alle diverse direttive che hanno emanato negli ultimi anni", spiega Giorgio Beretta, analista della Rete Italiana Disarmo ed ex coordinatore della campagna di pressione alle "Banche armate".
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http://www.adistaonline.it/?op=articolo&id=45242&PHPSESSID=8b71b562c573d1c1ae698ff9ac843fa0

Quando arrivano i barconi di disperati che scappano dalle terre martoriate dalla guerra, dobbiamo chiederci quanta di quella disperazione è frutto del commercio delle armi verso l’Africa e dei servizi di intermediazione bancaria per questi affari. (f.z.)
(immagine – “dopo la fine” acquarello © francesco zaffuto link Altre allegorie)

domenica 3 maggio 2009

Fiat-Chrysler – Spezzoni di uno strano socialismo

03/05/09
Che i lavoratori della Chrysler, insieme alle loro
organizzazioni, siano riusciti nell’immediato a salvare il loro posto di lavoro è sicuramente un risultato positivo.
L’accordo Fiat-Chrysler introduce grandi novità sul piano degli assetti societari; sembra una forma nuova di capitalsocialismo, dove lavoratori con i loro sindacati, i nuovi imprenditori con il loro management e Governo, stanno tutti insieme nella gestione di una nuova fabbrica.
Vale la pena di tentare una riflessione su questo accordo che nasce sull’onda della crisi del 2009.
Ci sarà, se tutto fila liscio, la cessione accelerata di tutti i beni di Chrysler alla nuova società; alla conclusione dell'operazione l’assetto societario della nuova società sarà il seguente.
- I lavoratori Chrysler, tramite il loro sindacato e i loro fondi pensione, parteciperanno nella nuova società con il 55% delle azioni. Dunque diventano, a loro spese, i maggiori azionisti ed accettano anche una serie di limiti su paghe e festività (ad esempio forti limiti agli straordinari (pagati solo dopo 40 ore settimanali) e la rinuncia a festività come i lunedì di Pasqua dei prossimi due anni).
- La Fiat viene a partecipare inizialmente con una quota del 20%
- La rimanente parte del 25% viene divisa tra Governo USA, Governo canadese e banche.
- L’assetto andrà cambiando e la Fiat al raggiungimento di determinati obiettivi commerciali potrà gradualmente ottenere un ulteriore 15%, fino al raggiungimento del 35%. Dopo questa operazione ai Governi americano e canadese resterebbe il 10%.
- Sempre alla Fiat viene concessa l’opzione di poter acquistare un ulteriore 16%, opzione esercitabile tra il primo gennaio 2013 e il 30 giugno 2016. Esercitando tale opzione la Fiat verrebbe ad ottenere (se ci trova dal 20013 una convenienza) il 51% della proprietà, diventando il maggiore azionista.
- Infine, immediatamente e per tutto il percorso fino al 2013, la Fiat viene ad esercitare attraverso il suo management il controllo tecnico e amministrativo della nuova società.
Questo strano spezzone di socialismo, che nasce con la crisi del 2009, si potrà concludere già nel 2013. Dunque, una specie di socialismo a scadenza che dura fino a quando durano le difficoltà; superate le difficoltà, quando ci potranno essere degli utili, il socialismo finisce: il socio di minoranza, padrone in pectore, avrà il privilegio di esercitare l'opzione ed acquistare il quantitativo di azioni necessarie per diventare socio di maggioranza. Può essere interessante sapere a che prezzo la Fiat potrà acquistare nel 2013, ma in questo momento sui giornali non si riesce ad avere una informazione più dettagliata sull'opzione.
francesco zaffuto
(immagine – “ultimo equilibrio” china © francesco zaffuto link Altre allegorie)