05/01/10
(immagine – “ritratto di francesco zaffuto 1979” matita © maria luisa ferrantelli)
Autobiografia bidimensionale di Francesco Zaffuto, curatore di questo blog
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Francesco Zaffuto, nato in provincia di Agrigento, nel 1948, risiede a Caltanissetta per tutta la giovinezza, si trasferisce a Milano nell’età matura, vive oggi in Monza.
Sociologo, ex insegnante di economia aziendale, ex sindacalista,
ha scritto alcune raccolte di poesie e alcuni drammi teatrali, informazioni sulle opere su http://groviglidiparole.blogspot.com/ ; per le opere di pittura e consultabile il catalogo su http://cronachedicolori.blogspot.com/
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Francesco Zaffuto, nato in provincia di Agrigento, nel 1948, risiede a Caltanissetta per tutta la giovinezza, si trasferisce a Milano nell’età matura, vive oggi in Monza.
Sociologo, ex insegnante di economia aziendale, ex sindacalista,
ha scritto alcune raccolte di poesie e alcuni drammi teatrali, informazioni sulle opere su http://groviglidiparole.blogspot.com/ ; per le opere di pittura e consultabile il catalogo su http://cronachedicolori.blogspot.com/
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Per quanto si possa entrare nei dettagli, narrare di una vita è sempre parziale.
Mi chiamo Francesco Zaffuto – sono nato a Grotte in provincia di Agrigento nel 1948. Mio padre Federico, frenatore delle Ferrovie dello Stato, e mia madre Vella Letizia, casalinga, riuscirono a tirar su dignitosamente una famiglia con quattro figli e il solo stipendio di mio padre in un dopoguerra difficile.
La mia famiglia si trasferì a Caltanissetta, agli inizi degli anni ’50, trascorsi l’infanzia e la giovinezza in questa piccola città del centro della Sicilia.
Mi chiamo Francesco Zaffuto – sono nato a Grotte in provincia di Agrigento nel 1948. Mio padre Federico, frenatore delle Ferrovie dello Stato, e mia madre Vella Letizia, casalinga, riuscirono a tirar su dignitosamente una famiglia con quattro figli e il solo stipendio di mio padre in un dopoguerra difficile.
La mia famiglia si trasferì a Caltanissetta, agli inizi degli anni ’50, trascorsi l’infanzia e la giovinezza in questa piccola città del centro della Sicilia.
Debbo essere nato con problemi di salute, mia madre mi considerava un miracolato e ogni anno faceva un viaggio di ringraziamento a Naro nella Basilica di San Calogero. I problemi di salute li ho incontrati di nuovo a dieci anni, ho rischiato di passare all’altro mondo per difterite.
Della mia vita di bambino ricordo soprattutto le persone più grandi di me: mio padre ferroviere che si alzava di notte per andare a lavorare, il suo intrattenersi a giocare con me e il suo portarmi al cinema; mia madre che mi elevava alle riflessioni religiose portandomi spesso in chiesa e conducendomi a tutte le processioni; le mie sorelle Rosalia ed Elvira e in particolare Venera a cui io raccontavo tutte le cose che mi passavano nella mente di bambino; la nostra padrona di casa, una cara vecchina Giovannina Giammorcaro, che mi raccontava racconti buffi e storie miste di realtà e mistero; il maestro Taibbi delle elementari che aveva una straordinaria capacità di insegnare.
Quelli che consideravo eventi importanti erano: l’andare al mare con mia madre a Porto Empedocle; l’andare a Grotte in campagna dai miei cugini e riuscire a meravigliare mia cugina Anita costruendo dei giocattoli di cartone.
E' l’evento della morte che segna la fine della mia fanciullezza: avevo undici anni quando vidi morire quella vecchina che mi raccontava le storie e dopo meno di un anno vidi morire mia madre. Mentre l’ipotesi di morire io stesso di difterite l’avevo percepito come uno strano possibile viaggio, la morte degli altri ora la percepivo come un assurdo incomprensibile, percepivo l’assenza e sentivo dentro un specie di rabbia.
Della mia vita di bambino ricordo soprattutto le persone più grandi di me: mio padre ferroviere che si alzava di notte per andare a lavorare, il suo intrattenersi a giocare con me e il suo portarmi al cinema; mia madre che mi elevava alle riflessioni religiose portandomi spesso in chiesa e conducendomi a tutte le processioni; le mie sorelle Rosalia ed Elvira e in particolare Venera a cui io raccontavo tutte le cose che mi passavano nella mente di bambino; la nostra padrona di casa, una cara vecchina Giovannina Giammorcaro, che mi raccontava racconti buffi e storie miste di realtà e mistero; il maestro Taibbi delle elementari che aveva una straordinaria capacità di insegnare.
Quelli che consideravo eventi importanti erano: l’andare al mare con mia madre a Porto Empedocle; l’andare a Grotte in campagna dai miei cugini e riuscire a meravigliare mia cugina Anita costruendo dei giocattoli di cartone.
E' l’evento della morte che segna la fine della mia fanciullezza: avevo undici anni quando vidi morire quella vecchina che mi raccontava le storie e dopo meno di un anno vidi morire mia madre. Mentre l’ipotesi di morire io stesso di difterite l’avevo percepito come uno strano possibile viaggio, la morte degli altri ora la percepivo come un assurdo incomprensibile, percepivo l’assenza e sentivo dentro un specie di rabbia.
Inizia la lunga adolescenza, gli innamoramenti, l’incapacità di rapportarmi con una donna. Dipingo e scrivo poesie; ma rimango costantemente impelagato in tante altre cose. Mi iscrivo all’azione cattolica, ma il rapporto con la religione non fa che aumentare i miei dubbi e l’ansia di ricerca. Ho un breve rapporto con il teatro e la recitazione, trovo quell’esperienza affascinante; ma nel contempo vengo risucchiato dal cosiddetto reale sociale.
Tra il ’67 e ’68 c’è qualcosa nell’aria che pare avvolgerti, il palcoscenico della Storia, dove si recita senza un copione. Una specie di sogno realizzabile: il socialismo, il comunismo, una società senza classi, un mondo felice.
Completo gli studi prendendo il diploma di Ragioniere e vado iscrivermi alla facoltà di Sociologia di Trento, è il 1968.
Tra il ’67 e ’68 c’è qualcosa nell’aria che pare avvolgerti, il palcoscenico della Storia, dove si recita senza un copione. Una specie di sogno realizzabile: il socialismo, il comunismo, una società senza classi, un mondo felice.
Completo gli studi prendendo il diploma di Ragioniere e vado iscrivermi alla facoltà di Sociologia di Trento, è il 1968.
Nel 1968 Caltanissetta, insieme a un gruppo di amici, fondiamo quella che chiameremo Lega Antiautoritaria; cosa siamo, non si capisce bene, forse anarchici, forse marxisti, certo è che riusciamo a fare delle lunghissime discussioni. Dopo quelle lunghissime discussioni, accompagnate da manifestazioni e documenti, in molti decidiamo di diventare marxisti leninisti filocinesi.
Finisco di scrivere la raccolta di poesie Vento da queste parti, la sto pubblicando, poi abbandono; c’è quel grande groviglio di cose da fare che diventano sempre più importanti.
Finisco di scrivere la raccolta di poesie Vento da queste parti, la sto pubblicando, poi abbandono; c’è quel grande groviglio di cose da fare che diventano sempre più importanti.
Dal ‘69 a ’72 conduco una specie di rivoluzione fantasiosa insieme ai marxisti leninisti in Sicilia; attraversiamo le campagne con grandi bandiere rosse, raccontiamo un sacco di cose a cui crediamo noi stessi; per questa qualità del crederci riusciamo ad essere convincenti ed ad aumentare i seguaci. Manifestazioni, comizi, incontri, riesco a raccogliere un cospicuo numero di denunce che si trasformeranno in successivi processi; non fatti sovversivi ma parole, manifesti in divieto di affissione, eccessi verbali come richiami all’insurrezione e offesa al Presidente della Repubblica, quanto basta per ricevere alcune condanne e rischiare di finire in prigione non per la rivoluzione ma per l’immagine della rivoluzione. Qualche dubbio mi coglie, ma la posizione che rivestivo di segretario provinciale del gruppo seppellisce i dubbi che stavano sorgendo, perché c’è tanto da fare e i dubbi si possono rinviare per un’analisi successiva. Ci sono sempre cose più importanti da fare, e sempre per i marxisti-leninisti filocinesi mi trasferisco a Milano, vado a lavorare al giornale e curo gli articoli di economia del giornale di partito “Servire il popolo”; gli anni dal 72 al 74, scorrono velocissimi.
Sul finire del 1974 mi sembrava che il miraggio del comunismo si fosse allontanato e che la rivoluzione si rivelava schizofrenica. Il movimento non si espandeva più sul piano del consenso e si manifestavano due dati tragici: da un lato una Cina che rivela tutte le contraddizioni di una rivoluzione culturale enfatizzata e al tramonto ( non era facile comprendere quello che era accaduto a Lin Piao e alla cosiddetta banda dei quattro); dall’altro lato quello che accadeva in Italia, alcuni gruppi, come le Brigate rosse che si professavano di fede marxista-leninista, avevano puntato sull’accelerazione della Storia con una incomprensibile lotta armata. Il sogno fatto di parole cominciava a rivelarsi vuoto nei contenuti e tragico nelle conseguenze. Un fatto contingente mi fa lasciare Milano, non posso più rinviare il mio servizio di leva militare.
Nel ’75, durante il servizio militare, comincio a riorganizzare i miei esami per completare la laurea in sociologia, ma vado riorganizzando anche i miei pensieri e incontro Tolstoi con la lettura di Guerra e Pace; attraverso quelle pagine comprendo che eravamo tutti dentro un desiderio e dentro la tragedia della Storia. Nel ’76 ritorno a vivere a Caltanissetta, inizia per me un periodo di riflessione profondo che mi allontana definitivamente dal marxismo-leninismo come verità indiscussa. Anche questa volta incontro la morte, quella di mio padre; la mia reazione alla morte è diversa, non più assenza e rabbia, ma una grandissima nostalgia degli affetti e del passato.
Nell’ottobre del ’76, con un po’ di ritardo per la parentesi politica, mi laureo il Sociologia con una tesi dal titolo “La questione meridionale nelle ipotesi dei gruppi marxisti-leninisti”.
Alla fine del ’76 ritorno di nuovo a Milano ma questa volta per cercare un lavoro. Collaboro alla redazione del Dizionario enciclopedico delle opere della Bompiani e comincio ad accettare alcune supplenze nella scuola. Gli anni che vanno dal 76 al 79 sono per me anni di ripensamento e di riflessione, porto a compimento due raccolte di poesie (Scritti Selvaggi e Alla ricerca di un dopo), comincio le altre due raccolte (Canto alla terra e Ascoltando) che completerò successivamente. Sono consapevole di avere fatto delle scelte politiche poco meditate e non intendo ripetere errori; mi rivolgo allo studio della Storia e della politica sotto il riflesso sociale e umano, incontro un autore come Solženicyn che mi permette una riflessione profonda sugli orrori dello stalinismo.
Alla fine del ’76 ritorno di nuovo a Milano ma questa volta per cercare un lavoro. Collaboro alla redazione del Dizionario enciclopedico delle opere della Bompiani e comincio ad accettare alcune supplenze nella scuola. Gli anni che vanno dal 76 al 79 sono per me anni di ripensamento e di riflessione, porto a compimento due raccolte di poesie (Scritti Selvaggi e Alla ricerca di un dopo), comincio le altre due raccolte (Canto alla terra e Ascoltando) che completerò successivamente. Sono consapevole di avere fatto delle scelte politiche poco meditate e non intendo ripetere errori; mi rivolgo allo studio della Storia e della politica sotto il riflesso sociale e umano, incontro un autore come Solženicyn che mi permette una riflessione profonda sugli orrori dello stalinismo.
Gli anni tra il ‘78 e l‘80 sono anni importanti sul piano affettivo, conosco Maria Luisa che diventerà la mia compagna e nascono i miei due figli Dafne e Federico, non mi aspettavo una così grande fortuna dalla vita.
Il mio lavoro come insegnante comincia a stabilizzarsi dopo anni di precariato: insegno Ragioneria, e anche se la Ragioneria mi piace poco come materia mi impegno al massimo per insegnarla bene.
Mi interesso alla mia professione di insegnante e insieme ad un gruppo di docenti di Milano partecipo nel 1988 alla fondazione della GILDA degli insegnanti. Per più di venti anni, oltre alla scuola e alla famiglia, mi dedico all’Associazione GILDA degli insegnanti rivestendo in alcuni di anni l’incarico di coordinatore provinciale o regionale. Negli spazi solitari mi dedico sempre alla pittura, alla poesia e a scrivere alcuni appunti di un trattato sulla libertà (trattato che ancora oggi taglio e riscrivo e non so se riuscirò a portarlo a termine prima di lasciare questo pianeta).
Il mio lavoro come insegnante comincia a stabilizzarsi dopo anni di precariato: insegno Ragioneria, e anche se la Ragioneria mi piace poco come materia mi impegno al massimo per insegnarla bene.
Mi interesso alla mia professione di insegnante e insieme ad un gruppo di docenti di Milano partecipo nel 1988 alla fondazione della GILDA degli insegnanti. Per più di venti anni, oltre alla scuola e alla famiglia, mi dedico all’Associazione GILDA degli insegnanti rivestendo in alcuni di anni l’incarico di coordinatore provinciale o regionale. Negli spazi solitari mi dedico sempre alla pittura, alla poesia e a scrivere alcuni appunti di un trattato sulla libertà (trattato che ancora oggi taglio e riscrivo e non so se riuscirò a portarlo a termine prima di lasciare questo pianeta).
Passano alla velocità della luce trenta anni, mi accorgo che i peli della barba sono diventati bianchi, che sono più stanco quando faccio le cose: decido di andare in pensione. Cosa fare da vecchio? Si cade subito nel regime degli ex: ex politico, ex insegnante, ex sindacalista. Ma voglio solo continuare a studiare, scrivere qualcosa e dipingere. E’ il 2007, ho appena preso la decisione di andare in pensione, e incontro ancora una volta la morte.
Questa volta l’incontro con la morte è terribile: è la morte di mia sorella Venera per sindrome di Lyell dopo 58 giorni di feroce agonia e tutto a causa di un medicinale di nome “Allopurinolo”; mia sorella era una persona poco fortunata che aveva avuto ben poche cose dalla vita e la sua vita si concludeva con una morte atroce. .
Mi assale un senso della precarietà del tempo e dell’assurdo della vita stessa che ancora mi pervade. Per lenire quella tragedia ho fatto ricorso alla tragedia: tra il 2008 e il 2009 scrivo quattro drammi teatrali: Il potere e la sua ombra, STORIA DI UN NIÑO, La vacanza, Salvare qualcosa; ancora oggi sono perseguitato da un dramma sulla “sorte” che non ho finito di scrivere.
Questa volta l’incontro con la morte è terribile: è la morte di mia sorella Venera per sindrome di Lyell dopo 58 giorni di feroce agonia e tutto a causa di un medicinale di nome “Allopurinolo”; mia sorella era una persona poco fortunata che aveva avuto ben poche cose dalla vita e la sua vita si concludeva con una morte atroce. .
Mi assale un senso della precarietà del tempo e dell’assurdo della vita stessa che ancora mi pervade. Per lenire quella tragedia ho fatto ricorso alla tragedia: tra il 2008 e il 2009 scrivo quattro drammi teatrali: Il potere e la sua ombra, STORIA DI UN NIÑO, La vacanza, Salvare qualcosa; ancora oggi sono perseguitato da un dramma sulla “sorte” che non ho finito di scrivere.
Sempre nel 2009 ho iniziato ad affrontare il dramma della comunicazione. Con chi parlare? Solo con pochi amici che ogni tanto raramente incontri? I blog sono come la bottiglia di un naufrago lanciati nell’oceano di internet; ma forse possono servire come diario di bordo per gli ultimi anni di navigazione di questa mia vita.
Nella mia vita ho incontrato amici, di cui potrei parlare diffusamente per la loro preziosità e per l’importanza che hanno avuto nel dialogo dell'esistenza. Sarebbe necessaria una terza parte di questa autobiografia in modo che anche gli "altri" si venissero a collocare nella loro dimensione sostanziale; una necessaria tridimensione, quella che trasforma la vita in Storia umana; spero in futuro di riuscire a darne qualche traccia. Se qualcuno è arrivato a questo punto di conclusione delle mie note autobiografiche posso veramente dire che si è trattato di un raro miracolo, non posso che caramente salutarlo.
francesco zaffuto
francesco zaffuto
Io ci sono arrivata alla fine e sinceramente ne sono contenta per esserci riuscita. Abbraccio
RispondiEliminagrazie, ciao
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