mercoledì 4 agosto 2010

Scorciatoie, utopia e necessità



Svegliarsi quando si comincia ad essere vecchi, con qualche acciacco (se l’acciacco non è grave) può essere utile, ti rendi meglio conto che non sei immortale e che attorno a te navigano costantemente accidenti e microbi. Se poi sono le sei del mattino, e non c’era motivo di svegliarsi così presto, riuscirai ad essere anche tu un accidenti per chi dorme ancora. Se poi è il giorno del tuo compleanno riesci a perdonarti e cominci a fare delle riflessioni come se fossero il sale della terra.
Vediamo: tra un giovane e un vecchio la differenza sono gli acciacchi e questa l’ho capita. Ma quale differenza c’è tra l’essere giovani oggi e l’esserlo stati tempo addietro. Chi è stato giovane nel ’68, come me, rimane stupidamente presuntuoso e ibernato in una condizione giovanile eterna. Ahh...noi sì...eh eh...perbacco. Ma siamo solo stati un po’ fortunati perché in quell’epoca si poteva credere in qualche scorciatoia per cambiare il mondo. Tutto qua: la revolucion amigo. I giovani di oggi non hanno quella scorciatoia, all’orizzonte non spuntano bandiere; alcuni desiderandole si deprimono e altri si sono fatti convinti che non possono spuntarne mai.

Questi giovani non sono .... ehh ...eh... ecc. . Evitiamo di dare fiato al presuntuoso di turno.
Questo è un mondo dove sono scomparse le scorciatoie e i problemi si sono ingigantiti. Questo è un mondo con la natura in scadenza, il clima in scadenza, con uomini che continuano a nascere e ogni uomo si crede un centro, tra poco 9 miliardi di centri, centri che pensano di avere delle idee ma con idee di terza mano, dove tutti si credono diversi, importanti o depressi che è la stessa cosa, dove l’egualitarismo non è di moda e la libertà non si capisce cosa sia. Un mondo che non ha tempo, con il tempo di una Storia che sta dietro densa di cazzate e di violenza, piena di faraoni e di cesari. Un mondo dove ci sta ancora chi cerca la terra promessa senza capire che quella terra è il pianeta. Con uomini che cercano un riconoscimento come popolo, come razza, come cultura, senza passare dal riconoscimento dell’uomo, dalle sue miserie e dal dignitoso desiderio di un briciolo di felicità.
Un mondo così ha bisogno di una grande utopia, non una di quelle utopie che si deve realizzare in un tempo lontano: una utopia grande e urgente. La revolucion amigo? Ancora, ancora più grande: un mondo unito, senza eserciti, anzi con un solo esercito impegnato a pulire la terra e a produrre alimenti, dove ogni uomo è ben lieto di lavarsi i suoi pedalini senza pretendere schiavi, dove il pensare è usato per capire il senso più profondo della parola libertà.

“Non stai dicendo niente di nuovo amigo, l’hanno già detto altri pazzi prima di te e qualcuno è finito pure male. “ Va beh so pazzo, questa volta però solo questa pazzia vi può dare una chance per salvare le vostre ch....

04/08/48 francesco zaffuto

4 commenti:

  1. La revolucion amigo...dici poco?
    Ma io vorrei sprecare due parole su questo, perchè deve partire da dentro e da noi, non possiamo dimenticarci anche questa volta di parlare allo spirito, dello spirito.
    Non possiamo partire come facemmo allora da quello e poi dimenticarlo sull'altare del mostro "Pragma".
    Questo è il compito arduo dei giovani oggi modificare il paradigma, partendo da presupposti e postulati differenti.
    La revolucion amigo, come dici e sei persino convincente. In quegli anni noi partimmo da un bisogno dell'anima da cose alte, "giustizia" "eguaglianza" "libertà", ma via via permettemmo che s'abbassasero per parlare del mondo...giusto, certo, ma era postulati ed invece li perdemmo un poco, consegnando ai giovani un mondo un poco scassato...non ripetiamo quell'errore.

    Un caro saluto e ti rinnovo gli Auguri di Buon Compleanno. :)

    P.s. Ho risposto al tuo commento sul mio blog, fai un salto a leggerlo se ti va.

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  2. Sono Giandiego ed anch'io trovo doveroso di commentare questo post. Lo faccio per almeno due buoni motivi, forse persino tre. Primo Ho vissuto quesgli anni e colgo nel tuo scrivere il gusto dell'esperienza diretta, che mi piace di riconoscere in qualcun altro, secondo voglio con questo ringraziarti di aver linkato il mio post su "verità e democrazia" e di esserti unito ai lettori fissi, terzo ma non ultimo m i sei "caldamente" consigliato da una comune e preziosa amica, per me anche compagna di vita la conduttrice di "Eliotropo". Veniamo però al senso profondo del tuo post. La trasmissione della "visione". Non posso che concordare con Rosa sulla necessità che nel linguaggio che individueremo sia necessaria una misura d'anima, un nuovo paradigma, quello di cui parla Rosa e al quale tu accenni, velatamente, sarà possibile solo se questa misura sarà colmata e se si comprenderà la necessità di parlare al cuore ed allo spirito. Di cambiare il mondo a partire dai comportamenti e dalle relazioni, partendo da noi e da quello che facciamo nella nostra vita e nelle npstre scelte minute. Vedendolo un mndo altro...avendo il coraggio di trasmetterlo e di continuare ad averlo davanti, e riuscire a trasmetterlo non perchè abbiamo imparato una lezione e letto un libro, ma perchè siamo noi il cambiameto che voremmo vedere, come diceva Ghandi. Permettimi quindi di essere prollisso e di aggiungere un linguaggio a questo mio commento che ti sarà, certamente noto, e con il quale forse avrai anche dimestichezza

    QUEGLI ANNI

    Non riesco, anche volendo, ed io non voglio,
    a mi scordar quegli anni
    Quelli di piombo, come voi li chiamaste
    Ma io ero giovane, avevo la speranza
    in un mondo migliore…
    Sì…già dai quei giorni
    Fatto di uguali
    di libertà e giustizia…
    rispetto, spirito,
    amore e conoscenza
    Con l’anima in mano e dentro agli occhi
    Fummo usati…
    voi dite, io non lo credo
    Abbiam sbagliato?…
    Sì…più di qualche volta
    Ma credevamo, facevamo qualche cosa…
    non era il mondo dell’unico pensiero
    Per chiamar qualcuno
    cercavi una cabina
    Era migliore? Io non so giudicare
    Ma quel che oggi è…
    noi lo pensammo ieri
    Voi ci prendeste, come in una provetta
    Ci riduceste a moda…
    atteggiamento
    Poi ci vendeste in edicola a dispense
    Noi eravamo veri
    il sangue ci scorreva
    Ed il dolore…
    anche quello era sincero
    Sì…come la gioia in ciò che facevamo
    Non mi vergogno punto…
    Di quegli anni passati per la strada
    in piazza, esposti
    Urlandovi ogni giorno
    di quella rabbia
    Che dentro a noi non dorme
    Che nonostante tutto
    non sa proprio morire
    Perché voi ci provaste e ci provate ancora
    Ad assopirla, a farla soffocare…
    ognora per mille e mille volte
    Con il silenzio…tacendoci di lei
    Non esponendola nei vostri giornali
    Ma lei…la rabbia…
    sta ancora per la strade…
    Ha la memoria lunga
    NON VI SCORDA
    Ma senza rabbia non si diventa grandi
    Guarda tuo figlio, leggi la sua coscienza…
    Cerca la fede e la sua idea del mondo…
    È li che troverai il nemico…
    quell’unico pensiero che uccide
    che appiattisce ogni speranza
    Quando hai ricordi stai diventando vecchio
    Ma la memoria è storia…
    ed è retaggio
    NON MI VERGOGNO IO…
    NE SONO FIERO
    D’esser stato un ribelle…d’esserlo ancora
    Ed anche quando accondiscendo…
    per bisogno
    Dentro di me alza la testa…cerca respiro,
    ha sete di giustizia…quel ragazzo
    Che si sognava di quel mondo bello
    Dove ogni uomo fosse suo fratello

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  3. Vi ringrazio per i vostri commenti accorati.
    Sì, occorre ricominciare dall’uomo. Rosa parla di spirito, io convengo sulla parola, ma voglio provare qualche traduzione. L’uomo ha un centro che è la sua libertà, ma questa libertà deve coniugarsi con la libertà dell’altro uomo e con la natura. Una sorta di equilibrio della libertà.
    L’uomo continua nella storia a cercare questo equilibrio, alcuni uomini con atti e pensiero hanno dato un grande contributo, Giandiego giustamente cita Ghandi. La cosa che oggi mi preoccupa è il tempo della terra e la confusione degli uomini. Eppure non è tutto negativo quello che ci circonda, nel novecento non c’era certo un movimento per la pace come oggi. Occorre forse dare qualche speranza in più. Occorre trovare anche qualche soluzione per le cose di ogni giorno, a partire da nodi essenziali come la disoccupazione e il lavoro. Di conseguenza la politica diventa importante e non può essere lasciata agli uomini peggiori. Nel contempo ogni giorno occorre lavorare sulle parole per cercare di comprenderci. Non è facile. Saluti

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  4. Non è affatto facile aggiungerei. Rafforziamola sta frase che è proprio vera e sacrosanta.

    Ti rinnovo gli auguri, che sotto queste parole ci stanno meglio.

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