sabato 28 aprile 2012

Buon 1 maggio 2012, anche se non è buono per niente


Lavorare tutti lavorare meno
Disoccupazione e disperazione sono all’ordine del giorno.
Si aspetta la crescita come un miracolo.
E con la crescita si vuole ricominciare da capo con lo stesso sistema produttivo e con gli stessi danni, come se nulla fosse mai accaduto.
E se la crescita non ci sarà?
Aumenterà la disperazione !! … ??
La vera crescita ci può essere se partiamo dai bisogni umani.
Dobbiamo dividere il lavoro che già c’è e la ricchezza che già esiste.
Lavorare tutti lavorare meno
non è uno slogan è un progetto di vita per un futuro migliore.
L'orario di lavoro va ridotto, non va fatto ricorso agli straordinari, va lasciata la possibilità di andare in pensione per far posto ai giovani.
Dividiamo il lavoro che già c'è e creiamone altro. Quale?
C’è ne sta tanto di lavoro … ma proprio tanto.
La terra, salvare la terra, pulirla dall’inquinamento,
coltivarla per ricavarne alimento per tutti,
piantare alberi,
allevare gli animali senza crudeltà,
pescare senza distruggere le riserve ittiche.
Produrre energie non inquinanti.
Riciclare i rifiuti urbani e industriali.
Produrre prodotti non inquinanti,
produrre macchine che funzionano con energie non inquinanti.
Rendere efficienti i trasporti pubblici.
Distruggere le armi
Costruire case per tutti con criteri antisismici, abbattere le case fatiscenti
Ricercare e studiare, aumentare il livello della cultura, dell’informazione e della consapevolezza
Curare i malati e assistere gli anziani.
Lavorare con uomini e mezzi per l’ordine e per una giustizia giusta
Preparare cibi e posti di accoglienza per i turisti e i viandanti.
Curare le stesse istanze in cui deve manifestarsi la partecipazione e la democrazia.
Abbellire la terra con l’arte.
Curare spettacoli per fare ridere e sorridere.

Comuni, Regioni, e Stato debbono farsi artefici di iniziative produttive per creare lavoro in concorso con le iniziative private.

giovedì 26 aprile 2012

ALTRI MILLE


I mille che sbarcarono a Marsala costruirono l’Italia, ma oggi ci sono i mille che non sbarcano da nessuna parte e rappresentano l’Italia: sono i mille dei sondaggi. Vengono interrogati, interpellati con le domande più assurde e più sfiziose, e rispondono sempre a tono rivelando il pensiero di 60 milioni di italiani. Sono loro, sono il Campione di tutti i sondaggi.
Mi chiedo, ma voi siete mai stati uno dei mille? A me non è mai capitato.
Allora mi sorge il dubbio: questi mille sono sempre gli stessi o variano? Se sono sempre gli stessi sono diventati dei veri e propri professionisti della risposta. Ma poco ci viene detto dalle società che gestiscono i sondaggi, poco ci dicono su come viene formato il campione; ci dicono solo il responso dei mille, il responso sulle domande più stravaganti.
Una delle domande più stravaganti proposta ai mille è questa: "votereste una compagine elettorale formata dall’attuale maggioranza che sostiene il governo Monti?" E i mille rispondono. Eppure, la maggioranza dei mille dovrebbe fare lei stessa altre domande: ma che razza di domanda è questa? ma che senso ha fare una domanda su una ipotesi non possibile? perché mi fate questa domanda? Ma ci dicono che i mille hanno risposto e che voterebbero un simile paradosso.
I mille orientano tutto e tutti su realtà esistenti; e creano una realtà immaginaria.
Arrivederci al prossimo sbarco.
26/04/12 francesco zaffuto
Immagine - antica illustrazione dello sbarco dei mille

mercoledì 25 aprile 2012

Cara Angela


Cara Angela,
sei nata ad Amburgo, sei Cancelliere della Germania, non sei francese; che te frega delle elezioni in Francia, che te frega di fare la propaganda a Sarkozy. Se poi vince questo Holland che gli dici appena lo vedi nel primo incontro ufficiale tra governi europei, gli dici che era più bello Nicolas, che poi tutta sta bellezza non era. Capisco che te la intendevi meglio con Nicolas e che riuscivi con un colpo d’occhio a capire le sue battute su Berlusconi; ma è un po’ troppo diventare fans di una competizione elettorale di un altro paese.
Oppure sei così preoccupata della inversione di tendenza, temi così tanto il tracollo della tua stessa politica, temi il tuo tracollo in Germania? Non sarà certo la stampella barcollante di Sarkozy che può salvare la tua politica.
Capisco il controllo dei conti e del debito pubblico dei paesi europei, capisco la voglia dei tedeschi di non pagare in nessun modo i danni degli altri stati "scialacquatori"; ma lo stesso Sarkozy alla fine si rivelerà francese e non diventerà certo tedesco.
Allora, cara Angela, cerca di evitare di fare brutta figura, chiunque vinca rappresenterà la Francia in questa UE malandata.
Un cordiale saluto.
25/04/12 francesco zaffuto
Immagine – bandiera europea

martedì 24 aprile 2012

25 aprile – lontano e vicino


Dal 25 aprile del 1945 sono passati 67 anni, si potrebbe considerare una data lontana nella Storia, il mondo da allora è notevolmente cambiato: tanti regimi sono caduti ad est e ad ovest; in Italia chi si richiamava in qualche modo al fascismo ha fatto parte di governi della democrazia di una pretesa “seconda repubblica”, e chi si richiamava in qualche modo all’antifascismo ha fatto parte di governi della democrazia di una pretesa “seconda repubblica”. Europa, USA e il mondo intero oggi sono travagliati da una crisi del capitalismo finanziario e si cercano soluzioni nuove dove il richiamo alla storia appare difficile.
Sono passati 67 anni, il tempo di un uomo che si avvia a diventare vecchio, una data lontana. Ma sono altri fatti e altre date recenti che ci riportano al 25 aprile come ad una piaga ancora dolorosa: solo pochi giorni fa si concludeva il processo sulla strage di Brescia, senza colpevoli e senza verità processuale; anche le vicende processuali dell’Italicus si conclusero allo stesso modo; sulla strage di Bologna sono rimaste chiazze mai chiarite; per non parlare della lontana Piazza Fontana oggi oggetto di memorie cinematografiche controverse. Queste date e questi fatti, così vicini, ci fanno restare in un tunnel scuro; la matrice fascista degli attentati si confuse con una matrice internazionale e con una matrice complottista; oggi resta il dubbio che possa ancora covare da qualche parte un oscuro disegno. L’Italia ha bisogno di pace ma anche bisogno di verità e l’analisi storica è troppo a ridosso con il quotidiano per potere bastare e pacificare gli animi. Forse uomini che in quegli anni erano al governo potrebbero dirci qualcosa prima di recarsi nel regno dei cieli, ma chissà se lo faranno?
Nella speranza che il 25 aprile, possa diventare lontano per gli eventi dolorosi e possa diventare festa per tutti, cittadini di un paese migliore e più giusto, rinvio il discorso al 25 aprile 2013.
24/04/12 francesco zaffuto
Immagine – foto drammatica della strage di Brescia – tratta da Internet

domenica 22 aprile 2012

UN GIORNO PER LA TERRA


Oggi si celebra la giornata mondiale della Terra. Il 22 aprile del 1970 a San Francisco, il movimento studentesco dà vita a una grande manifestazione per la difesa del pianeta, inizia un movimento elitario che riuscirà a fare breccia nella coscienza di molti in tutto il mondo; nel 1990 l’ONU riconosce il 22 aprile come data simbolica per la difesa del pianeta. Certo l’attenzione per la terra dovrebbe essere accesa 365 giorni l’anno e 366 per l’anno bisestile.
In un interessante articolo del Corriere della sera di oggi, Fulco Pratesi dà delle indicazioni di comportamento quotidiano che possono valere per tutti giorni.
1) Acquistare prodotti locali, 2) Scegliere i prodotti di stagione, 3) Diminuire i consumi di carne, 4) Scegliere i pesci giusti e non i più cari e pregiati 5) Privilegiare i prodotti biologici che non richiedono l'uso di combustibili fossili e di pesticidi, 6) Ridurre gli sprechi, mangiando tutto quello che abbiamo acquistato, 7) Evitare di comprare prodotti con troppi imballaggi, 8) Preferire i cibi semplici della nostra insuperabile gastronomia tradizionale, 9) Bere l'acqua del rubinetto, 10) Cercare di non usare cucine e forni elettrici che divorano molta energia.
Accanto ai comportamenti individuale mi preme puntualizzare che va aggiunta la necessità degli atti politici per determinare comportamenti collettivi e la necessaria partecipazione democratica dei cittadini nella determinazione delle scelte politiche. L’inquinamento industriale di territorio e di acque, lo smaltimento dei rifiuti urbani, gli imballaggi eccessivi, i trasporti inutili, sono tutte questioni che vanno affrontate collettivamente dalla politica; e se la politica è una cosa sporca spetta a noi pulirla.
Siamo già 7 miliardi su questo pianeta e fra qualche anno saremo ancora di più; dobbiamo arrivare a una maggiore consapevolezza del nostro peso di umani rispettando acqua, vegetali e animali.
22/04/12 francesco zaffuto
Immagine – il pianeta terra

venerdì 20 aprile 2012

Più di duemila anni fa…


Più di duemila anni fa, nel 133 a.c. nell’antica Roma repubblicana, il Tribuno del popolo Tiberio Sempronio Gracco fece varare una legge che limitava la proprietà: una famiglia nobile poteva avere 500 iugeri di terreno, più 250 per ogni figlio, ma non più di 1000; i terreni confiscati furono distribuiti in modo che ogni famiglia della plebe contadina avesse 30 iugeri (7,5 ettari). La strada di trovare un limite alla proprietà è una strada antica come la proprietà stessa.
Una idea di ciò che oggi significa ricchezza in Italia ce l’ha data lo studio della Banca d’Italia che ha messo a confronto il patrimonio di soli 10 ricchi italiani con il patrimonio di tre milioni di poveri italiani; in pratica 10 persone posseggono beni quanto 3 milioni di persone. Per consolarci lo studio della Banca d’Italia conclude che il livello di diseguaglianza è comparabile a quello di altri paesi europei.
La più forte giustificazione per la ricchezza è stata la capacità di un ricco imprenditore di fare impresa e di creare lavoro e ricchezza per gli altri. Questa favola della ricchezza che si trasforma in benessere sociale è stata messa definitivamente in crisi da questa ultima crisi economica che ha rivelato il profondo scollamento del capitale finanziario dall’impresa e di conseguenza dal lavoro.
La ricchezza, e in particolare quella formata dal capitale finanziario, é fluttuante sui mercati e opera con continui investimenti e disinvestimenti nei mercati borsistici; porta incertezza, instabilità e determina danni effettivi all’economia mondiale.
La Storia della fine del novecento ci ha mostrato un capitalismo più dinamico di un socialismo reale impastoiato da una burocrazia statale; l’impero Sovietico si è dissolto e la Cina si è nei fatti trasformata in un paese capitalista controllato da un partito unico. Il capitalismo, dopo la crisi dell’impero sovietico, si è presentato al mondo come unica strada possibile, e la sua veste neoliberista è stata propugnata come la migliore delle sue strategie.
La grande crisi economica, di origine prettamente finanziaria, decollata in America e che ha investito tutta l’Europa, ha rivelato tutte le contraddizioni del capitalismo finanziario. Nell’attuale fase si vuole curare il malato con le feci del malato stesso, un pratica medica orrenda; gli stati attendono il giudizio dei mercati e aspettano che chi detiene il capitale finanziario ricominci ad investire. Capitali finanziari, spesso depositati e occultati tramite società offshore, stanno parcheggiati in paesi considerati paradisi fiscali in attesa di ripresa degli investimenti; gli speculatori finanziari nel frattempo continuano a giocare al ribasso su tutte le borse mondiali; forse cominceranno a riacquistare quando le aziende migliori saranno completamente deprezzate e nel frattempo acquistano terre in Africa e in diverse parti del mondo per pochi spiccioli.
Anche se le idee socialiste sono considerate fuori moda (visto che la moda viene dettata dai media mondiali controllati dallo stesso capitalismo finanziario) torna lo stesso prepotente la necessità di porre UN LIMITE ALLA RICCHEZZA e in particolare a quella finanziaria; se non verrà posto un limite essa finirà con il determinare una grande povertà diffusa in tutto il pianeta.
Non è facile controllare la ricchezza finanziaria perché trattasi di una ricchezza sfuggente.. Forse occorre trovare più strade ma è necessario trovare un LIMITE. Il limite potranno darlo gli stati ma la politica deve però essere autonoma dai condizionamenti dei potentati economici.
20/04/12 francesco zaffuto
Immagine – le sculture romane dei fratelli Gracchi
Qualche link …

giovedì 19 aprile 2012

SCORAGGIATI


Sono sicuri di non trovarlo il lavoro e non lo cercano più: sono nel 2011 a quota 1 milione e 523 mila, si tratta del dato annuo più alto dal 2004.

Ecco un link sulla notizia

http://www3.lastampa.it/economia/sezioni/articolo/lstp/450819/

Ma perché, un dato così elevato di scoraggiamento?

Non è facile trovare lavoro, ma non solo: non ci sono strumenti, non esistono graduatorie di attesa, sei superato sempre, molti annunci sono fasulli, spesso i vecchi annunci rimangono sempre inseriti e trovi che stai perdendo tempo, spesso gli annunci sono solo specchietti per le allodole per raccogliere dati, spesso sono le solite aziende che selezionano personale per altre aziende, spesso si tratta di lavori mal pagati, spesso si tratta di stage gratuiti e senza alcuna garanzia di assunzione, perfino per i lavori umili ti chiedono professionalità ed esperienza, in tanti lavori umili trovi la concorrenza dell’extracomunitario che viene considerato più sfruttabile … i motivi sono tanti ….

Alla crisi economica si somma il disastro di avere eliminato completamente le liste di collocamento, l’avere eliminato la minima di obbligatorietà di fare riferimento alle liste stesse, l’aver lasciato il totale arbitrio delle aziende per tutte le assunzioni al 100 % (fatta eccezione per le categorie protette ormai non esiste un minimo di tutela). Si può stare mesi e anche anni a cercare. La “grande riforma” del mercato del lavoro ha ignorato completamente la questione liste di collocamento, ogni azienda viene considerata come un impero a sovranità assoluta.

19/02/12 francesco zaffuto

Immagine – acquarello - un uomo alla riva del mare con il suo mucchietto di poche cose e un cane, incrocia stanco le braccia e il volto sulle ginocchia.

mercoledì 18 aprile 2012

L’ANTIPOLITICA


La parola più in voga in questo momento è l’antipolitica. Nel tentare di capirci qualcosa si scopre che l’antipolitica stranamente diventa essere antipartiti:
Bersani,
«Se c' è qualcuno che pensa di stare al riparo dell' antipolitica, si sbaglia alla grande. Se non la contrastiamo spazza via tutti».
il ministro Andrea Riccardi ,
«Non si può indulgere nell' antipolitica, c' è bisogno dei partiti»
Anche il presidente Napolitano si aggiunge interviene,
"Il marcio si deve estirpare ma guai a demonizzare i partiti, a rifiutare la politica".
C’è da chiedersi cosa significa “partiti”.
Anche solo a prendere la definizione semplice fatta da wikipedia abbiamo:
Un partito politico è un'associazione tra persone accomunate da una medesima finalità politica ovvero da una comune visione su questioni fondamentali della gestione dello Stato e della società o anche solo su temi specifici e particolari. L'attività del partito politico si esplica nello spazio della vita pubblica e, nelle attuali democrazie rappresentative, ha per "ambito prevalente" quello elettorale. http://it.wikipedia.org/wiki/Partito_politico
Allora finito un partito ne può ben nascere un altro. Non si può dire certo che la politica coincide con l’attuale immortalità degli attuali partiti, magari i più grandi. Per una Lega in crisi non ci si può lamentare se arriva il partito di Grillo; che parla della fine degli attuali partiti. Nei fatti il movimento cinque stelle, alla luce della pur semplice definizione sopra riportata, è un partito a tutti gli effetti, magari con caratteristiche diverse, ma pur sempre un partito.
ALLORA quale è il problema? L’astensionismo? E ve ne siete accorti ora!
Il dato impressionante delle regionali del 2010 dell’astensionismo era del 35,8%.
Strano che tutta la preoccupazione sull’antipolitica venga fuori oggi, a ridosso di una crisi dei maggiori partiti per corruzione e per la messa in discussione del loro finanziamento.
Non è certo antipolitica: voler ridurre il finanziamento ai partiti (o anche eliminarlo); voler ridurre drasticamente lo stipendio ai parlamentari, ai manager di stato, ai consiglieri regionali; voler ridurre drasticamente il numero dei parlamentari; eliminare le province; ridurre complessivamente il costo della politica che oggi costa più della corte di Versailles. E’ solo un modo diverso di intendere la politica ma pur sempre politica. Ben vengano nuovi partiti, e che i piccoli possano diventare grandi. Ben vengano i cittadini se si aggregano in comitati, in gruppi di discussione per promuovere leggi e per partecipare attivamente alla politica.
Altro che la parola antipolitica, la sinistra su qualche parola deve riflettere molto, ne propongo almeno nove di parole : al post 7 + 2 nove parole per la Sinistra
18/04/12 francesco zaffuto
*** CROZZA - ultimo video - su Grillo e altri - del 17/04/12 su Ballarò
Immagine – l’antimateria un buco nero nell’universo – tratta da internet - http://www.passionescienza.it/index.php?l=IT&s=Astronomia&p=i%20buchi%20neri

martedì 17 aprile 2012

GRANDEUR


“e se mi fottono l’orologio …
Grande stima per i suoi fans e per il popolo francese …
(l’orologio in questione pare abbia un valore di 55 mila euro)
Ecco il video di Sarkozy – che vale la pena di vedere
immagine – foto di un orologio di lusso presa da internet, non so quanto vale, non mi intendo di oggetti di lusso -

lunedì 16 aprile 2012

LA MALEDIZIONE DEL DEBITO


Il 17 e 18 aprile in Senato è prevista la votazione della modifica dell’art. 81 della Costituzione che intende introdurre il cosiddetto pareggio di bilancio, e cioè l’obbligo per lo Stato di pareggiare costi e ricavi. Tale dispositivo è un po’ la continuazione del Fiscal Compact (firmato il 2 marzo da Monti e altri patner europei) trattato che stabilisce che il deficit non dovrà superare in alcun modo il 3% del PIL. Il premier spagnolo Mariano Rajoy ha annunciato a Bruxelles che il suo governo si è posto un limite del 5,8%; «decisione sovrana», ha detto. Gran Bretagna e Repubblica Ceca non hanno aderito al trattato e in Olanda il dibattito politico sta ponendo un percorso di riflessione sull’euro. Uno scenario niente affatto unito.
Ma l’Italia con il suo governo e con una maggioranza bulgara è andata avanti.
(AGENPARL) - Roma, 06 mar - L'Aula della Camera approva, per la seconda volta, la proposta di legge sull'inserimento del pareggio di bilancio in Costituzione. La proposta passa con 489 voti favorevoli, 3 contrari e 19 astenuti. La modifica dell'art. 81 della Costituzione passa di nuovo al Senato per la quarta e ultima lettura.
L’opinione pubblica è stata catturata interamente dalle ultime vicende relative alla riforma del mercato del lavoro e della corruzione dei partiti; della riforma costituzionale dell’articolo 81 si è parlato ben poco, come se fosse qualcosa di ordinaria amministrazione. Si tratta in realtà di un evento di portata storica, una diminuzione delle prerogative dello Stato sovrano in ossequio ai trattati UE e di stabilità dell’Euro. In pratica una Europa nei fatti ancora non nata che detta vincoli agli stati sovrani.
Ecco la modifica all’art. 81
Il bilancio dello Stato rispetta l'equilibrio delle entrate e delle spese. Non è consentito ricorrere all'indebitamento, se non nelle fasi avverse del ciclo economico, nei limiti degli effetti da esso determinati, o per uno stato di necessità che non può essere sostenuto con le ordinarie decisioni di bilancio. Lo stato di necessità è dichiarato dalle Camere in ragione di eventi eccezionali, con voto espresso a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti.
I nuovi vincoli potrebbero essere giudicati comprensibili ma … non si potranno fare debiti per stimolare la “cosiddetta crescita” di cui continuano a parlare.
In una Europa dove la disoccupazione è diventata un fenomeno lacerante il FISCAL COMPACT doveva avere come punto di riferimento un EMPLOYMENT COMPACT, un trattato per l’occupazione. Un trattato capace di definire le percentuali di disoccupazione da considerare come limite non valicabile; capace di dettare minimi criteri di welfare per i disoccupati; capace di dettare norme contro il lavoro in nero; capace di creare banche dati per lo sviluppo dell’informazione sul lavoro. Se l’Europa non si pone un obbiettivo occupazionale la stessa Europa è a rischio frantumazione e l’Euro diventa un peso; le quadrature di bilancio diventeranno solo un esercizio contabile vuoto.
16/02/12 francesco zaffuto
AGGIORNAMENTO notizia - Il senato ha approvato la modifica
Immagine – un euro

domenica 15 aprile 2012

E SE DANTE SI ARRABBIA …


In continuazione del post SCHIAVI NELLA MENTE
Dopo la notizia della decisione del Politecnico di Milano di istituire, a partire dal 2014, di corsi di laurea per il biennio finale esclusivamente in lingua inglese, la Società Dante Alighieri ha diffuso questo comunicato che viene riportato qui di seguito.
«La lingua inglese senza dubbio va studiata come lingua veicolare, ma non può in alcun modo sostituire la lingua nazionale». La Società Dante Alighieri - attraverso le parole del Presidente, l’Ambasciatore Bruno Bottai - esprime con decisione la propria opposizione nei confronti della rivoluzione linguistica che il Politecnico di Milano porrebbe in atto nel 2014 proponendo i corsi per gli studenti dell’ultimo biennio della laurea specialistica e dei dottorati esclusivamente in inglese, e abolendo di fatto la lingua italiana.

«Ci siamo battuti per il rispetto della nostra lingua nell’Unione Europea e ogni giorno più di 500 Comitati della “Dante” impegnati in Italia e all’estero lavorano generosamente per valorizzarne il prestigio e la dignità - afferma l’Ambasciatore Bottai -. Non possiamo accettare, dunque, che la presunta internazionalizzazione delle Università italiane comporti il sacrificio di uno degli elementi fondamentali del nostro patrimonio culturale e storico.»

Il richiamo al patrimonio culturale e storico fatto nel comunicato è essenziale e trova riferimento nell’articolo 9 della nostra Costituzione.
Art. 9 La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
L’autonomia delle Università, prevista dal comma finale dell’art. 33, della Costituzione non può prescindere dai compiti dello Stato e chiaramente si esplicita: “Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.”
E’ fuori da ogni dubbio che la lingua italiana è parte essenziale del patrimonio storico e culturale della nazione, che va tutelata in base all’art. 9; e che le Università che erogano servizi per conto dello Stato non possono sottrarsi a tale obbligo.
Le Università debbono inoltre mettere in condizione tutti i cittadini italiani di fruire della cultura senza porre discriminazioni: le lezioni esclusivamente in lingua inglese nei fatti impediranno la fruizione a ogni cittadino italiano che vorrà ascoltare liberamente una lezione nell’ università; e metteranno in difficoltà gli studenti frequentanti di lingua madre italiana, che saranno costantemente sottoposti allo stress continuo di più passaggi mentali impedendo il fluire e la profondità della riflessione e della ricerca nelle diverse discipline.
Per gli aspetti citati ne consegue che studenti o associazioni di cittadini o singoli cittadini, portatori di interesse di difesa della lingua italiana, hanno il diritto di chiedere l’annullamento dell’atto amministrativo del Consiglio di Amministrazione del Politecnico di Milano; annullamento che può essere chiesto dinanzi al TAR.
Mi auguro che la Società Dante Alighieri possa farsi artefice di questa battaglia in sede legale.
(Il testo di questo post verrà inviato alla Società Dante Alighieri)
15/04/12 francesco zaffuto
Immagine – il volto di Dante molto severo di Gustave Dorè

venerdì 13 aprile 2012

SCHIAVI NELLA MENTE


Al Politecnico di Milano dal 2014 si parlerà in inglese. Studenti e docenti del biennio finale e dei dottorati, terranno e seguiranno lezioni solo in lingua inglese
L’operazione sarà portata a termine con un investimento di 3,2 milioni di euro per attrarre anche un corpo docente internazionale.
Il rettore del politecnico Giovanni Azzone (che ha ricevuto la benedizione del ministro Profumo) così si esprime : “ Sapere che nelle nostre università si studia e si parla in inglese incentiverà gli stranieri a investire e a collaborare con noi. Non solo, aiuterà i nostri studenti ad essere più connessi con le università estere”.
E non è solo il Politecnico di Milano su questa strada: quello di Torino negli ultimi sei anni ha chiuso corsi in italiano per riaprirli in inglese; a Roma in inglese ci sono corsi di Medicina e Farmacia; a Pavia corsi di Ingegneria e ed Economia; a Bologna lauree magistrali in Agraria, Scienze e Tecnologia, Scienze Politiche. Quello che era all’inizio una novità di alcune università private ora diventa prassi di diverse università pubbliche.
In pratica l’università italiana per tutti i rami scientifici rinuncia alla sua lingua madre, rinuncia alla sua lingua pensiero; la formulazione concettuale non sarà più fatta in italiano ma in inglese. Nelle università italiane del futuro la lingua di italiana sarà relegata alle facoltà umanistiche; anzi forse solo a quelle di lettere che diventeranno una specie di riserva indiana. Galileo si dovrà esprimere per forza in inglese e Dante sarà utile solo per qualche viaggio all’inferno.
Qualche intellettuale sta cominciando ad intervenire contro questa assurda scelta; nell’articolo del Corriere di oggi sono riportate alcune dichiarazioni.
Solo una mentalità da schiavi poteva arrivare a simili conseguenze. Qui non si tratta di imparare bene una lingua veicolare utile; un buon insegnamento in tutte le scuole di ogni ordine e grado può adempiere a questo compito; qui si tratta della eliminazione della lingua italiana dai più alti livelli di comunicazione del pensiero scientifico. Cancellando la lingua madre come lingua pensiero si determinerà un indebolimento nel pensiero stesso; gli studenti italiani avranno nei fatti uno svantaggio, chi studia sarà costantemente sottoposto allo stress continuo di più passaggi mentali che non favoriranno il fluire e la profondità della riflessione e della ricerca. All’estero le nostre eccellenze non si sono certamente segnalate per la loro brillante conoscenza della lingua inglese, ma per la loro genialità e per le effettive conoscenze scientifiche.
13/04/12 francesco zaffuto
Immagine – profilo di Dante Alighieri dipinto da Botticelli

mercoledì 11 aprile 2012

ERA MEGLIO SE NON PRENDEVO LA LAUREA

Sì, forse era meglio che non prendevo la laurea. Se mi mettevo subito a cercare lavoro appena diplomato un qualche lavoro l’avrei trovato; un impiego del cazzo come magazziniere o un lavoro manuale come apprendista in qualche mestiere; a quest’ora (forse) avrei una situazione stabile e qualche anno di contributi . Ora con la laurea non so come scrivere il mio curriculum: lo do dico o non lo dico che sono laureato? Una laurea umanistica per magazziniere o per servire in un bar serve a ben poco, anzi diventa un handicap, ti senti dire: “questo non è un lavoro per lei”. Per certi lavori umili che sono disposto a fare, perché sono in qualche modo pagati, non ti prendono; e hai voglia a dire che sei ben disposto a farli e che sei capace di farli; ti chiedono l’esperienza pluriennale per pelare patate e poi scopri che hanno dato quel lavoro al silenzioso pakistano che riescono meglio a sfruttare. E quale è il lavoro che resta? Sempre che lo riesci a trovare: il call center per pochi euro al giorno oppure il venditore porta a porta con provvigione oppure il presentatore di prodotti o il procacciatore di affari per una immobiliare; con un rapporto vago e incerto, forse non arrivi 300 euro alla fine del mese.
Sento di politici che per mettersi un fiore all’occhiello si comprano la laurea a suon di quattrini; ma io che ho sudato per ogni esame forse era meglio che ... ( sì forse era meglio che?) … ma ho qualche strumento culturale per mandarvi meglio a fare …
11/04/11 Didimo Chierico

martedì 10 aprile 2012

Finanziamento ai partiti, dubbi atroci


I partiti, dopo il referendum (aprile 1993) che abrogava il finanziamento pubblico con il 90,3% dei voti (ben 31.225.827 di voti espressi), hanno avuto la faccia tosta di varare l’aumento dei rimborsi delle spese elettorali nel dicembre 1993. Con il potenziamento del rimborso delle spese elettorali nei fatti reintrodussero il finanziamento pubblico ai partiti abrogato con il referendum.
Il rimborso delle spese elettorali è un assurdo sul piano logico: lo Stato non può rimborsare sulla base della lista effettiva delle spese il partito A con € 1.000 per manifesti e volantini e nel contempo rimborsare il partito B con € 10.000 per manifesti e volantini, accettando la logica del più spendi e più ti rimborso; sarebbe una logica aberrante e verrebbe a premiare i partiti che d’azzardo spendono di più; di conseguenza il rimborso deve per forza fare riferimento al risultato dei voti in modo forfettario. Il meccanismo del rimborso è solo la scusa per gli idioti, nei fatti si tratta di un pubblico finanziamento ai partiti.
Ricordo che nel 93 al referendum votai per l’abrogazione del finanziamento; oggi alla luce della discesa in campo politico di un miliardario, e con tutte le vicissitudini vissute in Italia, avrei molti dubbi e penso che valga la pena di fare una ulteriore riflessione.
Mi pongo alcune domande, la prima è questa: la natura di un partito è pubblica o è privata? Potrei rispondere che la natura in origine è privata perché parte dall’iniziativa di singoli individui che intendono consociarsi insieme per fare qualcosa; ma le conseguenze di questo fare sono integralmente pubbliche perché si ripercuotono nell’organizzazione dello Stato e nelle decisioni di legge dello Stato stesso; se vogliamo dare peso ai fatti possiamo dire che la natura di un partito è pubblica.
La seconda domanda che mi pongo è: il solo finanziamento privato cosa determina?
Può determinare che i partiti sostenuti dai cittadini con più mezzi monetari diventano potenti e i partiti sostenuti da cittadini con pochi mezzi monetari potranno fare ben poco o sparire. Poiché il finanziamento privato spesso determina commistione di interessi, il lobbismo che in qualche modo condiziona la vita politica finirebbe per condizionarla in modo integrale.
La terza domanda che mi pongo è: quale danno è più grave, quello di un esclusivo finanziamento privato o quello dell’esistenza di un finanziamento pubblico?
Il costo (o danno) di un finanziamento pubblico per i cittadini è ben definito dall’entità delle somme stesse del finanziamento pubblico; il danno di un esclusivo finanziamento privato non è quantificabile. Con l’esistenza del finanziamento pubblico la magistratura (e anche la stessa pubblica opinione) può entrare nel merito del quanto e nel merito del come va speso il finanziamento; con l’esistenza del solo finanziamento privato la magistratura può entrare nel merito solo per casi di evidente corruzione.
A seguito di questa limitata riflessione protenderei oggi per un limitato finanziamento pubblico ai partiti, ed eviterei la sciocca definizione di rimborsi.
LIMITATO e non come è stato fino ad oggi.
INTANTO RINUNCIASSERO AGLI ULTIMI ECCESSIVI FINANZIAMENTI.
Poi, non più di uno o due Euro per ogni voto ottenuto nelle sole elezioni politiche per il Parlamento nazionale e con vincoli di destinazione: divieto di fare operazioni di investimento all’estero, investimenti immobiliari solo per apertura di sedi , divieto di elargire fondi a privati tranne che per gli stipendi di dipendenti assunti con contratto, pagamenti derivanti da fatture solo in relazione alla manutenzione di sedi, propaganda elettorale, manifestazioni e congressi; la parte di denaro non spesa deve essere investita esclusivamente in titoli dello Stato.
Lo stesso finanziamento privato deve essere trasparente e ogni donazione ai partiti superiore a € 10 deve essere documentata. Va posto anche un limite alle donazioni dei privati ai partiti, per fare in modo che non diventino ostaggio di poche persone o di società esterne. Alle società e agli enti vanno proibite le donazioni ai partiti e le donazioni personali non debbono superare € 1.000 l’anno. Le stesse donazioni ereditarie ai partiti vanno proibite; perché i partiti non hanno le caratteristiche di enti di beneficenza, sono gruppi che si candidano alla amministrazione della cosa pubblica.
10/04/12 francesco zaffuto
Immagine – aula del Parlamento

domenica 8 aprile 2012

L'ALLEANZA DI LI CANI

Un sincero augurio a tutti di Buona Pasqua, forse per me che non sono addentro a sentimenti religiosi è solo un augurio di Resurrezione, uno svegliarsi da una cupa notte.
Regalo a tutti questa antica poesia dell'Abbati Meli che si adatta ancora alla nostra società. Per chi riesce potrà gustarla in siciliano, per chi ha difficoltà può ricorrere alla traduzione, posta di seguito, che ho cercato di fare faticosamente evitando per quanto possibile di perdere la sonorità. (f.z.)
L'ALLEANZA DI LI CANI
Tra Concu e Capu di Bona Spiranza,
E in tutta l'Ethiopia ci sù cani
Salvaggi e feri assai, ma chi allianza
Hannu tra d'iddi da antichi Spartani,
Eserciti furmannu e battagghiuni
D'affruntari li tigri, ursi e liuni.

Lu jornu vannu a caccia squatrunati,
Facennu predi di qualunqui sorti,
Poi tornanu a li tani carricati
Di l'animali in guerra o prisi o morti,
E cu esattu economicu bilanciu
Si li spartinu, e fannu lu so ranciu.

Or’avvinni (pri quantu lu vicchiuni
‘Ntra lu tarlatu miu libru truvau)
Chi di sti cani ci nni fu un squatruni,
In cui la gran catina si smagghiau,
Pri l'abbusu di avirsi postetgatu
Lu publicu vantaggiu a lu privatu.

Pirchì turnannu cu la preda ogn’unu
Sinni ammucciava deci e vinti parti,
E dicchiù si spacciava pri dijunu
Pri dumannari l'autra chi si sparti;
Perciò la preda nun putia bastari
Pri tutta la gran chiurma saturari.

Circaru ripari a stu sconcertu
Tutt’obbligannu a li riveli esatti,
Ma nun pigghiaru, pri esseri scuvertu
Lu cunttabbannu, li misuri adatti;
Pirchì tutti sti liggi e sti misuri
L'avìanu impostu li contravventuri

Si agghiuncìa chi li dazj da pagari
Eranu ripartuti tantu a chiddi
A cui l'abbastu vineva a mancari,
Quantu a cui supricchiavacci pri middi
L'unu pagava a costu di la panza,
L'autru menu di menu chi ci avanza.

Sta cosa chi purtau? chi l'osservanti,
Li debbuli, li vecchi, e li malati, .
Cu li ventri ristavanu vacanti,
E li forzi vinevanu mancati;
Parti murianu di consunzioni,
Parti a la guerra 'un eranu chiù boni.

L'uni pri fami, l'autri pri l'eccessu
Di lu manciari abbuttati e gravusi,
Nun putevanu curriri d'appressu
A l'imprisi chiù forti e chiù azzardusi;
Eranu 'nzumma li pochi ristati
Li chiù infingardi e li debilitati.

La cunseguenza fu chi a un primu attaccu
Foru, in locu di battiri, battuti:
Li lupi e ursi ni ficiru smaccu.
Pozza st'esempiu so fari avviduti
Tutti li societati di dd'armali,
Chi vantati si sù razzionali.

Traduzione
Tra Congo e Capo di Buona Speranza
E in tutta L’Etiopia ci sono cani
Molto fieri e selvaggi, ma che in allenza
Stanno tra loro come antichi Spartani,
Eserciti formano e battaglioni
Per affrontare tigri, orsi e leoni.

Di giorno vanno a caccia squadronati,
Facendo prede di qualunque sorti,
Poi tornano alle tane caricati
Di animali presi in guerra vivi o morti,
E con esatto economico bilancio
Se li dividono e fanno il loro rancio

Ora avvenne (per quanto il vecchione
dentro il tarlato mio libro trovò)
Che di questi cani ce ne fu uno squadrone,
In cui la gran catena si smagliò,
Per l’abuso di avere postergato
Il pubblico vantaggio al privato;

Perché tornando con la preda ognuno
Se ne ammucchiava dieci e venti parti
E di più si spacciava per digiuno
Per domandare l’altra che si sparti;
Perciò la preda non poteva bastare
Per tutta la gran ciurma saziare.

Si cerca riparo a questo sconcerto
Obbligando tutti a rivelazioni esatte,
Ma non pigliarono, per essere scoperto
Il contrabbando, le misure adatte;
Perché tutte queste leggi e questi misure
L’avevano imposto i contravventori.

Si aggiunga che le tasse da pagare
Erano ripartite tanto a quelli
A cui il poco veniva a mancare,
Quanto a quelli con soverchio di mezzi
L’uno pagava stringendo la panza
L’altro meno di meno di ciò che avanza.

Che accadde? Che gli osservanti,
i deboli, i vecchi, e i malati,
restavano con le pance vacanti
e li sforzi diventavano mancati:
parti morivano per consunzioni
parti a la guerra non erano più buoni

Alcuni per fame, gli altri per eccesso
Nel mangiare sazi e gravosi,
Non potevano correre appresso
Alle imprese più foti e più azzardose;
insomma in pochi erano restati
i più infingardi e i debilitati.

La conseguenza fu chi a un primo attacco
Furono, al posto di battere, battuti:
I lupi e orsi ne fecero smacco.
Possa questo esempio fare avveduti
Tutte le società degli animali
Che vantano di essere razionali