Beppe Grillo con il suo post sull’art. 278 per il reato di vilipendio al Capo dello Stato,
mi ha fatto ricordare che io stesso per questo articolo del codice penale fui condannato dalla Corte di Assise di Appello di Caltanissetta, il 5 maggio 1975, a 9 mesi di carcere.
Ripercorro qui, un po’ a spanne, con la memoria quei fatti accaduti perché di anni ne sono passati tanti.
Il 24 dicembre 1971 fu eletto Presidente della Repubblica Giovanni Leone; quella elezione (avvenuta dopo 23 scrutini) fu digerita male dalla sinistra, su quel clima di allora potete consultare questo articolo di Marco Travaglio che ben descrive quei tempi
Se quella elezione era stata digerita male dalla sinistra ufficiale figuratevi come poteva essere digerita da quella sinistra extraparlamentare che si faceva chiamare rivoluzionaria; e in quei tempi, con i miei 21 anni, militavo in quella sinistra extraparlamentare, andavo in giro distribuendo volantini, avevo un fazzoletto rosso attaccato al collo, e parlavo a rotta di collo in assemblee e comizi.
Il 9 gennaio del 1972 feci due comizi; uno nella mattinata a Caltanissetta e uno nel pomeriggio a Riesi (un grosso paese della stessa provincia), dissi le stesse cose, attaccai il Presidente della Repubblica da poco eletto, mettendo insieme di malo modo notizie e appelli rivoluzionari con un linguaggio che poteva somigliare a quello usato da Bossi in tempi più recenti . Fatto sta che: mentre il vice questore di Caltanissetta, che aveva ascoltato nella mattinata il mio comizio, non dette peso alle mie stupidate; quando andai a ripetere le stesse cose a Riesi, il maresciallo dei Carabinieri, che in un altro comizio avevo chiamato “sbirro”, si appuntò una frase e mi citò in giudizio per l’applicazione dell’articolo 278 che allora vigeva e ancora vige.
Art. 278 Offesa all’onore o al prestigio del Presidente della Repubblica
Chiunque offende l’onore o il prestigio del Presidente della Repubblica è punito con la reclusione da uno a cinque anni.
In pratica rischiavo fino 5 anni di galera per quelle parole pronunciate; parole sicuramente sgradevoli, ma erano parole in confronto ai fatti di 5 possibili anni di galera.
Il processo si tenne in Corte di Assise (per tale reato, considerato grave, si prevede la massima Corte con giudici togati e giudici popolari); dopo due istanze fui condannato a 9 mesi con la condizionale (grazie alle attenuanti generiche); mesi che non ho fatto dentro, ma se mi succedeva un’altra minima stupidata me li andavo dritto a scontare tutti.
Con il passare del tempo si dimentica e si cambia, anche se qualcosa nelle nebbie della memoria rimane; è difficile a 65 anni ritrovarsi in quelle carte ingiallite e quasi illeggibili; io sono cambiato e preferisco misurare le parole perché credo siano preziose per capirsi; non ho mai abbandonato i miei desideri di libertà e di uguaglianza, ma non ci sono state rivoluzioni; e con il senno del poi penso che potevo avere anche una condanna più grave se offendevo il Presidente di un regime comunista per il quale lottavo.
Il Presidente Leone, sicuramente non seppe mai nulla della mia condanna, si trovò anche lui ad avere qualche dispiacere e non intendo qui parlare della complessa vicenda che lo portò alle sue dimissioni. Ma dopo tanti anni quell’articolo 278 sta ancora là, e di lotte per la libertà di espressione ce ne sono state tante.
Quando nel 2006 il Parlamento abrogò alcuni articoli lesivi della liberta di espressione pareva che il legislatore potesse arrivare a una svolta sostanziale, e invece con la legge n.85 abrogò solo l’articolo 279, lascando in vita l’art. 278.
279. Lesa prerogativa della irresponsabilità del presidente della Repubblica.
Chiunque pubblicamente , fa risalire al presidente della Repubblica il biasimo o la responsabilità degli atti del Governo, è punito con la reclusione fino ad un anno e con la multa da lire duecentomila a lire due milioni
In una società che si dice rispettosa della libertà di espressione, tra l’altro pienamente prevista dalla sua Costituzione, un articolo come il 278 va abrogato oppure notevolmente cambiato. Come si può pensare di infliggere da 1 a 5 anni di reclusione per delle parole anche le più gravi? Beccaria diceva che se una condanna non è proporzionata all’entità del reato siamo di fronte a una ingiustizia.
Nel nostro paese abbonda la parola “galera”, poi si scopre che il falso in bilancio non è reato e che si va in galera per il furto di una mela o per delle parole. Dopo tanti anni la Costituzione si deve ancora integrare nelle leggi, e lo stesso pensiero illuminista è ancora lungi da approdare alle menti di tanti politici che preferiscono la “lesa maestà” rispetto alla libertà. Auguro al Movimento 5 stelle e a Grillo di vincere questa battaglia in Parlamento, ma non sarà facile; con questo post ho voluto dare un mio pur debole contributo.
20/05/13 francesco zaffuto
Immagine fuori testo – una vecchia foto di una manifestazione del gruppo marxista leninista di cui facevo parte.