martedì 30 giugno 2009

Finanza creativa 150 anni di galera a Madoff


30/06/09
Condannato a 150 di galera il finanziere Madoff.
Il meccanismo della truffa era semplice: la promessa di un buon rendimento finanziario per i propri risparmi, un costante 10% di interessi che rimaneva invariato anche nei periodi di interessi molto bassi sul mercato; una promessa addirittura di stabilità che poteva invogliare grandi e piccoli detentori di capitale finanziario.
Madoff è riuscito convogliare nei suoi fondi di investimento qualcosa come 65 miliardi di dollari. E tutto funzionava perfettamente: chi percepiva i lauti e stabili guadagni poteva testimoniare che era vero, se qualcuno usciva dai suoi fondi riceveva puntualmente capitale ed interessi. Allora se era tutto vero perché abbandonare i fondi di Madoff, conveniva rimanerci e continuare ad accumulare; in questo modo i clienti continuavano ad aumentare e Madoff non aveva problemi a dimostrare quella verità pagando i pochi che uscivano dal suo programma di investimento, aveva sempre una discreta liquidità per pagare e continuare con il suo marchingegno. Si mostrava come un grande finanziere creativo, capace di investire nelle situazioni migliori, in realtà investiva ben poco della grande massa di capitali che arrivava ai suoi fondi, dirottava il denaro sui suoi conti e si mostrava anche come grande benefattore partecipando a varie iniziative di solidarietà, accrescendo la sua fama e i suoi stessi clienti; riusciva ad essere apparentemente etico.
Tutto è andato a rotoli alle prime avvisaglie della crisi: l’economia ha smesso di crescere e qualche cliente in più ha chiesto di rientrare in possesso del capitale investito, a quel punto Madoff evidenziava la sua mancanza di liquidità per rimborsare i clienti. La crisi ha rivelato la truffa di Madoff; ma insieme a lui si è svelato il vasto panorama di finanzieri e banchieri creativi.
Madoff ha già conquistato un discreto spazio sull’enciclopedia, per la nota biografica rimando a:

http://it.wikipedia.org/wiki/Bernard_Madoff

Cosa ha permesso a Madoff di continuare per tanti anni:
- un mercato finanziario libero dai controlli, e potenziato nel suo liberismo dalla politica reganiana;
- una grande massa di capitale finanziario detenuto da grandi e piccoli risparmiatori; in cerca di forme di investimento al di fuori delle imprese produttive e con interessi remunerativi;
- le banche di affari, che al posto di fare direttamente gli investimenti valutando con attenzione i rischi, hanno scelto la strada dell’intermediazione finanziaria attraverso altre società finanziarie e attraverso la collocazione di fondi e titoli di terzi.
I risparmiatori frodati, oggi chiedono allo Stato americano di ripianare i danni di Madoff, non si chiedevano quando hanno investito come era possibile che Madoff potesse assicurargli un 10% di interessi stabile quando i tassi erano comunemente del 2 o del 3%. Certo, pensavano che il tipo ci sapesse fare, e infatti ci sapeva fare e ai loro danni. Ancora oggi negli USA molti risparmiatori e investitori, quando sentono parlare Obama sui necessari controlli sulla finanza, storcono il naso.
L’esercizio del credito e la gestione dei fondi debbono essere sottoposti a controlli pubblici capaci ci assicurare il massimo della trasparenza. Alcune tipologie di fondi andrebbero addirittura proibiti; molti risparmiatori non sanno cosa stanno comprando e dove andranno i loro risparmi. Il risparmio sui fondi pensione deve essere garantito e tutelato dallo Stato perché trattasi di previdenza. Se in Italia i nostri danni per la crisi economica sono inferiori è anche merito dell’esistenza di una forte previdenza pubblica.
Le banche debbono ritornare a fare le banche, debbono esercitare l’attività creditizia esponendosi direttamente per i fidi concessi dopo una valutazione dei rischi. Alle emissioni di titoli di debito di banche o di società finanziarie debbono corrispondere reali garanzie. Il risparmiatore deve poter ben distinguere tra titoli di debito garantiti e titoli non garantiti. Deve esser ben consapevole che sta andando a giocare in un casinò insieme a un Madoff di turno.
francesco zaffuto

(immagine “mha!....boh!” fotocomposizione © liborio mastrosimone http://libomast1949.blogspot.com/ )

sabato 27 giugno 2009

Tremonti – Berlusconi - anticrisi





27/06/09




Dopo diversi mesi di crisi economica il Governo ha partorito.
Le dichiarazioni di sufficienza o insufficienza variano a seconda delle diverse componenti politiche. Proviamo ad esaminare alcune delle misure considerate più importanti, cercando di essere imparziali.
IMPRESE

Detassazione al 50% degli utili reinvestiti dalle aziende in "macchinari e apparecchiature" fino al 30 giugno 2010.
Un qualche effetto positivo potranno averlo le s.p.a. per aumentare gli investimenti. Forse diversi amministratori riusciranno a convincere gli azionisti, in sede di approvazione del bilancio, a destinare una parte degli utili al reinvestimento.
Questi effetti non saranno generalizzati a tutte le aziende poiché la voce utili d’esercizio in molte aziende già subisce l’effetto di manovre di bilancio che tendono a fare risultare gli utili molto striminziti per motivi di elusione fiscale. Solo nelle s.p.a. (specie quelle ad azionariato diffuso) gli amministratori tendono ad evidenziare utili per tenere buona la grande massa degli azionisti, utili che diventano dividendi e che non vengono reinvestiti in azienda.
Questa misura può parzialmente incoraggiare il reinvestimento in termini di macchinari. Non farà certo miracoli sul piano occupazionale perché l’investimento in macchinari ha anche un effetto sul piano della sostituzione della manodopera.

Pagamenti
più tempestivi alle imprese da parte delle Pubbliche amministrazioni
. È previsto che entro il dicembre del 2009 le Pubbliche amministrazioni adottino «le opportune misure» per accelerare i pagamenti per gli appalti e le forniture senza oneri aggiuntivi per lo Stato. Altro che misura anticrisi si tratta solo di adempiere a un dovere da parte dello Stato. Avrebbero dovuto inserire anche i tanti rimborsi Irpef che giacciono da più di quattro anni.
EVASIONE FISCALE

Unità speciali Entrate-Gdf per scovare gli evasori nei paradisi fiscali. L'Agenzia delle Entrate istituirà, in coordinamento con la Guardia di Finanza, un'unità speciale, dotata di articolazioni anche all'estero, «per il contrasto dell'evasione ed elusione internazionale, per l'acquisizione di informazioni utili all'individuazione dei fenomeni illeciti e il rafforzamento della cooperazione internazionale». (O. K. ma occorrerà vederne gli effetti).

BANCHE
Massimo scoperto non oltre lo 0,5% per trimestre dell'importo dell'affidamento. Novità sulla commissione di massimo scoperto: non potrà superare lo 0,5% per trimestre, dell'importo dell'affidamento, pena nullità del patto di remunerazione. (ok, ok, va bene. Speriamo che le banche non escogitino qualche altro meccanismo)

TETTO PER I MUTUI- Per i mutui prima casa in corso le rate variabili per il 2009 non possono superare il 4% e lo stato si farà carico dell'eventuale eccedenza. Per i nuovi mutui il tasso di base su cui si calcola lo «spread» sarà costituito dal tasso stabilito dalla Banca Centrale Europea. «Lo Stato - ha spiegato Tremonti - si accollerà la differenza del tasso al di sopra del 4% per i mutui variabili vecchi». (Ok, ok. Anche se arriva con parecchio ritardo)
Risarcimento al cliente se la surrogazione del mutuo non si perfeziona in un mese. Per quanto riguarda i mutui la misura, nella bozza del provvedimento, attualmente prevede che «nel caso in cui la surrogazione del mutuo non si perfezioni entro il termine di 30 giorni dalla data della richiesta del debitore la banca cedente è comunque tenuta a risarcire il cliente in misura pari all'1% del valore del mutuo per ciascun mese o frazione di mese di ritardo». (Ok. ok)

ORO
Imposta sulle plusvalenze realizzate per oro e metalli preziosi . Sicuramente una buona scelta perché vanno scoraggiati tutti i processi di tesaurizzazione nei momenti di crisi recessiva.

BONUS FAMIGLIE
Varia da 200 a 1.000 euro e sarà destinato alle famiglie a basso reddito, con un reddito annuo di 22 mila euro o di 35 mila in caso di componenti portatori di handicap. Ad occhio, sembra ben poca cosa.
LAVORO
Rifinanziamento della cassa integrazione. Il decreto rifinanzia le proroghe a 24 mesi della Cig straordinaria per cessazione attività con 25 milioni per il 2009 (O.K. O.K… va bene)

Integrazione salariale per i contratti di solidarietà
é aumentato "nella misura del 20% del trattamento perso a seguito della riduzione di orario nel limite massimo di 40 milioni di euro" per il 2009 e di 150 milioni per il 2010. (O.K. O.K… va bene, tutti i contratti di solidarietà vanno promossi e aiutati).

Formazione per chi perde il lavoro. Progetti di formazione per i lavoratori in cassa integrazione che altrimenti sarebbero costretti a casa. «Al fine di incentivare la conservazione e la valorizzazione del capitale umano nelle imprese nell'eccezionale periodo di crisi - si legge nell'articolo 1 della bozza - in via sperimentale per gli anni 2009-2010 i lavoratori già destinatari di trattamenti di sostegno al reddito di rapporto di lavoro, possono essere utilizzati dall'impresa di appartenenza in progetti di formazione o riqualificazione che possono includere attività produttiva connessa all'apprendimento». Inoltre, «al lavoratore spetta a titolo retributivo la differenza tra trattamento di sostegno a reddito e retribuzione». Previsti incentivi alle imprese che adottano progetti di formazione per il reimpiego di personale in cassa integrazione. (O.K. O.K… va bene. Ma speriamo che non si traduca nell’ennesima mangiatoia per quelli che tengono i corsi, corsi che dopo anni si scopre che non servivano a un c…)

Previsti incentivi ai lavoratori in Cig che decidono di avviare una impresa o di associarsi in cooperativa. Va bene ma… la qualità di diventare imprenditori di se stessi non è facile e ce da augurarsi che i lavoratori che si avviano a questa scelta siano in grado di fare una attenta previsione dei rischi.

OPERATORI TURISTICI - Arriva la Cig anche per i dipendenti di agenzie di viaggio e turismo, compresi gli operatori turistici, e anche per le imprese commerciali. La misura vale per il 2009. (Ok. ma perché solo per un anno?)

BONUS PRECARI - Sarà pari al 5% del reddito percepito l'anno precedente, e indirizzato a coloro che abbiano versato i contributi per almeno 3 mesi, e svolgano attività in settori dichiarati in crisi. Ben poca cosa.


MA MANCA COME AL SOLITO QUALCOSA – Quei lavoratori che non hanno neanche la cassa integrazione cosa debbono fare?
Sono MISSING, o meglio fantasmi.

Scorse a grandi linee le misure non si possono considerare negative. Ma sicuramente non si tratta di misure che implicano una svolta. Sono tutte improntate all’attesa di una risoluzione della crisi, per ripresa degli stessi meccanismi del mercato. La ripresa della domanda in qualche modo ci potrà essere e si ritornerà agli stessi meccanismi che hanno determinato la crisi.
francesco zaffuto
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(immagine – “ultimo equilibrio” china © francesco zaffuto link Altre allegorie)

martedì 23 giugno 2009

Referendum - ITALIANI?!!! Astenuti


23/06/09


Quesito 1 e 2 ha votato solo il 23,27% degli italianiQuesito 3 ha votato solo il 23,80% degli italiani.

E’ indiscutibile che la maggioranza degli italiani si è dichiarata non favorevole al premio di maggioranza a un singolo partito. Non gli gusta il bipartitismo all'americana.
L'effetto trascinamenti si è avuto anche sul terzo quesito, ritenuto come secondario.


Sull’alto numero delle astensioni ci potranno essere diverse letture.
Sicuramente si sono sommati
- la scelta consapevole di rifiutare un premio di maggioranza a un singolo partito;
- una generica sfiducia sullo strumento referendum, specie quando la consultazione referendaria riguarda un argomento complesso come la legge elettorale;
- la delusione di tanti cittadini che con la consultazione referendaria del 1993 (sempre proposta da Segni) si erano illusi di cambiare l’Italia attraverso la scelta del sistema maggioritario (andarono alle urne il 77% degli italiani e l’87% dei votanti si espresse per il maggioritario, e si rivelò ancora più nefasto del vecchio proporzionale);
- lo stabilizzarsi di una disaffezione generale nella politica e nei rappresentanti della politica, che ha fatto crescere l’astensione sia nei referendum come nelle altre consultazioni elettorali, il ballottaggio alle comunali ha registrato solo il 61% di presenze al voto e il ballottaggio per le provinciali addirittura solo il 46% di presenze al voto.;
- la sana scelta di andare a votare solo se si è capito qualcosa e non andare se si è fortemente indecisi;
- la sana scelta di non ritenere l’esercizio di voto come un dovere ma come una libertà, sana scelta che comincia a delinearsi anche nell’esercizio di voto per partiti e candidati.

Un interrogativo.
Cosa poteva succedere se si andava a votare per il referendum nella stessa data delle elezioni europee, il 6 e 7 giugno?
Si sarebbero risparmiati un sacco di soldi e il risultato sarebbe lo stesso, forse non si sarebbe registrata una percentuale così bassa come il 23,7%, ma sicuramente non si sarebbe raggiunto il quorum. La prova evidente l’abbiamo con il forte scarto che si è avuto tra percentuale dei referendum e la percentuale dei ballottaggi (23,7% referendum, 61% comunali, 46% provinciali). Con grandissima probabilità la percentuale del 65,05% di presenze al voto europeo non avrebbe determinato una percentuale superiore al 50% nel voto referendario il 6/7 giugno. Siamo di fronte ad una realtà nuova: un cospicuo numero di italiani che in modo consapevole scelgono di astenersi.

Le reazioni della classe politica.I politici, sia quelli che hanno vinto propagandando l’astensione, sia quelli che hanno perso propagandando il voto, si stanno tutti precipitando a dichiarare la crisi dell’ istituto referendario.
Intanto l’istituto referendario in Italia non è andato in crisi con questa ultima consultazione referendaria, anzi specificatamente si è evidenziata un astensione consapevole, astensione prevista dallo stesso istituto referendario.
Il problema però esiste, sopratutto se si considera il costo per le votazioni.

Riformare il referendum?

A mio avviso, qualche modifica deve essere apportata all’istituto del Referendum ma senza snaturare l’istituto stesso, che ha mostrato la sua importanza in particolari momenti della vita politica del pese: ci sono stati referendum che hanno sancito l’assetto istituzionale dello Stato, la vocazione laica dei cittadini italiani, la vocazione ecologista.
Referendum istitutivo
Tra le proposte di riforma dell’istituto referendario ce ne è una in particolare: quella di istituire il Referendum istitutivo. In pratica dare la possibilità di chiamare gli elettori per istituire delle vere e proprie leggi con un Sì o con un No. Tale ipotesi viene presentata come una grande occasione di democrazia diretta. I fautori enfatizzano le caratteristiche di democraticità e indicano che diversi referendum abrogativi hanno avuto in qualche modo effetti istitutivi o imput per nuovi impulsi a legiferare. Se questo è stato vero in ogni caso si è sempre trattato di cancellazione di leggi o parti di legge e di imput dati al Parlamento per nuovi indirizzi e non di istituzione ex novo di leggi. Il Parlamento era sempre chiamato a completare la volontà popolare. Nel caso di referendum istitutivo i meccanismi possono essere ben diversi; vediamo di analizzarne i possibili gli effetti di referendum istitutivi.
Il Parlamento è l’istituto di democrazia delegata con il quale si intendono elaborare e varare le leggi. Le leggi sono frutto non solo di un Sì o di un No, sono soprattutto frutto di discussioni, di possibili aggiustamenti, spesso si compongono di diversi articoli, ogni articolo ha diversi commi e capoversi. I parlamentari durante l’iter di elaborazione ed approvazione posssono confrontarsi tra loro studiare a fondo i problemi connessi con la nuova legge ed esaminarli i tutti gli aspetti. Se non lo fanno ciò attiene alla loro debole etica e alla loro debole capacità. Il cittadino può eleggere dei parlamentari con etica e capacità più elevate. Ma in ogni caso per elaborare una legge occorre un dibattito tra vari componenti. Allora il referendum istitutivo nei fatti verrebbe a creare dei centri esterni di elaborazione e proposta rispetto al potere parlamentare, centri esterni che non hanno mai avuto un riconoscimento elettivo e ma che magari godono di una grande capacità mediatica. Questi centri esterni prepareranno una legge, la costruiranno in tutte le sue parti con tutti i suoi requisiti di articoli e capoversi e poi chiederanno sinteticamente alla volontà popolare un Sì o No. Il popolo, che non ha partecipato a nessun dibattito e a nessuna seduta elaborativa dovrebbe solo schierarsi sinteticamente. Nei fatti un simile istituto svuota la democrazia delegata, costruisce centri di potere che elaborano le leggi all’esterno del Parlamento e che si baseranno sul potere mediatico di giornali e televisioni per farla approvare dal popolo. Si riuscirà a dare la sensazione fittizia di una grande democrazia diretta, mentre nei fatti costruirà un grande potere di manipolazione. Immaginiamoci una iniziativa di legge per l’introduzione della pena di morte, magari dopo un grave delitto enfatizzato da tutti i mass media, un referendum di quel tipo potrebbe cancellare con un tratto di penna centinai a di anni di civiltà cristiana e di civiltà illuminista. Se poi, addirittura, per un referendum istitutivo non si prevede il quorum della maggioranza degli aventi diritto al voto possiamo arrivare a conseguenze nefaste.
Pertanto è meglio lasciare in vita il solo istituto di referendum abrogativo dove il Parlamento conserva la sua facoltà di elaborare ed approvare le leggi e dove il popolo si esprime per abrogare o orientare con una abrogazione parziale l’attività del parlamento.
Una particolare forma di referendum orientativo potrebbe essere posto solo dalla stessa maggioranza del Parlamento, come quesito di rilevanza fondamentale dove si ritiene importante sentire la volontà popolare; un po’ come nel caso del referendum istitutivo della Repubblica.
QuorumUna altra ipotesi di modifica dell’istituto referendario, che in questi giorni naviga nella mente dei politici, è quella di eliminare il quorum o di renderlo meno elevato con una percentuale. L’istituzione di un quorum elevato del 50 + 1 degli aventi diritto al voto fa riferimento a una democrazia a forte partecipazione popolare ed anche ad una democrazia dove l’elettore va a votare sempre e in ogni caso, anche quando non ha capito di che cosa si stia trattando. All’elettore che si astiene viene attribuito nei fatti un specie di scelta a favore della legge già in vigore anche se trattasi di una volontà non espressa. Non la volontà di lasciar fare a chi si esprime per un Sì o per un No, manifestando la propria intenzione di tirarsi fuori dalla diatriba, ma la volontà di essere in ogni caso tecnicamente per un No alla abrogazione della legge. Chi non si esprime non è indeciso e di conseguenza innocuo ai fini del quesito posto. Chi non si esprime è nei fatti a favore della legge. In pratica una sorta di proibizione ad essere indecisi o scettici; l’astensione vale sempre per il mantenimento della norma. Con un meccanismo di tal genere chi ha proposto il referendum abrogativo ha sempre l’handicap di avere a sfavore tutti gli indecisi, tutti gli impossibilitati a votare per le ragioni di malattia o varie, tutti gli scettici. Chi propone l’abrogazione parte sempre svantaggiato. Credo che in una corsa in qualche modo si debba avere almeno una parità nelle regole di gara.
Stabilito che il referendum possa essere solo abrogativo, lasciando al Parlamento la sua capacità di legiferare in fase istitutiva, stabilito che i cittadini sono liberi di votare o non votare: va lasciato al risultato la forza che si è determinata. Il cittadino indeciso e scettico conterà solo per la sua decisione di indeciso e di scettico e non come cittadino favorevole alla precedente legge. E’ corretto pertanto l’eliminazione di ogni quorum, la stessa soglia di stabilire una percentuale diversa come quorum (30 o 40 per cento) fa ricadere nuovamente in un meccanismo di disparità di trattamento tra i propositori dell’abrogazione e i sostenitori della vecchia norma. La mancanza del quorum avrebbe un effetto benefico sulla politica attiva e scoraggerebbe l’adattarsi sul cosiddetto silenzio.
Cosa sarebbe accaduto a questo referendum senza il meccanismo del quorum? Credo che avrebbe vinto lo stesso il no, ma sarebbe stata una vittoria ottenuta con estrema limpidezza, con una precisa distanza dagli indecisi e dagli scettici. Scettici e indecisi hanno diritto di esprimere la loro astensione ma questa astensione non può essere a beneficio della sola parte non abrogazionista.
Numero delle firmeUn’altra proposta di modifica dell’istituto referendario è quello di volere elevare i numero di firme necessario per la richiesta istitutiva del referendum. 500 mila firme non sono poche da raccogliere, ma è pure vero che il costo di un consultazione referendaria è molto elevato. La consultazione referendaria dovrebbe avere un carattere eccezionale, provocata da una sfasatura tra decisioni del Parlamento e volontà popolare. Dovremmo avere un Parlamento così sensibile alla volontà popolare e capace di promulgare leggi condivisibili dove tale sfasatura dovrebbe avere il carattere di un caso abbastanza remoto. Invece a quanto pare non è così, addirittura è stata approvata la legge di soglia del 4% che esclude molte minoranze dal Parlamento ed esclude la capacità di proposta di tanti cittadini. L’esclusione di tante minoranze dal parlamento porta in qualche modo alla corsa verso l’istituto referendario. Se poi viene elevata la soglia della raccolta delle firme viene negata alla minoranza ogni possibile capacità di proposta, neanche in termine abrogativo, fatto molto negativo che può solo fare aumentare la disaffezione per la politica e il disagio sociale ed esistenziale, disagio che può sfociare anche in forme di lotta al di fuori delle regole democratiche.
La possibilità di portare da 500 mila a un milione le firme, per fare diventare l’istituto referendario un evento eccezionale, è un ipotesi che va coadiuvata con l’eliminazione della soglia del 4% per esprimere una rappresentanza parlamentare, altrimenti è un ulteriore ostracismo contro le minoranze.
In ogni caso la raccolta delle firme deve poter iniziare dopo il parere favorevole al quesito da parte della Corte Costituzionale, per evitare una raccolta a vuoto delle firme. Per evitare che un eccesso di quesiti vengano sottoposti alla Corte, si potrebbe prevedere centomila firme per la proposta di quesito e poi il completamento della raccolta di firme dopo il parere positivo della Corte

Ricapitolando: un no senza equivoci al referendum istitutivo che crea centri di potere al di fuori dell’istituto parlamentare, una eliminazione del quorum, un innalzamento del quantitativo di firme ma solo ripristinando la rappresentatività delle minoranze in Parlamento.
francesco zaffuto

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(immagine “mha!....boh!” fotocomposizione © liborio mastrosimone http://libomast1949.blogspot.com/ )

sabato 20 giugno 2009

Tra noi: uno su sei non mangia

20/06/09
Stiamo in sei su questa piccola barca che chiamiamo terra e che naviga nell’universo: uno di noi è molto ricco e grasso, un altro non ha niente da mangiare e spesso gli manca l’acqua, gli altri quattro siamo mediamente stupidi.
Secondo i recenti dati distribuiti in giugno dalla FAO gli esseri umani che soffrono la fame nel 2009 sono più di un miliardo, un sesto dell’ umanità (la recente crisi mondiale ha aggiunto 100 milioni di affamati).

http://www.fao.org/news/story/en/item/20568/icode/%20i/

http://www.unimondo.org/Notizie/Fao-un-sesto-dell-umanita-soffre-la-fame-rischio-per-pace-e-sicurezza-nel-mondo

L’appello alla carità individuale e al volontariato non basta. I paesi ricchi non si debbono limitare alla carità, che può essere utile per affrontare solo l’aspetto dell’immediato soccorso.
Quello che sta accadendo nel mondo ha una responsabilità politica e può essere risolto con gli strumenti della politica.Il superamento della crisi economica mondiale non può essere visto come un ritorno alla stupidità del passato; la crisi va superata cambiando rotta.
Lo sviluppo della produzione agroalimentare negli stessi paesi poveri, con una tecnologia avanzata per l’uso delle acque, è la strada maestra. Per avviare tale sviluppo è necessario l’avvio di processi di formazione tecnica e di autonomia produttiva. Dell’avvio di questi processi se ne debbono fare carico gli organismi internazionali mondiali ed europei.

La povertà diffusa a livello planetario crea malessere nei poveri dei paesi sottosviluppati e crea malessere anche nei paesi ad economia avanzata; i flussi migratori rischiano di essere superiori alle capacità di accoglienza. Dallo sviluppo dei paesi poveri si può avere un beneficio economico collettivo di tutto il pianeta. L’Europa deve avere a cuore in particolare lo sviluppo dell’Africa, di questo sviluppo ne possono godere i poveri dell’Africa e l’Europa stessa.

francesco zaffuto

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Il punto sulla crisi

(immagine – “Cassandra e le torri” olio su tela © francesco zaffuto link Cassandra )

venerdì 12 giugno 2009

Referendum, che fare? ....ma! .... bho!


12/06/09
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Referendum, che fare? ....ma! .... bho!

I 3 quesiti

I primi due quesiti, 1 e 2, prevedono che il premio di maggioranza venga dato alla lista e non alla coalizione. I quesiti sono due perché uno vale per la Camera e l’altro per il Senato. I referendari si propongono con questi due quesiti di spingere l’Italia verso il bipartitismo, considerando tale sistema come il migliore dei mondi possibili.

Il quesito n. 3 si propone l’abrogazione delle candidature multiple. La possibilità di candidature in più circoscrizioni (anche tutte!) dà un enorme potere al candidato eletto in più luoghi (il “plurieletto”). Questi, optando per uno dei vari seggi ottenuti, permette che i primi dei candidati “non eletti” della propria lista in quella circoscrizione gli subentrino nel seggio al quale rinunzia. Egli così, di fatto, dispone del destino degli altri candidati. Un esempio macroscopico di cooptazione! E’ inevitabile che una tale disciplina induca ad atteggiamenti di sudditanza degli eletti con tale sistema.

Sgombriamo subito il campo dal condivisibile quesito numero 3. Il cittadino ha libertà di recarsi al voto referendario e prendere se vuole la sola scheda relativa al quesito numero 3 abrogando le candidature multiple
Gli effetti del premio di maggioranza alla listaRelativamente ai quesiti 1 e 2 che prevedono il premio di maggioranza alla lista, possiamo avere i seguenti effetti.

Votando sì: in effetti si viene a determinare che il maggior partito (anche con una percentuale risibile, purché più alta degli altri) otterrà una maggioranza premiale per governare. Sul piano dei fatti il potere di Berlusconi diventa più sicuro e incontrastato (o anche il potere incontrastato del leader del PD).

Votando no: rimane il testo della legge attuale. Il potere di Berlusconi resta, ma bilanciato dalla coalizione con la Lega lombarda (o anche il potere del PD bilanciato dai suoi alleati).

Astenendosi: si vengono ad avere gli stessi effetti del votare no, con più probabilità di fare vincere il no fidando su un’alta percentuale alta di astensioni; su tale possibilità punta la stessa Lega lombarda.

Un esempio del passato, la legge AcerboLa ricerca di affidare la governabilità incontrastata a un solo partito in Italia ha un lontano precedente storico che risale alla cosiddetta Legge Acerbo del 18 novembre 1923. Con tale legge Mussolini confidava di ottenere un premio di maggioranza in ogni caso. Il testo redatto da Acerbo fu presentato alla Camera: ogni lista poteva presentare un numero di candidati pari ai due terzi dei seggi in palio (si noti come, per assurdo, tale meccanismo fu spacciato per democratico in quanto garantiva di converso alle minoranze un terzo dei seggi dell'assise parlamentare, anche nel caso fossero scese al di sotto del 33% dei suffragi), cioè 356 su 535, e la lista che avesse ottenuto la maggioranza con una percentuale superiore al 25% dei voti avrebbe eletto in blocco tutti i suoi candidati. I restanti 179 scranni sarebbero invece andati alle liste rimaste in minoranza, che se li sarebbero suddivisi fra loro sulla base della vecchia normativa proporzionale del 1919. Dopo l’approvazione della legge Acerbo, nelle elezioni del 6 aprile 1924 Mussolini prese il 61,3% dei voti; per precauzione si era assicurato di vincere anche con il solo 25% e poi gli italiani lo hanno incoronato “dittatore” con un percentuale eccezionale.

Lo scenario attuale

La vittoria dei Sì ai quesiti 1 e 2 del referendum, nei fatti danno al maggior partito potere di governo, qualcosa di simile alla legge Acerbo, addirittura non viene stabilita neanche la soglia minima che deve raggiungere il maggior partito in termini percentuali . Cito una presa di posizione di Luciano Violante, che pur appartenendo al PD (partito che protende per i Sì) mette in luce gli aspetti deteriori della vittoria del sì. “L’attribuzione del premio di maggioranza alla sola lista vincente (invece che alla coalizione) renderebbe un solo partito, minoranza nel paese, in ipotesi con il 30 per cento dei consensi, titolare del 55 per cento dei seggi, alla camera e al senato e quindi padrone di tutte le istituzioni. Quel solo partito, Pdl o Pd, avrebbe nelle proprie mani il potere di eleggere il capo dello stato, di impossessarsi dei mezzi di informazione, di cambiare radicalmente, secondo le proprie convenienze, i regolamenti parlamentari e le leggi elettorali. Sarebbe una conseguenza insana per la democrazia. I sostenitori del voto favorevole obbiettano che anche oggi una coalizione che prende il 35 per cento dei voti potrebbe conquistare la maggioranza assoluta dei seggi; che, una volta approvato il referendum, si potrà riformare la legge elettorale; che si tratta della via obbligata per giungere al bipartitismo e comunque alla semplificazione del sistema politico.Sono obiezioni serie, avanzate da persone serie; ma non si tratta di obiezioni insuperabili. È certamente vero che anche oggi una coalizione con il solo il 30, 35 per cento dei voti potrebbe conquistare il 55 per cento dei seggi. Ma è una possibilità assai remota perché la coalizione di più forze comporta necessariamente (e nella esperienza ha comportato) il superamento di quella soglia; mentre il rischio sarebbe più vicino se il premio di maggioranza fosse assegnato alla sola lista vincente.In ogni caso, quando vince una coalizione, la pluralità dei partiti di maggioranza agevola il confronto dialettico e valorizza il ruolo del parlamento e del dibattito pubblico. La maggioranza assoluta di un solo partito, invece, nella situazione italiana produrrebbe un mostruoso accumulo di potere nelle mani di una ristrettissima oligarchia politica.”


Se dopo una ipotetica vittoria dei Sì non si va a una nuova ponderata legge elettorale, si determina solo un velenoso pasticcio.
Con una propaganda astensionista fatta in modo militante dalla Lega e da qualche altro partito è molto probabile che: o vincono i Sì o vince l’astensione, poiché i sostenitori del no saranno in pochi a votare per il referendum.
Far cadere gli effetti di una vittoria del Sì, considerato anche il particolare meccanismo referendario previsto in Italia, pare essere il meno peggio.

Il mito del bipartitismo

Il mito della democrazia bipartitica inglese ed americana ha spinto i referendari di Segni a questo nuovo referendum. Ma Gran Bretagna e USA non hanno certo costruito dal dopoguerra ad oggi delle società invidiabili e migliori della nostra; la società americana ha recentemente esportato una delle più grandi crisi economiche mondiali, i consensi tutti rivolti ai due grandi partiti non hanno scongiurato questa crisi. In Italia la lentezza governativa e il compromesso paradossalmente hanno determinato scelte meno drastiche, il liberismo reganiano non si è potuto realizzare in tutte nelle sue nefande conseguenze; alcune scelte liberiste degli stessi Prodi e Berlusconi hanno dovuto fare i conti con forze conservatrici che difendevano lo stato sociale.

Per i referendari tutto il danno viene visto nella mancata governabilità e nella litigiosità dei piccoli partiti. Certo se per piccoli partiti si intendono i potentati politici di Mastella o Dini, siamo di fronte a litigi per le poltrone; ma se i piccoli partiti rappresentano istanze esistenti nel paese il confronto tra queste istanze è necessario e serve per arrivare a decisioni più ponderate. Esistono raggruppamenti sociali come i verdi, i leghisti, i comunisti, i socialisti, le diverse componenti cattoliche, i radicali, che rappresentano reali istanze ed esigenze della società o sono frutto di antiche sedimentazioni storiche di un importante dibattito politico; la loro cancellazione impoverisce soltanto la società. Occorre trasformare il litigio in confronto virtuoso, in capacità di ascolto, solo così ci sarà un miglioramento. Concentrare tutto in due grandi calderoni partito non diminuisce la litigiosità, la trasferisce soltanto dentro i due grandi raggruppamenti.
Allora occorre arrivare a una riforma elettorale che permetta l’esistenza in Parlamento delle diverse componenti sociali e nel contempo riesca ad assicurare la governabilità, una tale alchimia è necessaria ed è possibile. Purtroppo le alchimie delle leggi elettorali non sono decise sulla base di studi per il miglioramento delle regole democratiche ma da calcoli di convenienza.

Ipotesi virtuale
Il bipartitismo non si può osannare e neanche demonizzare, in ogni caso il bipartitismo non va imposto con meccanismi elettorali che lo determinano come scelta obbligata, la stessa ipotesi di bipartitismo deve venire fuori da una verifica dell’elettorato attraverso le stesse elezioni. Una legge elettorale deve essere garante della volontà popolare, assicurare la governabilità e non schiacciare le minoranze.

Accademicamente e bizzarramente (poiché non detengo alcun potere di proposta) provo a delineare una possibile legge elettorale per valorizzare la volontà popolare e garantire la governabilità senza schiacciare le minoranze.

Un Parlamento con una sola Camera di 300 deputati (sufficiente per contenere la spesa pubblica).
150 deputati da eleggere con collegio uninominale, dividendo l’Italia in 150 collegi. Gli italiani di ogni singolo collegio verrebbero ad eleggere un loro rappresentante stimato a livello territoriale. Se si dividono gli attuali 50.341.000 elettori un deputato eletto nel singolo collegio uninominale verrebbe a rappresentare circa 335.000 elettori su base territoriale. Viene così fatto salvo il criterio di scelta dei cittadini del proprio rappresentante territoriale.
150 deputati da eleggere con collegio unico nazionale. Per la elezione dei 150 deputati con il collegio nazionale non si potrà dare la preferenza; la lista avrebbe la caratteristica di lista di governo e a quella lista che avrà ottenuto il maggior numero di voti sarà assegnata una percentuale non inferiore al 60% dei 150 deputati. Il capolista che avrà ottenuto il maggior numero di voti nel collegio unico nazionale sarà il nuovo capo di governo per tutta la legislatura (in caso di suo sfortunato decesso l’incarico lo ricoprirà il numero due della stessa lista). Per l’elezione dei 150 deputati non deve essere prevista alcuna soglia di sbarramento, e un deputato della minoranza potrà essere eletto con il quoziente proporzionale che si verrà a determinare con l’elezione del rimanente 40%.
Paradossalmente con questo sistema di potrebbe determinare che i 90 deputati eletti con il collegio unico nazionale della lista maggioritaria, sommati con quelli dei collegi uninominali possano non bastare per governare; ma si tratta di un caso estremamente difficile perché la lista che avrà una maggioranza su base nazionale avrà anche l’elevata probabilità di ottenere una considerevole rappresentatività nei collegi uninominali. Nel paradossale caso di mancata governabilità con i requisiti nazionali e territoriali è un bene ritornare al voto.
Un solo Parlamento, buttando alle ortiche l’ipotesi di un Senato delle Regioni che sarebbe solo in grado di aumentare i contrasti e i conflitti di competenza con la Camera; una sola camera, eletta con due criteri diversi, che dovrebbe comporsi unitariamente di un sola entità suprema con potere legiferante.

Ritorno alla realtàConsiderate tutte le mie più o meno bizzarre riflessioni; mi asterrò sui quesiti n. 1 e n. 2 e voterò Sì per il solo quesito n. 3 per abrogare le candidature multiple.
Riflessione aggiuntiva del 14/06/09
Ma, potrei non andarci per niente, in fin dei conti l'attuale sistema di voto nelle elezioni politiche nazionali non prevede neanche la preferenza.
Certo si potevano risparmiare un bel po' di soldi e far votare tutto il pacco il 7 giugno, ma il "grande stratega" Bossi ha considerato difficile dare le indicazioni di voto e di astensione contemporaneamente; ora con i ballottaggi tenterà di spiegare il tutto a un numero inferiore di votanti e non votanti.

francesco zaffuto

(immagine “mha!....boh!” fotocomposizione © liborio mastrosimone)

lunedì 8 giugno 2009

APOCALISSE RINVIATA


08/06/09


BERLUSCONI NON ARRIVA al 40%,
si ferma al 35,26,

contrariamente a tutti i sondaggi, contrariamente alla cosiddetta a preferenza del 70% degli italiani. Il suo successo è rosicchiato da Casini e Bossi e dal grande fantasma dell’astensionismo.
L'Apocalisse è rinviata

Bossi si conferma come uno dei più importanti cavalieri della rinviata apocalisse. La Lega si presenta come i partito anticlandestini, il partito della sicurezza e viene votato dalla piccola borghesia che teme per la sicurezza e dai proletari che temono la concorrenza dei lavoratori stranieri.

Il PD perde ma è contento: il 26,13% viene considerato un buon risultato.

Di Pietro raddoppia e pone la sua pietra nel futuro scenario della sinistra. Ma era di sinistra? Non importa ma ora la rifondazione della sinistra dipende dall’otto per cento di Di Pietro.

Lo sbarramento al 4% blocca comunisti e sinistra e libertà. 3+3 non fa sei, nonostante gli elettori abbiano ripreso a votare per la sinistra radicale, le due liste scontano il prezzo delle divisioni. Potevano portare a casa il successo di una Resurrezione ma si sono autocondannati inseguendo diverse tipologie di rifondazione.

I radicali non ce la fanno, assaggiano tutte le conseguenze di aver tifato per il bipartitismo all'americana.

Lombardo si afferma in Sicilia ma è sbarrato sul risultato nazionale ora deve fare sempre i conti con Cuffaro e Berlusconi.

I verdi che in Italia restano piccoli e confusi nella diatriba della sinistra radicale, in Francia stravincono. Cohn Bendit, si quello del maggio del ’68, va oltre il 16% e porta in Europa un nutrito drappello di verdi.

Zapatero ha il futuro alle spalle

Brown retrocede in serie C

Tutti i socialisti europei vanno in caduta libera. L’Europa va a destra mentre gli USA vanno a sinistra. Brown ha pochi voti e sempre conta, Sarkozy, ha la moglie bella e sempre canta. Berlusconi voleva di più ma può continuare a divertirsi a contare il numero delle veline.

Gli europei votano per l'Europa solo per il 42,85%, gli altri non sono andati a votare (anche tra quelli che hanno votato avanzano gli scettici).

I siciliani si attestano sulla percentuale europea vanno a votare solo il 49,17%, si confermano come gli italiani più scettici.

I terremotati vivono ancora l'angoscia del terremoto e solo in pochi sono andati a votare.

LA RESA DEI CONTI delle elezioni europee in Italia e gli effetti dello sbarramento del 4%.


50.341.790 Italiani con diritto al voto (compresi i residenti all’estero)

32.747.722 si presentano per votare

dopo aver tolto le schede bianche e nulle restano
30.645.765 voti validi espressi

In base allo sbarramento al 4% il quorum di soglia è di 1.225.831 voti

Rifondazione e comunisti italiani con 1.038.247 non contano, Sinistra e libertà non conta con 958.458 voti, i radicali non contano con 743.273 voti, l’MPA e alleati non contano con 682.046 voti. Queste liste che hanno raccolto l’11,14% non contano nulla.

Solo 26.391.566 italiani hanno ottenuto una rappresentatività esercitando il diritto di voto per le cosiddette liste grosse e si dividono tutti i 72 seggi (il divisore matematico è di 366,550 voti per ogni seggio).
23.950. 224 italiani sono esclusi da ogni rappresentatività (4.254.199 hanno perso partecipando al gioco, 19.696.025 non hanno giocato).
(f.z.)
(immagine “i cavalieri dell’a…a…apocalisse” fotocomposizione © liborio mastrosimone http://libomast1949.blogspot.com/ )

giovedì 4 giugno 2009

Elezioni europee gli effetti del 4%

04/06/09
Con lo sbarramento del 4% si avranno le seguenti conseguenze: i voti validi espressi nelle precedenti elezioni europee furono 32.516.246: calcolando il 4% abbiamo 1.300.650. Se ipotizziamo lo stesso numero di voti validi nelle prossime elezioni una lista che ottiene 1.300.000 voti non ha rappresentanza nel Parlamento europeo. Un milione e trecentomila cittadini votanti possono essere considerati un resto insignificante; chi avrà ottenuto 1.300.650 voti potrà godere della spartizione di quel resto ottenendo più deputati. Un milione e trecentomila cittadini, molto più del doppio di quelli necessari per richiedere un referendum, non contano nulla. Un meccanismo premiale assurdo che schiaccia le minoranze senza nessuna giustificazione, neanche quella della governabilità; nel Parlamento europeo si portano delle istanze, che possono essere condivise o non condivise, non esiste il problema di dover dare la fiducia a un Governo. Ecco come il 3 febbraio 09 il Corriere della Sera riportava la notizie dell’approvazione alla Camera della Legge del 4%. ROMA - Martedì sera la Camera ha approvato con 517 voti favorevoli, tre astenuti e 22 contrari la riforma della legge elettorale per le europee. Hanno votato a favore tutti i partiti tranne Mpa e radicali. Ora il provvedimento passa al Senato. Subito dopo il voto, Veltroni a Montecitorio ha incontrato il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Elio Vito, e il coordinatore di Forza Italia, Denis Verdini. Dopo aver stretto loro la mano, Veltroni ha detto: «Almeno siamo riusciti a fare una cosa insieme in questa legislatura». ...............Veltroni, spiega che l'introduzione di una soglia di sbarramento nella legge elettorale europea «sarà utile al Paese, all'evoluzione del suo sistema politico, e anche alla Sinistra radicale».Veltroni continua: «Ho letto le ultime dichiarazioni di Giordano che accusa il Pd di aver siglato un accordo su una legge "salva Walter". Ma si dà il caso che proprio Giordano fosse venuto nella mia stanza al Pd, insieme ad altri, a chiedermi di lavorare per l'introduzione della soglia di sbarramento al 4 per cento, dicendomi che loro non potevano dirlo pubblicamente. Poi, ora che c'è stata la scissione in Rifondazione dicono il contrario». http://www.corriere.it/politica/09_febbraio_03/pdL_legge_elettorale_c18c7594-f1ef-11dd-9d2c-00144f02aabc.shtml A parte credere o non credere al già tramontato Veltroni su quello che si disse in segrete stanze; nei fatti oggi la Sinistra radicale si presenta alle elezioni europee divisa. Nelle ultime elezioni politiche le componenti politiche della sinistra radicale (Rifondazione, Verdi e Comunisti Italiani) si presentarono con la lista unitaria “la Sinistra – l’Arcobaleno” ottenendo 1.124.298 voti con una percentuale del 3,08. Queste componenti oggi si presentano alle elezioni europee con due liste distinte sperando di raggiungere ognuna almeno il 4%. Necessità avrebbe dovuto quantomeno indicare la strada virtuosa di lottare contro il nuovo meccanismo elettorale e di trovare nel contempo un’intesa con i vicini più prossimi per non farsi eliminare. Un’altra importante componente che si presenta alle elezioni europee e che rischia sul 4% è quella dei radicali, componente che tanto ha fatto dal dopoguerra ad oggi per sostenere in Italia una vocazione Europeista. I radicali che erano entrati nel PD per le elezioni nazionali, sostenendo il mito del bipartitismo, oggi per trovare una rappresentanza in Europa sono costretti a correre da soli con il rischio di non farcela. Nelle elezioni europee andava assicurata la rappresentatività con il criterio della proporzionalità, non c’era alcuna scusante di governabilità. Anche nelle elezioni nazionali va trovato un equilibrio nella legge elettorale per assicurare la governabilità ed insieme la rappresentatività. Democrazia è governo della maggioranza, ma è anche rispetto delle minoranze. La legge del 4% ha eliminato l’importanza dell’esercizio di voto a tanti cittadini, ha ridotto l’esercizio di voto a una specie di lotteria a cui si può partecipare, nel tentativo di vincere raggiungendo la percentuale del 4%. Il meccanismo dello sbarramento pare suggerire al cittadino di puntare sui cavalli che hanno più possibilità, indipendentemente dal condividere programmi e progetti. Così se il cavallo vince, puoi dire che hai vinto tu. Per questa tornata elettorale, io non ho cavalli vincenti e non vado a votare. francesco zaffuto

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immagine – “meditazione sulla strada rossa” olio su tela © francesco zaffuto