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sabato 2 febbraio 2013

Lavori umili, disoccupazione, immigrazione e studio


 Tra i commenti al post precedente Quando una falsità è indecente , quello di Sari evidenziava la questione lavori umili e stranieri, riporto in corsivo il commento:
Politici e datori di lavoro, dicono, da anni, di non trovare personale italiano perché solo gli stranieri si adattano a fare certi mestieri. Sarà vero in parte, ma in larga misura c'è il fatto che gli stranieri accettano senza battere ciglio contratti capestro, senza orari e senza paga certa, gli italiani non lo fanno e se a volte accettano di firmare buste paga di 1000 euro per riceverne sono 700 è per disperazione. 
Il progetto di lavoro conta su questa disperazione per ridisegnare i contratti di lavoro? Mah.
 Direi che questa contraddizione, evidenziata nel commento,  ha già ridisegnato tutto il mercato del lavoro  in Italia e in questi anni di crisi economica (in particolare dal 2009 ad oggi) si sono sentite le ripercussioni più forti.
 La mancanza liste di collocamento pubbliche, a cui fare riferimento per una percentuale obbligatoria di assunzioni,  ha dato ai datori di lavoro il potere di decidere sui disoccupati come se la propria azienda fosse uno Stato sovrano in mano a un dittatore assoluto. Lo stesso impoverimento degli organici degli ispettorati del lavoro e le loro mansioni di controllo ridotte hanno permesso l’espandersi del lavoro in nero, senza contribuzione e senza garanzie per gli infortuni..
 L' "esercito di riserva"  della disoccupazione ha sempre compresso i salari, ma l’arrivo in Italia di tanti disperati da altre parti del mondo ha ampliato l“esercito di riserva facendolo diventare internazionale e immenso.
 Lo Stato è stato assente o persecutorio nei confronti degli immigrati: assente quando c’era di imporre ai datori di lavoro un comportamento garantista per i lavoratori immigrati e persecutorio nei confronti di coloro che per disperazione venivano a cercare lavoro in Italia. Un esempio è stato quello della legge Bossi/Fini,  di fare entrare regolarmente solo chi ha un contratto di lavoro;  ma il contratto di lavoro è deciso esclusivamente dagli stessi datori di lavoro senza alcun riferimento a liste di disoccupazione di attesa;  il datore di lavoro si sceglie il polacco (o il turco) come e quando vuole.  
 Gli stessi sindacati confederali hanno la colpa di non aver proposto regole di assunzione che richiamassero la necessità delle liste di attesa per i disoccupati.  Una normativa che avesse obbligato i datori di lavoro a rivolgersi a liste di collocamento pubbliche non avrebbe permesso di bypassare i lavoratori italiani; e gli stessi lavoratori stranieri sprovvisti di cittadinanza avrebbero potuto iscriversi in apposite liste di attesa senza rivolgersi direttamente al potere assoluto aziendale.
 L’avere lasciato mano libera ai datori di lavoro ha prodotto queste contraddizioni; contraddizioni che purtroppo stanno provocando malessere ed anche un larvato razzismo che si diffonde in strati poveri della popolazione italiana. Ben vengano i lavoratori stranieri ma con gli stessi diritti e paghe dei lavoratori italiani.
 In qualche modo è vero che da circa quindici anni alcuni lavori sono stati rifiutati dagli italiani, l’elevarsi del grado di scolarizzazione ha avuto una sua influenza; i giovani italiani diplomati e laureati che cercavano lavoro, in prima battuta, tentavano di trovare un lavoro corrispondente al ruolo sociale sperato in relazione agli studi più o meno lunghi.  
 Attualmente solo i giovani che hanno una preparazione scientifica o una preparazione professionale spendibile sul mercato del lavoro trovano una collocazione appropriata,  tutti gli altri si rivolgono alla ricerca di un impiego generico, ed è proprio l’impiego generico che ha avuto una forte flessione. Lo Stato e gli enti pubblici non assumono e anche le imprese private hanno sostituito diverse mansioni impiegatizie con nuove tecnologie; di conseguenza la grande massa di diplomati, di maturati nei licei, e di laureati in lauree umanistiche restano senza opportunità di lavoro. Non solo esiste la difficoltà di doversi riadattare verso altre professioni o verso lavori umili, ma esiste anche la difficoltà di trovare gli stessi lavori umili per chi ha un titolo di studio. Se un laureato cerca un lavoro umile, non lo trova, deve nascondere di essere laureato e non è facile mostrare in un curriculum precedenti esperienze di lavoro;  viene pertanto fiutato e scartato. I datori di lavoro vedono i giovani con un titolo di studio non adeguati ai lavori umili, perché possono continuare a cercare alternative migliori, perché possono pretendere paghe e diritti, perché non riescono ad adeguarsi ai livelli di schiavitù spesso richiesti e al livello di rischio infortuni spesso richiesto. Se si aggiunge che in molti casi i lavori umili sono in nero e senza alcuna contribuzione la frittata è fatta.
  Chi ha studiato rischia di essere più penalizzato degli altri, in Italia, non trova un lavoro adeguato ai suoi studi e non trova un lavoro umile. Investire nello studio significa: anni di lavoro, elevate tasse universitarie, assenza di contribuzione, ritardo di ingresso nel mondo del lavoro. Non è un caso che sia arrivata la crisi delle iscrizioni alle università, i dati che sono stati recentemente diffusi dal Cun  sono eloquenti: in dieci anni gli immatricolati sono scesi da 338.482 (2003-2004) a 280.144 (2011-2012), con un calo di 58.000 studenti (-17%). Negli ultimi tre anni il calo è stato del 4%: dal 51% nel 2007-2008 al 47% nel 2010-2011.
 Il lavoro è il malato più grave nel nostro paese e necessita di tre tipi di cure: interventi per fare aumentare il lavoro; interventi che riordinano il mercato del lavoro e che contrastino il lavoro in nero; interventi di welfare per tutti i disoccupati. Ma tutte queste cure debbono ispirarsi al principio della solidarietà: dividere equamente il pane e il lavoro che già esiste.
 In questa campagna elettorale ho sentito parlare poco e male sul lavoro e sono molto preoccupato.  Per quello che posso continuerò scrivere di lavoro su questo blog, ma non credo che ci saranno candidati al Parlamento che leggeranno questo blog.
02/02/13 francesco zaffuto

Immagine – foto da “Tempi moderni” – l’operaio Chaplin un po’ visto male in fabbrica per i suoi strani comportamenti.

martedì 23 ottobre 2012

gaffe o non gaffe del Ministro Fornero


al link dell’ansa trovate anche il video – qui riporto solo il contenuto Ansa -  per commentarlo in breve.
Nuova gaffe del ministro del Lavoro Elsa Fornero. Nel corso di un convegno ad Assolombarda, consiglia alle giovani generazioni di "non essere troppo choosy (difficili, pignoli, ndr), all'inglese, e prendere le prime offerte e poi da dentro guardarsi intorno" perché "non si può più aspettare il posto ideale". Subito dopo, però, alla richiesta di un commento da parte dei cronisti, Fornero spiega che "i giovani italiani oggi sono disposti a prendere qualunque lavoro", "tant'é che sono in condizioni di precarietà". "Nel passato - sottolinea - quando il mercato del lavoro consentiva cose diverse, qualche volta poteva capitare, ma oggi i giovani italiani non sono nelle condizioni di essere schizzinosi".
Ma  gaffe o non gaffe
Signor Ministro,  fatto sta che anche quando i giovani non sono “schizzinosi” il  cosiddetto “qualsiasi lavoro”  non lo trovano lo stesso.  Se un giovane laureato chiede di fare il barman o l’aiuto cuoco o lo scopino, non  trova questo lavoro;  perché le ditte non prendono laureati per questi tipi di lavoro, preferiscono addirittura darli ad extracomunitari, più malleabili e ricattabili.  Ai giovani laureati sono destinati stage non pagati o pagati una elemosina, e lunghissimi periodi di disoccupazione;  tranne per quelli che  hanno avuto fortuna  o qualche santo in paradiso o sono dotati di eccezionali capacità, un esempio  lo può trovare nel suo sottosegretario. 
23/10/12 francesco zaffuto

Immagine fuori testo  – la Bocca della Verità di S. Maria in Cosmedin – Roma – Ma ormai verità – gaffe  e confusione si intrecciano a tal punto da restare tutti a bocca aperta.

sabato 28 gennaio 2012

un atto violento


Dire che il titolo di studio non ha alcun valore è un atto violento.
Il valore legale (o chiamiamolo se vogliamo sociale) del titolo di studio è il riconoscimento minimo per una fatica spesa in anni di studio. Il completamento di un corso di laurea consta esami, patemi d’animo, giornate e nottate di studio. Indipendentemente dalle capacità fisiche date dalla natura, chi raggiunge il compimento di un corso di laurea ha fatto un lavoro pesante ed ha investito buona parte della propria vita; pertanto uno straccio di merito deve essere riconosciuto da questa società. Magari avrà difficoltà a spendere nello specifico quel titolo di studio ma voler sancire che non vale un C.. per trovare un lavoro. è un atto violento.
Il governo Monti si è al momento astenuto, forse ha sentito la puzza di bruciato e non è andato oltre.
Ma va combattuto il luogo comune della mancanza di valore dello studio, va combattuto prima che il grande Moloch inghiotta tutto; e il Moloch non è Monti ma l’imperante luogo comune.
28/01/12 francesco zaffuto
Immagine – il grande Moloch del film Cabiria

mercoledì 25 gennaio 2012

Martone: gli sfigati sanno di essere sfigati


Gli sfigati spesso hanno seguito dei sogni che non si sono realizzati, spesso si sono mossi a ventaglio su tanti interessi, spesso hanno amato senza trovare un amore, spesso hanno studiato cercando di capire quello che stavano studiando, spesso hanno rifiutato qualche raccomandazione perché gli faceva un po’ schifo, si sono resi conto che non sapevano vendere in un paese di venditori ….
Certamente chi si è laureato a 23 anni ha sicuramente molte più possibilità di inserirsi nel mondo del lavoro, ha di fronte a se tanti anni di giovane da spendere per successivi corsi e successivi tentativi; chi arriva alla laurea a 30 anni faticosamente, per svariati motivi, ha meno opportunità di fronte a se; ma una società che ti dice che non hai combinato niente per aver studiato è una società di merda … e Martone in qualche modo rappresenta in forma cosciente questa società.
25/01/12 francesco zaffuto
Immagine – la scatoletta di Piero Manzoni “merda d’artista” 1961

martedì 30 agosto 2011

Studiare non vale una cicca


(aggiornamento del 31/08 - dicono oggi che hanno tolto questa misura dopo la levata di di scudi di ieri - massima vigilanza)
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Dicono che hanno trovato un accordo sulla “manovra finanziaria”, non ci sarà in super prelievo sui redditi alti e in compenso “aggiustano” l’età pensionabile. L’aggiustamento riguarda gli anni di studio all’università e il servizio militare. L’aver studiato e l’avere servito “questa Repubblica” non vale una cicca in termini di TEMPO. Si tratta di un tempo fuori dal tempo. Il tempo dedicato al servizio militare obbligatorio viene considerato un tempo morto. I tempo dedicato allo studio non viene preso in considerazione sul piano dello stesso requisito richiesto per la professione. E’ un po’ come dire: “hai servito lo Stato, hai studiato, peggio per te, era meglio che andavi a lavorare prima; ti devi fare lo stesso altri 40 anni di lavoro".
I nostri “geni”, che governano, non si rendono conto che in questo modo andranno a varare una misura ingiusta sul piano sociale che provoca un trattamento diversificato e sfavorevole per una parte dei lavoratori. E non solo: diventa un invito a studiare di meno e a lavorare di più, come se lo studio non fosse un lavoro, spesso più faticoso e stressante del lavoro stesso; come se lo studio non fosse una elevazione per l’intero paese.
Se si considera poi che gli anni di studio, per essere calcolati ai fini pensionistici, sono tutti da riscattare a suon di elevati pagamenti contributivi dello stesso lavoratore, al danno si aggiunge la beffa.
Se si considera che il vecchio servizio militare (o civile) aveva carattere obbligatorio, il non conteggiarlo ai fini dell’età pensionabile lede i principi generali di uguaglianza previsti dalla Costituzione.
30/08/11 francesco zaffuto

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immagine - Asino perplesso - olio su tela - © francesco zaffuto
nota descrittiva dell'immagine per disabili visivi
in un paese desolato e assolato, la testa di un asino si affaccia dalla porta di una stalla

mercoledì 23 febbraio 2011

Il Contratto, reality sulla disoccupazione


Sto guardando la trasmissione su la Sette, Il Contratto; e sto scrivendo questo post in diretta.

Altro che grande fratello: chi vince viene assunto.

Tre disoccupati vengono esaminati in diretta, due avranno un calcio nel c… e uno alla fine della trasmissione sarà assunto. Si tenga pure conto che questi tre disoccupati portati in trasmissione sono stati già preselezionati dalla cinica lotteria della stessa trasmissione.
Sono presenti nella trasmissione: una spiritosa conduttrice, un paio di dirigenti di azienda, alcuni esaminatori per conto dell’azienda stessa, più tre esseri considerati esperti.
Il posto in palio è un miserabile posto di venditore di altri lavoratori per altri aziende; però con contratto a tempo indeterminato.
I tre partecipanti a questa deprimente lotta sono:
donna 39 anni Diploma Accademia belle arti
uomo 36 anni Laure in economia (tra l’altro con moglie in attesa di un bambino)
uomo 32 anni Laurea in filosofia
Vengono sottoposti a diversi test:
- in uno dei test l’esaminatrice (una ragazza molto carina dello staff aziendale già assunta) li sottopone a fare delle formelle colorate con il pongo per esprimere la propria personalità;
- in un altro test debbono trovare dei birilli da bendati tramite indicazioni che si danno tra loro.
Dopo questo paio di test gli esperti sono entusiasti; il professorino di Diritto del lavoro magnifica i test e critica le università perché lontane dalle esigenze del mondo del lavoro.
Poi passano a qualche esempio di vendita.
Poi passano ai rapporti umani con l’organizzazione di una cena.
Poi vengono stimolati a parlarsi addosso come nella tradizione del Grande fratello giudicandosi tra di loro.
Dopo l’esperto Dottoressa Ceresa (psicoterapeuta) elogia il conflitto come necessario .
Si passa a un nuovo test di travasare delle palline per vedere se sanno lavorare in Tim.
Poiché la candidata donna lamenta il suo ruolo di donna nel trasferire le palline insieme agli altri candidati uomini, allora gli esperi si dilungano in una sciorinata di luoghi comuni sulle donne.
Ora la prova finale: sono sul posto di lavoro, debbono simulare il loro lavoro, debbono proporre a dei clienti (altre aziende) servizi di selezione di personale. I tre candidati ci provano con sudori freddi.
A questo punto arrivano le valutazioni e il colloquio finale, i candidati si assentano per andarsi a vestire con un abito più formale. La conduttrice approfitta per fare una commovente intervista i genitori dei ragazzi.
Ora inizia il colloquio, domande ricorrenti fatte dai dirigenti: cosa ti piace dell’attività di vendita, quale è la tua strada e dove ti vedi, come puoi soddisfare i clienti, di questa esperienza cosa ti porterai dentro. Più domanda alle spalle di un altro candidato per tenere vivo lo spettacolo della lotta.
I candidati alla fine della trasmissione sembrano tutti piallati, il loro ideale è diventare venditori di quella ditta e ne sono entusiasti, sembra quasi che sia la vita da sempre sognata, addio alla filosofia, all’arte e alle riflessioni sull’economia, addio alla propria identità, pronti per un lavoro pagato. Ma solo per uno, quanto agli altri …. Non si uccidono così anche i cavalli.
Gli esperti (ben sistemati nel mondo del lavoro) fanno pure una manfrina finale sull’atteggiamento troppo insicuro di questi disperati candidati.
Finale, la dirigente comunica chi viene assunto ... il più entusiasta e disponibile per l’azienda.
Una trasmissione cinica, indignante, violenta contro gli esseri umani, stomachevole; ma sicuramente ci sarà chi la spaccerà come una iniziativa encomiabile per aiutare i giovani ad imparare come trovare lavoro.
Alle ore 23,50 del 22/02/11 la trasmissione è finita – francesco zaffuto
,
(immagine – “teschio 1 a” fotocomposizione © liborio mastrosimone http://libomast1949.blogspot.com/)nota descrittiva dell'immagine per disabili visiviSu fondo nero un teschio umano visto di profilo, il teschio con è totalmente ossificato, ci sta ancora la pupilla di un occhio, una punta di naso quasi intatta, qualche cartilagine. Una grande mosca sta sul teschio e può succhiare le ultime energie.

venerdì 4 febbraio 2011

GENERALI LAUREATI A FINE CARRIERA


Il senatore Luigi Ramponi, senatore del Pdl , ha presentato un disegno di legge per assegnare a 170 generali in pensione una Laurea alla Carriera. Il senatore è un ex Generale ed è ovviamente sensibile a questo problema.
Questa bella notizia l’ho appresa dal Corriere della Sera di giovedì 03 febbraio . Il Senatore (del partito di Berlusconi) spiega che trattasi di un problema di giustizia: chi sta facendo carriera oggi riesce a farsi riconoscere esami delle Accademie militari e crediti per servizio e poi con pochi esami può prendere la laurea; i poveri generali pensionati non riescono a fruire di questa possibilità, allora la luminosa idea di laurearli per fine carriera, una sorta di honoris causa di Stato. L’operazione non è ancora andata a buon fine; ma chissà .
Cosa possono farsene di questa laurea generali? Forse per non sentirsi a disagio quando il posteggiatore di turno dà indicazioni del tipo: “venga avanti dottò, stia attento dottò…”. Ma il senatore Ramponi non ha dubbi: è una questione di onore. D’altronde con ufficiali e sottoufficiali che saltano a pie pari esami e riescono a laurearsi, e con le università che distribuiscono lauree ad honoris ad ogni uomo famoso, i generali rischiano la depressione: “essere o non essere meno di Valentino Rossi” si ripetono nelle notti insonni.
La laurea non è il riconoscimento di un particolare valore, è il riconoscimento di uno studio, non può assimilarsi con il riconoscimento nel lavoro che ha già altri riconoscimenti ( primo tra tutti l’adeguato stipendio); le stesse lauree in honoris causa dovrebbero tenere presente la ricerca e non lo spettacolo propagandistico delle università che le concedono. Tutti i laureati che si sono dedicati ad anni di studio senza alcuna remunerazione oltre al danno subiscono la beffa. Nel nostro allegro paese dove i laureati spesso restano disoccupati o fanno lavori precari tutte queste operazioni fanno venire il voltastomaco.
03/02/11 francesco zaffuto
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Immagine – il Generale Napoleone Bonaparte – di Paul Delaroche - ben paffuto e con l’occhio furbo - non aveva problemi di laurea.

venerdì 9 luglio 2010

umanisti in azienda e umani in politica



Un
Master
per
umanisti
d'azienda
o
un
Corso
per
umani
in politica
Leggo su
http://archiviostorico.corriere.it/2010/luglio/07/ora_umanista_azienda_oltre_vecchi_co_9_100707064.shtml
che Angelo Panebianco
fonda un “Master per umanisti d’azienda”, presso l’Università di San Raffaele di Milano. Questi fortunatissimi laureati in lettere o in filosofia saranno 35 e tutti ben selezionati; per partecipare a questo corso dovranno avere come requisito essenziale l’ottima padronanza dell’inglese. Per un anno staranno ad ascoltare (...forse in inglese...) le lezioni di scienza politica di Panebianco, Martinelli, Somaini, Navaretti, Dassù ; e per finire, lezioni su come si legge un giornale economico di Oscar Giannino. Dopo un anno, alla fine del corso, alcuni di loro, fortunati tra i fortunati, tramite la benedizione di qualche santo, potranno partecipare ad un ulteriore stage presso aziende che valuteranno gli ultimi requisiti e capacità. Dopo questi stage forse qualcuno potrà essere assunto come umanista d’azienda e troverà un lavoro; uno di quei lavori dove dirigi gli altri e ti aspetti di essere pagato più degli altri.

S’io mi chiamassi Paneduro
fonderei un “Corso per umani nella politica”, presso il parco pubblico della mia città. Le lezioni si possono tenere se non piove e camminando (come nella antica scuola dei Peripatetici), a gruppi di 5 (un maestro e 4 allievi) e si potranno fare più corsi per ogni nuovo gruppo. Requisiti per l’iscrizione: buona conoscenza della lingua italiana e discreta conoscenza della Divina commedia e delle poesie di Carlo Porta e Gioacchino Belli.
5 materie
1) Rispetto della libertà e della dignità di ogni essere umano
2) Rispetto degli animali e della natura
3) Esercitazioni e meditazioni per non rubare
4) Esercitazioni e meditazioni per non esercitare potere e carisma
5) Esercitazioni e meditazioni per sviluppare la speranza nell’essere umano
Quando gli allievi si riterranno in piena coscienza formati potranno iscriversi a partiti e sindacati con l’alta qualifica di umani.
09/07/10 francesco zaffuto
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(immagine “si alzò per guardare le stelle” dalle Metamorfosi di Ovidio – acquerello © francesco zaffuto)

venerdì 19 marzo 2010

disoccupati per merito


Il dato dei laureati disoccupati e sottooccupati è in continuo aumento. In Italia si parla tanto di merito e poi i titoli di studio faticosamente conseguiti diventano quasi un demerito sul mercato del lavoro.

19/03/10
Oggi presso l’Università della Calabria al Campus Arcavacata di Rende (Cosenza) si è tenuto un Convegno sulla condizione occupazionale dei laureati. L’Associazione Almalaurea ha presentato al convegno la XII Indagine sullo stato occupazionale dei laureati.
L'indagine riguarda 162mila laureati nel 2008 di primo e di secondo livello post-riforma, intervistati ad un anno dalla laurea, e quasi 50mila laureati pre-riforma delle sessioni estive 2006 e 2004, intervistati a 3 e 5 anni dalla laurea. Nel complesso sono state raccolte 185mila interviste di laureati presso 49 università italiane.
http://www.almalaurea.it/universita/occupazione/occupazione08/

L’allarme si evidenzia se si mettono in confronto i dati con quelli dell’anno precedente:
Tasso disoccupazione
Laureati di primo livello (3 anni)
quest'anno 21,9% anno scorso 16,5% +5,4%
Laureati specialistici (3+2)
quest'anno 20,8% anno scorso 13,9% +6,9%
Specialisti a ciclo unico
quest'anno 15,0% anno scorso 8,9% +6,1%
Fonte: ALMALAUREA, XII Rapporto sulla condizione occupazionale dei laureati, marzo 2010

Un altro dato significativo è il livello delle retribuzioni dei laureati in Italia per i giovani che sono ai primi rapporti di lavoro dopo la laurea.

Stipendio mensile (euro)
Laureati di primo livello (3 anni)
quest'anno 1.109 anno scorso 1.136 -27
Laureati specialistici (3+2)
quest'anno 1.057 anno scorso 1.125 -68
Specialisti a ciclo unico
quest'anno 1.110 anno scorso 1.149 -39
Fonte: ALMALAUREA, XII Rapporto sulla condizione occupazionale dei laureati, marzo 2010

Questi i risultati per un giovane che ha conseguito una laurea, che ha dedicato i previsti anni allo studio (e di solito qualche anno in più dei canonici anni), che si è sobbarcato ad una notevole fatica e ad un continuo stress da esami, con una famiglia che si è impegnata a pagare tasse per la frequenza universitaria, spese per i libri e a volte per il mantenimento degli studi fuori sede. Inoltre, per tutto il periodo degli studi non ha percepito nessuna forma di assistenza contributiva e si troverà con diversi anni di contributi in meno rispetto ai giovani che si sono dedicati subito al lavoro. Certo gli anni di università possono essere riscattati sul piano contributivo, ma ciò accade a caro prezzo e tutto a carico del lavoratore laureato.
In pratica il neolaureato deve ringraziare la “Provvidenza” se non resta nella condizione di disoccupazione e deve accontentarsi di forme di sottoccupazione per almeno cominciare a sopravvivere autonomamente dalla famiglia di origine.
La condizione di sottoccupazione è così diffusa che basta guardare anche lo stesso sito dell’Associazione Almalaurea per rendersene conto: sono inseriti nella banca dati ben unmilionetrecentosettantamila curriculum vitae; anche se non sono tutti di laureati disoccupati, sono tutti di laureati in cerca di un impiego che meglio corrisponda al proprio percorso di studi, alle proprie aspettative sul piano del riconoscimento.
Una persona nel nostro paese Italia può perfino essere rovinato dagli gli studi, basta laurearsi con qualche anno di ritardo, basta dovere andare in giro a presentare un curriculum in diverse aziende che cominciano a nicchiare sulla tua poca esperienza nel mondo del lavoro; puoi perfino trovare negato un lavoro manuale, devi nascondere il tuo titolo di studio e inventarti bugie sul tuo curriculum.
Potrai sentirti dire soventemente: “Come, Lei è laureato e vuole fare il magazziniere o addirittura l’operaio? Ma non fa per Lei, non è la Sua collocazione, deve cercare una collocazione adatta”. E intanto il tempo passa e il tempo lavora contro di te.
Anche quel rifugio che per tanti anni è stato l’insegnamento è venuto a mancare; perfino trovare una supplenza è diventato difficile con le nuove scelte di riduzione della Gelmini tagliatrice di teste.
Per non parlare poi delle professioni libere, con le corporazioni che si chiudono a riccio, come quella degli avvocati che vogliono costruire una diga insuperabile contro l’affluenza degli ultimi arrivati.
Allora i nostri politici di governo, e primi fra tutti quelli che si occupano di istruzione, la smettessero di cianciare sul merito. Se non si trovano alcune soluzioni per i laureati è meglio scrivere un avviso dinanzi le porte delle università del tipo:
“Se non siete figli di industriali con aziende ben avviate
O se non siete figli di....
O se non siete baciati dalla fortuna
Perdete ogni speranza o voi che entrate”.
Quello che ho sopra detto è indirizzato ai "sepolcri imbiancati", ma ai giovani voglio dire: "non arrendetevi mai".
francesco zaffuto
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(immagine – “buio_book - Buio essere nel Buio: quando il giorno entra in occhi ” © arianna veneroni http://www.flickr.com/photos/arive11/ )