mercoledì 30 giugno 2010

Età pensionabile

immagini su: http://libomast-digiart.blogspot.com/2010/06/eta-pensionabile.html

Ci sono alcuni che non vogliono andare in pensione: rettori e docenti ordinari di università, politici centenari, cardinali, imprenditori di successo... Come mai? Segno è che il lavoro quando è lucroso, poco faticoso e soprattutto quando è all'insegna del riconoscimento esistenziale, soddisfa. Quando si sta in bilico sul ponteggio del cantiere o, come maestra di asilo, occorre tenere a bada 28 bambini, allora si contano i giorni per andare in pensione. Quello che invece ci viene proposto è un calcolo meccanico e matematico.L'essere umano non è un calcolo meccanico. Occorre una riflessione complessiva sul lavoro: è impossibile fare le stesse cose a 30 anni e a 60 anni. Occorre un sistema pensionistico che tenga conto di più fattori e di aspetti di flessibilità. Occorre anche liberarsi da molti luoghi comuni: i giovani non saranno danneggiati dalla spesa pensionistica di oggi, ma dalla precarizzazione diffusa dei rapporti di lavoro legata ai nuovi meccanismi del sistema contributivo pensionistico del futuro.Le nuove pensioni saranno legate ai soli contributi effettivamente versati, un precario può versare contributi molto ridotti; un precario continua a rimanere precario anche perché non si trovano posti fissi perché sono occupati da quelli che non riescono ad andare in pensione. Siamo di fronte ad un problema complesso che va affrontato in tutta la sua complessità altrimenti, nella semplicità, ci lascia le penne come al solito il più debole.
30/06/10 francesco zaffuto
altri interventi
http://liberalvox.blogspot.com/2010/06/in-pensione-sempre-piu-tardi-e-con-meno.html

domenica 27 giugno 2010

G8 e G20 avari con la fame nel mondo


ECCO UN COLLAGE SULL’AVARIZIA E SULLA DISPERAZIONE
Nessuna tassa alle banche
TORONTO (27 giugno) - Nella bozza di conclusioni del G20, sulla quale ci sarebbe un accordo di massima, è scritto che le banche d'ora in avanti dovranno contribuire al risanamento del settore finanziario, ma attraverso «un'ampia gamma di approcci politici». Dunque nessun vincolo a introdurre una tassa globale sulle banche.
http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=108333&sez=HOME_NELMONDO

UNA PICCOLA ED AVARA CARITA’
Il G-8 ha deciso di concentrarsi sulla salute delle madri e la mortalità infantile. Ogni anno, nel mondo, 9 milioni di bambini muoiono prima di raggiungere il quinto compleanno. Sono 7,3 miliardi di dollari nei prossimi cinque anni per combattere questa piaga. I padroni di casa del Canada ci tenevano così tanto da stanziare loro stessi il grosso dei finanziamenti. Non è chiaro quali siano i contributi individuali degli altri sette. Saranno coinvolti anche i privati, fra cui la Fondazione di Bill e Melinda Gates, che ha già messo a disposizione 1,5 miliardi di dollari.

MA dove sono finiti gli altri stanziamenti?
Oxfam e Ucodep accusano i leader di non essere riusciti a mantenere la promessa di aiutare i paesi più poveri e di cercare anzi di distrarre l’attenzione. “Non c’è foglia grande abbastanza per nascondere la vergogna delle promesse infrante dal summit, che per simbolo ha adottato proprio una foglia, quella dell’acero canadese.” denuncia Farida Bena, portavoce di Oxfam e Ucodep. “Il fallimento del G8 lascia un’eredità pesante: bambini che non potranno andare a scuola, malati che non potranno essere curati e un miliardo di affamati che continueranno a rimanere senza cibo. In realtà i paesi del G8 stanno semplicemente rimescolando gli stessi soldi in modo diverso. L’unica promessa che conta veramente è quella fatta a Gleneagles (G8 di Scozia) cinque anni fa di aumentare gli aiuti di 50 miliardi di dollari entro il 2010. Ed è proprio questa la promessa che il G8 ha accantonato oggi”. Considerato che globalmente gli aiuti del G8 ai paesi poveri non sono aumentati, l’impegno di donare cinque miliardi di dollari alla salute materna significa che probabilmente questi soldi saranno sottratti ad altri diritti essenziali, come quello all’istruzione e al cibo, avvertono Oxfam e Ucodep.
Al G8 de L’Aquila, per esempio, erano stati promessi 22 miliardi di dollari su un periodo di tre anni per sostenere l’agricoltura nei paesi in via di sviluppo. Tuttavia, Oxfam e Ucodep calcolano che le risorse davvero nuove siano state al massimo sei miliardi di dollari e che il G8 abbia conteggiato due volte gli stessi soldi per altre iniziative, come ad esempio i fondi per permettere ai paesi poveri di adattarsi all’impatto dei cambiamenti climatici.

ANCHE IL G20 DELUDE NESSUNA TASSA SULLE TRANSAZIONI FINANZIARIEToronto, 27/6/2010 – Il G20 ha perso un’occasione d’oro per affrontare la povertà globale, limitandosi a constatare che non c’è accordo su come far pagare il costo della crisi economica alle banche. “Dopo che il G8 ha lasciato cadere nel vuoto il suo impegno di aiutare i paesi più poveri, il G20 ha perso l’occasione di ridurre la povertà attraverso l’adozione di una tassa sulle banche”, commenta Farida Bena, portavoce di Oxfam e Ucodep. “Per usare un linguaggio calcistico, i difensori del Canada hanno impedito agli USA e e all’Unione Europea di fare goal nella partita più importante per l’Africa. Il G20 avrebbe dovuto applicare una tassa al settore finanziario per dare veramente una mano ai 64 milioni di persone impoverite dalla crisi economica”
http://www.ucodep.org/index.php?option=com_content&task=view&id=1912&Itemid=487
La presa di posizione a favore della Tobin Tax dell'economista Jeffrey Sachs

La grave situazione del NIGERL’associazione Save the Children evidenzia che ogni 4 secondi muore un bambino per malattie prevedibili e curabili come diarrea, polmonite, complicazioni neonatali. In occasione del G8 in Canada, l’associazione ha lanciando l’allarme sulla situazione in Niger, dove 400mila bambini rischiano di morire di fame entro l’estate. “Nel Paese africano è in atto una catastrofe umanitaria, dovuta alla carestia e all’aumento dei prezzi degli alimenti. Se non si interviene in modo massiccio e immediatamente, 400mila bambini vanno incontro alla morte nei prossimi giorni”.
Nei giorni scorsi anche la Caritas Internationalis ha lanciato un appello per la regione del Sahel n cui si spiega che la situazione attuale è persino peggiore di quella del 2005, che aveva avuto conseguenze gravissime. Sono almeno dieci milioni le persone che in questa regione africana si trovano ad affrontare una grave carenza di cibo. Il Paese più colpito è il Niger, dove a rischio fame sono ben 8 milioni di persone, la metà dell’intera popolazione. Ma anche aree del Ciad, del Mali e del Bourkina Faso sono in una situazione difficile. Anche il Vice-segretario generale dell’Onu, John Holmes ha messo in allerta i meccanismi dell’intervento umanitario nella regione del Sahel. [GB]

http://www.unimondo.org/Notizie/Ong-i-G8-sono-in-debito-di-20-miliardi-e-allarme-carestia-in-Niger

IL RUOLO DI BERLUSCONI SULLA TASSA SULLE TRANSAZIONI FINANZIARIE

BERLUSCONI,RIDICOLA TASSA FINANZA UE;MERKEL,SÌ UNANIME/ANSA PREMIER,DECISIVO VETO ITALIA; BERLINO,ANCHE DA SOLI SENZA OK G20 (ANSA) - ROMA, 20 GIU - Si apre una crepa fra Italia e Germania sul fronte della tassa sulle transazioni finanziarie a livello europeo. Non usa mezzi termini il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, verso una misura nei cui confronti l'Italia è stata da sempre molto fredda, al contrario della Germania, sostenuta anche dalla Francia, che ha sempre caldeggiato tale forma di imposizione anche solo a livello europeo. La tassa sulla finanza è «ridicola», ha spiegato Berlusconi, intervenendo telefonicamente al debutto della Fondazione Liberamente e sottolineando di credere di «aver reso un buon servizio al mio Paese e anche all'Europa con il veto sulla tassa sulle transazioni finanziarie» che riguardasse solo quelle effettuate sulle Piazze del Vecchio Continente. A giudizio del premier, questa imposizione «se fosse stata approntata solo dall'Unione Europea e non dagli altri grandi Paesi avrebbe spostato negli Usa e in altri Paesi» la mole delle transazioni finanziarie internazionali. Berlusconi fa riferimento al pressing esercitato dall'Italia in sede di Consiglio Europeo, con il risultato di portare all'attenzione del G20, e quindi da un livello europeo ad un contesto mondiale, il tema della tassa sulla finanza. La posizione del presidente del Consiglio è però comunque in netta antitesi con quella delineata dal cancelliere tedesco, Angela Merkel, proprio in occasione dell'ultimo Consiglio europeo della settimana scorsa: «Oltre alla tassa sulle banche, oggi abbiamo deciso anche di proporre al G20 una tassa sulle transazioni finanziarie globali», aveva detto Merkel, sottolineando che «una iniziativa globale sarebbe meglio, ma se non riusciamo a convincere il G20, possiamo fare qualcosa anche da soli». Un'ipotesi che potrebbe diventare realtà, visto che una tassa di questo tipo non ha mai raccolto particolari entusiasmi in sede di G20. Non è un caso, quindi, che oggi non si sia fatta attendere la reazione di Berlino, affidata alle parole di un portavoce del Governo, che ha evidenziato come «le conclusioni sono state approvate da tutti i capi di Stato e di governo del Consiglio europeo», senza nessun veto di sorta, se non quello della Repubblica Ceca che si è riservata il diritto di introdurre nuove tasse, in particolare quelle sugli istituti bancari. Il portavoce ha citato esplicitamente il voto unanime anche sull'articolo 17 della delibera del Consiglio, sottolinea la necessità di «esplorare e sviluppare ulteriormente» l'eventuale introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie su scala mondiale, perchè «la risposta dell'Unione alla crisi deve continuare ad essere coordinata a livello globale per assicurare la coerenza delle misure sul piano internazionale».(ANSA). BAC 20-GIU-10 20:31

CERTO CHE UNA TASSA SULLE TRANSAZIONI FINANZIARIE E’ MEGLIO CHE VENGA PRESA DA TUTTI I PAESI; MA IL RUOLO DI “ESSERE CONTRO” GIOCATO DA BERLUSCONI ED ALTRI LEADER E’ STATO UN RUOLO DI AFFOSSAMENTO DELLA PROPOSTA. L’AVARIZIA DI BERLUSCONI HA INCONTRATO L’AVARIZIA INTERNAZIONALE.(f.z)
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immagine “barca di migranti e pescecani” © Antonio Pilato; il pittore ha dedicato un’ampia produzione artistica sul tema visionabile su http://pilatoweb.altervista.org/home.htm

venerdì 25 giugno 2010

Gelmini, materia insegnata in inglese alle superiori


Gara internazionale di servilismo.


Ecco la dichiarazione del Ministro Gelmini in un recente convegno: con la riforma "è prevista la possibilità nell'ultimo anno delle scuole superiori di insegnare una materia in lingua inglese. È un segnale importante di una scuola che si apre allo scenario internazionale".A dire il vero questa invenzione viene dall’impianto riformista della Moratti e da una “cultura” di servilismo che si è insediata nel Ministero della pubblica istruzione, “cultura” alla quale hanno collaborato anche “pensatori” di sinistra.
Si propone una forma di scimmiottamento: un insegnante italiano che parla a studenti italiani e che cerca di fargli comprendere in inglese una lezione di matematica o di scienze. Durante la lezione di matematica gli studenti che avranno capito l’equazione di secondo grado dovranno sforzarsi di fare le domande in inglese, l’insegnante ripeterà la spiegazione in inglese, magari aggiungendo in inglese qualche imprecazione per la disattenzione degli studenti.
Perché questa pantomima? Per aprirci allo scenario internazionale? Diciamo per dimostrare a tutto lo scenario internazionale il nostro servilismo, non tanto alla cultura inglese che è una grande cultura, ma servilismo all’utilità, al profitto immediato di una sub cultura mediatica e di mercato. Servilismo che adombra la lingua italiana come veicolo di una grande cultura nata diversi secoli prima della stessa fondazione dello Stato italiano.
Esaminiamo la questione sotto il profilo didattico e sotto il profilo giuridico.
Sotto il profilo didattico
Alla scuola Italiana occorre un buon insegnamento della lingua inglese nelle ore dedicate allo studio della lingua inglese. Questo è il problema da risolvere e senza ricorrere ad strani marchingegni. Ma come è stato affrontato il problema da governi e ministri: nelle elementari l’insegnamento della lingua inglese è stata tolto agli insegnanti esperti, per risparmiare ed è stato affidato ai maestri solo sulla base di qualche corso di aggiornamento; nelle medie inferiori e superiori si è cercato di risparmiare sulle ore curriculari di lingua inglese; non si è affrontato un apprendimento moderno; si è investito pochissimo sui corsi di recupero per gli studenti in difficoltà; si sono fatti pochi scambi culturali ed è stato raro l’utilizzo di insegnanti di lingua madre.
Lo stato dell’insegnamento dell’inglese e pessimo e oggi si inventa il fiore all’occhiello di altre materie curriculari insegnate in inglese.
Si può accettare che nella scuola vengano insegnanti inglesi per fare scambi culturali, e in tal caso le loro conferenze e lezioni si possono svolgere in inglese, ma non si può arrivare al ridicolo di autoimporci insegnamenti in inglese per le nostre materie curriculari.
Sotto il profilo giuridico
Un cittadino italiano nella scuola italiana ha il diritto di ricevere gli insegnamenti delle diverse discipline nella lingua italiana.
Qualcuno potrebbe ricordare che per questa pretesa giuridica non si riesce a citare nessun articolo della Costituzione. Sì, è vero i nostri “padri” costituzionalisti si sono dimenticati di inserire la lingua italiana come lingua dello Stato. Diverse iniziative della stessa Accademia della Crusca si sono operate per l’inserimento esplicito in Costituzione del richiamo alla lingua italiana (per una disanima della questione ho inserito in coda a questo post alcuni link utili). Nonostante ciò si può ribadire la volontà implicita dei “padri” costituzionalisti, infatti: l’art. 5 recita che la Repubblica è una ed indivisibile, e l’art. 6 recita che la Repubblica “tutela con apposite norme le minoranze linguistiche”. Questa formulazione esprime senza equivoci che la lingua dell’Italia è l’Italiano, che tutti gli atti pubblici (compreso l’insegnamento nella scuola pubblica) vanno svolti in lingua italiana.
25/06/10 francesco zaffuto


Alcuni link su lingua italiana e Costituzione
http://www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/settimana_lingua_italiana_2009/Italiano_in_Costituzione.pdf

mercoledì 23 giugno 2010

La marchionneria e i risultati del referendum di Pomigliano

La marchionneria ora deve fare i conti con i risultati del referendum di Pomigliano


Su 4.881 aventi diritto hanno espresso il loro voto 4.642 tra operai e impiegati (239 non si sono presentati al voto, in pratica ci hanno messo la faccia contro lo stesso referendum). Le schede bianche 22 e quelle nulle 59 (altri 81 lavoratori che si sono detti contrari al referendum pur non mettendoci la faccia).
I Sì sono stati 2.888 il 62% dei voti (in pratica sono i lavoratori che hanno detto che sono disposti ad accettare per mantenere il loro posto di lavoro; non hanno detto che sono felici dell’accordo ma che sono disposti a sopportarlo per non perdere il lavoro).
I No sono stati 1.673 il 36% dei voti (in pratica sono i lavoratori che non sono disposti ad accettare il ricatto sui diritti del lavoro; non hanno certo detto che sono felici di perdere il posto di lavoro).
I Sì misurati sul totale dei lavoratori sono solo il 59%.
Su 4881, ben 2000 hanno manifestato una qualche contrarietà all’accordo e 2.881 (molti masticando amaramente) hanno detto Sì. Possiamo dire che gli operai si sono espressi per continuare a lavorare ma non gradiscono i ricatti.Marchionne che si aspettava un plebiscito o almeno il 70% dei Sì, ora si riserva di prendere le decisioni finali, aveva già avvisato che non gli bastava uno striminzito vantaggio. Come a dire: fate pure il referendum ma poi decido sempre io.(per i dati si è fatto riferimento a http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2010-06-23/pomigliano-dice-marchionne-080100.shtml?uuid=AYv4PN1B )

Si può chiamare marchionneria: la febbre che si manifesta come voglia di fare contratti aziendali capaci di scardinare diritti generali; la nuova febbre comincia a insediarsi negli imprenditori italiani ed è riuscita a coinvolgere alcune componenti sindacali.

Diritto di sciopero e regole per la retribuzione in caso di malattia, non possono essere oggetto di una contrattazione aziendale; gli accordi aziendali possono avere per oggetto salario e tempi di lavorazione. Marchionne poteva ottenere anche un buon accordo se si limitava agli istituti contrattabili, ma si è fatto suggerire da sociologi, psicologi del lavoro e sindacalisti un po’ arruffoni.
Conviene a Marchionne e alla Confindustria, cercare di curarsi dalla marchionneria, smettere con l’idea di dividere gli operai. Gli operai non hanno interesse a proteggere l’assenteismo, ma non possono con la scusa della lotta all’assenteismo rinunciare ai propri diritti. La marchionneria è assurda anche per gli imprenditori, non è possibile pensare ad aziende dove ci sono più diritti in concorrenza con quelle con meno diritti. La stessa Marcegaglia deve convincersi che la strada del cavallo di Troia di Pomigliano è una strada che non porta a buoni risultati.
La cosa migliore è quella di aggiustare l’accordo di Pomigliano, se ne debbono convincere anche alcuni “soloni” del sindacato. Le regole su diritti di sciopero, malattia, sicurezza nel lavoro sono regole che debbono valere per tutti i luoghi di lavoro e debbono avere carattere di norme generali, si possono anche modificare ma per tutti.
23/06/2010 francesco zaffuto

martedì 22 giugno 2010

Arrivederci Lillo


Arrivederci Lillo,
è stata luminosa la vita
quando la speranza l’alimentava,
è stata difficile
quando la malattia e le pesanti cure
l’hanno circondata e prosciugata.
Ci sarà da qualche parte,
negli infiniti spazi,
una vecchia osteria
per raccontarci tutti amici scomparsi


22/06/2010 francesco zaffuto
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(immagine “fiori nella nebbia” acquerello © francesco zaffuto)

sabato 19 giugno 2010

UE, il Governo e gli aggregati del debito

NON

TI

PREOCCUPARE


STAI BENE

STAI BENE

GRAZIE

AGLI

AGGGREGATI


Ma cosa sono gli aggregati? Pillole di saggezza. Di chi il merito? Ovviamente del Governo.

Grande soddisfazione del Governo sulle conclusioni dell’ultimo vertice UE di Bruxelles che hanno visto accogliere la proposta italiana di considerare nella misurazione del debito, per definire il grado di salute dell’economia di un paese, non solo il debito dello Stato ma anche quello dei privati.
Per il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, quello raggiunto a Bruxelles è «un successo straordinario», mentre il capo della diplomazia italiana Franco Frattini ha sottolineato come il premier Berlusconi «abbia agito da statista in Europa, con fermezza e visione strategica».

Ma di che cosa si tratta?

Nel misurare l’indebitamento dell’economia di una paese membro della Ue non si farà riferimento al solo debito dello Stato, ma anche al debito delle famiglie e al debito delle imprese non finanziarie.
Grazie a questo tipo di misurazione risulta che l’Italia a fronte di un debito pubblico del 118% del Prodotto interno lordo ha un debito delle famiglie per il 39,3% e dell’imprese per il 79,9%.
In questo modo l’Italia risulta più virtuosa di altri paesi;
Inghilterra: debito dello Stato 68,6% - famiglie 100,1% - imprese 114,4%;
Svezia: debito dello Stato 42,1% – famiglie 74,2% – imprese 152,7%.
L’Italia risulta addirittura vicina “nei totali” alla Francia: debito dello Stato 76,1 %- famiglie 50,7% – imprese 104,5%.

POSSIAMO ESSERE VIRTUALMENTE CONTENTI.
MA CERTO NON DEL COMPORTAMENTO DEL NOSTRO STATO che ha un debito pubblico più alto di quello greco (112% del Pil).

In pratica non siamo conciati tanto male grazie alla propensione al risparmio delle famiglie italiane e grazie a tante piccole imprese che sono finanziate spesso con il solo capitale proprio.
Non possiamo certo essere contenti dei nostri governi che si sono comportati in modo diametralmente opposto alle famiglie italiane ed hanno speso sempre più di quello che incassavano.

Buona parte del debito dello Stato italiano in BOT e BTP è stato acquistato non solo dalle banche ma dalle stesse famiglie italiane.
Le famiglie italiane si sono caratterizzate per il risparmio, per l’investimento nel mattone e per l’investimento in titoli dello Stato; questo nonostante il pressante invito al consumo e all’indebitamento fatto nella propaganda televisiva. L’ acquista a rate, l’accedi al credito al consumo e vivi alla grande.... è stato un comportamento limitato solo a una parte degli italiani.

Di questa tradizione di risparmio delle famiglie italiane oggi si fa un merito Berlusconi, oggi che è costretto dalla UE a ridurre il debito dello Stato per far fronte alla speculazione finanziaria internazionale.

Ben venga la misurazione anche per aggregati; ma se i tagli della finanziaria riguardano il tempo pieno a scuola, gli asili, l’assistenza, nei fatti si vanno a colpire le famiglie virtuose dell’aggregato che tanto felicemente è stato presentato all’Europa.
Le famiglie che riuscivano a risparmiare oggi cominciano a farlo molto meno, e riducono gli stessi consumi, non è certo un buon modo per uscire dalla crisi quello di colpire l’elemento virtuoso dell’aggregato.

I tagli ai costi della politica non intende farli lo Stato centrale, non intendono farli le Regioni e neanche i Comuni. Per quanto riguarda le Province si continua a sostenere la loro costosa esistenza. Il finanziamento pubblico ai partiti non viene certo dimezzato, sulla diminuzione di stipendi ai parlamentari e di auto blu non si parla più.
19/06/2010 francesco zaffuto
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(immagine “Giurlanno e la crisi economica” fotocomposizione © liborio mastrosimone http://libomast1949.blogspot.com/)

venerdì 18 giugno 2010

No alle trivellazioni nel Mediterraneo

Possiamo immaginarci per un attimo: cosa potrebbe accadere se un incidente simile a quello del Golfo del Messico avvenisse nel Mediterraneo ?

Eppure c’è chi trivella nel Mediterraneo, vicino l’Italia, con autorizzazioni concesse dal Governo italiano, vicino l’isola d’Elba nel Tirreno e vicino le isole Tremiti nell’Adriatico.

Una interessante inchiesta di LUIGI CARLETTI del 18 giugno2010 pubblicata su Repubblica mette a nudo la corsa italiana al greggio.
http://www.repubblica.it/cronaca/2010/06/18/news/trivelle_italia-4937699/?ref=HREC1-3

I dati diffusi da Greenpeace

http://www.greenpeace.org/italy/news/trivellazioni-permessi


Ancora oggi 18 giugno il petrolio fuoriesce invadendo le acque del Golfo del Messico, tutte le soluzioni fino ad ora messe a punto hanno fallito nel compito di fermare la marea nera, le chiazze di petrolio minacciano le coste cubane. Si rivela in modo evidente che le trivellazioni in mar

e sono pericolose, e non è cosa semplice provvedere con immediatezza con tappi e campane.

Una fuoriuscita di greggio nel Mediterraneo, simile a quella del Golfo del Messico , metterebbe a k.o. diversi paesi europei e del nord Africa, distruggerebbe le risorse ittiche, sarebbe difficilmente superabile per le caratteristiche del nostro mare.
Confiniamo con l’oceano Atlantico solo per lo stretto di Gibilterra, il Mediterraneo è un grande mare chiuso con un equilibrio vitale interno.
Per le trivellazioni nel Mediterraneo non può bastare l’interesse di una società petrolifera privata e neanche l’autorizzazione di singoli stati.
Le trivellazioni nel Mediterraneo dovrebbero essere drasticamente proibite.
Quando ne cominceranno a parlare i nostri governanti europei?
18/06/10 francesco zaffuto

nuovo post
Prestigiacomo, no trivellazioni fino a 5 miglia

martedì 15 giugno 2010

Tremonti, la zavorra e l’art. 41

Ma cosa dice l’art. 41 della Costituzione, che secondo Tremonti determina la produzione di “zavorra e 1 km quadrato di regole”, (frase pronunciata il 13 giugno alla festa nazionale della Cisl a Levico Terme, in Trentino)????


Art. 41.


L'iniziativa economica privata è libera.


Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.

La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.


Il primo comma non pone alcun limite ed è chiaramente esplicito nel definire libera l’attività d’impresa.
Il secondo comma non pone limiti burocratici ma limiti per garantire altre libertà sociali. La libertà d’impresa non può distruggere le coste e il territorio; non si può certo considerare libertà d’impresa la produzione inquinante o l’istigazione alla prostituzione.
Il terzo comma parla di “programmi e controlli opportuni”.
Se fino ad oggi i Governi della Repubblica si sono sbizzarriti in controlli INOPPORTUNI, BUROCRATICI, INUTILI, STUPIDI, producendo 1 Km quadrato di regole l’anno, si può dare la colpa a questo terzo comma dell’art.41 della Costituzione?????????????
L’art. 41 è un articolo di carattere generale che afferma il principio di equilibrio tra libertà di impresa, altre libertà individuali e indirizzo sociale dello Stato. Come gli altri articoli della Costituzione poi fa riferimento alle leggi attuative. Se poi le leggi attuative in Italia hanno determinato privilegi per grandi imprese e strozzature burocratiche per le piccole imprese non è certo colpa di tale articolo.
Nonostante la necessità di controlli dell’art. 41 la campagna della Campania si è trasformata in un deposito di rifiuti tossici; un capitalista come Berlusconi si fece fare (durante la cosiddetta prima Repubblica) una legge per detenere tre canali televisivi (procedura che faceva impallidire gli USA, molto attenti alle concentrazioni monopolistiche).
Le migliaia di regole sono state capaci di proibire a un ragazzo di vendere per strada giornalini e fumetti di seconda mano e hanno lasciato mano libera a costruttori senza scrupoli.
Non è colpa dell’art. 41 Sig. Ministro Tremonti ma è colpa di una mentalità burocratica e predona che organizza regole per soffocare ogni piccola attività, poi inventa meccanismi di aggiramento delle regole, e infine assenza di controlli sulle infrazioni più gravi; il tutto ha determinato l’espandersi del lavoro nero e della conseguente evasione fiscale.
Ben venga la diminuzione delle regole e ben venga l’attenta applicazione di poche regole. Ma non si spacci l’art. 41 come un ostacolo al superamento della crisi economica. C’è da pensare che questa voglia di mettere mano alla Costituzione sia proprio un alibi per rinviare le necessarie riforme per uscire dalla crisi. Si può dare così la colpa alla Storia, ai comunisti, ecc. ecc..
15/06/10 francesco zaffuto

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(immagine “Giurlanno e gli ingranaggi della Storia” fotocomposizione © liborio mastrosimone http://libomast1949.blogspot.com/)
risposte su altri siti e blog
su
di Davide Gambardella

Mi trovo d'accordo con lei, il problema di carattere burocratico non è soltanto riconducibile all'art.41, come vuole far credere il ministro Tremonti. Ho tentato di sottolineare anche un altro aspetto, che riguarda il giro di vite che interesserà i lavoratori dipendenti. In sostanza il ministero cerca di responsabilizzare maggiormente le maestranze, ma non sappiamo fino a che punto saranno rigidi questi nuovi parametri che il Tremonti vorrà adottare. Sarà sulla stessa scia di BrunettA?

giovedì 3 giugno 2010

le dimissioni di Koehler e l'Afghanistan


Pirandello in Germania
Poco rilievo ha dato la stampa in Italia alle dimissioni del Presidente della Germania Koehler. Eppure si tratta della più alta carica dello stato tedesco. Forse si sono volute archiviare le frasi che hanno provocato le dimissioni dello stesso Koehler. Ecco come l’Ansa ha riportato le frasi del presidente tedesco
"Un Paese delle nostre dimensioni, concentrato sull'export e quindi sulla dipendenza dal commercio estero, deve rendersi conto che... sviluppi militari sono necessari in un'emergenza per proteggere i nostri interessi - aveva detto Koehler a una radio tedesca durante una visita in Afghanistan il 22 maggio scorso -, ad esempio per quanto riguarda le rotte commerciali o per impedire instabilità regionali che potrebbero influire negativamente sul nostro commercio, sull'occupazione e sui redditi".In pratica Koehler nel parlare di impegno militare in Afghanistan aveva dato non la solita visione di “missione di pace”, ma una visione più ancorata a reali interessi, una visione più cinica. Immediatamente la posizione del presidente era stata duramente criticata sia dall'opposizione, sia da esponenti della coalizione (Cdu-Csu, Fdp) guidata dalla cancelliera Angela Merkel. Lo stesso ministro della Difesa tedesco, Karl-Theodor zu Guttenberg, aveva preso le distanze dal presidente della Repubblica.
E Koehler si è dimesso, come a volere dare una testimonianza pirandelliana del “Cosi è se vi pare”.In Italia dove la visione della missione in Afghanistan è consolidata come “missione di pace”, dove la sola messa in discussione di una scadenza posta da Di Pietro viene demonizzata, si è preferito glissare sui commenti al caso Koehler. Eppure di Afghanistan siamo costretti a parlare quando arrivano alcuni italiani morti o feriti.
In Afghanistan: i russi persero una guerra contro i talebani allora sostenuti dagli americani, i talebani vinsero quella guerra e instaurarono un regime antioccidentale, il paese è un crocevia per il traffico dell’oppio, dopo l’11 settembre è stato individuato dagli americani come un covo dove si poteva annidare il terrorismo, le potenze occidentali su invito americano intervengono militarmente, sono passati più anni di guerra e gli occidentali sostengono un governo in qualche modo compromesso con grandi traffici, il governo non è sostenuto dalla popolazione di gran parte del territorio afgano, i morti americani sono tanti e si preferisce parlarne ben poco.
La logica di chiamare un intervento militare “missione di pace” non può essere digerita, occorrono strategie di pace per uscire da questa crisi e costruire la pace.
03/06/10 francesco zaffuto
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immagine “intrigo” fotocomposizione © liborio mastrosimone http://libomast1949.blogspot.com/)