martedì 24 gennaio 2017

Corte Suprema: la brexit deve passare dal Parlamento

Con un voto di 8 giudici a 3, la Corte Suprema ha deciso che è necessario un voto della camera dei Comuni e della camera dei Lord per decidere di dare formalmente inizio all’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europe.
    Theresa May ha così perso per la seconda volta la battaglia legale, sconfitta l’autunno scorso dall’Alta Corte di Londra,  ora di nuovo sconfitta dalla più alta autorità giudiziaria del regno.
E’ possibile che il dibattito in aula cominci assai presto, nel giro di giorni o settimane. La premier May ci tiene a mantenere la scadenza da lei stessa fissata, secondo cui l’avvio della trattativa con la Ue sulla secessione deve cominciare “entro la fine di marzo”. E’  sua intenzione avviare il negoziato entro giugno.
La previsione generale è che nessun partito si opporrà radicalmente ala brexit; ma Jeremy Corbyn, leader laburista, afferma già che il voto del parlamento sulla Brexit dovrà “avere significato”, insomma essere più un semplice sì alla decisione del governo: l’opposizione cercherà di porre dei paletti, delle condizioni agli obiettivi elencati di recente da Downing Street. Il partito liberal-democratico forse chiederà che  ci sia un secondo referendum popolare sulla brexit, per permettere eventualmente al popolo di ripensarci.
Se da un lato i giudici hanno dato torto al governo, dall’altro gli hanno dato ragione: negando il diritto dei parlamenti autonomi di Scozia, Irlanda del Nord e Galles di votare a loro volta sulla Brexit, un’ipotesi che avrebbe aperto scenari ancora più incerti, considerato che due delle regioni autonome, Scozia e Irlanda del Nord, hanno votato a grande maggioranza per restare nella Ue e ora minacciano apertamente la secessione dalla Gran  Bretagna per continuare a fare parte dell’Europa.
 “Non è una vittoria per me”, commenta all’ingresso della Corte Suprema una raggiante Gina Miller, la donna d’affari che ha messo in moto l’iter giudiziario presentando ricorso all’Alta Corte per chiedere che il parlamento avesse voce in capitolo. “E’ una vittoria per la democrazia”. 
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