Di nuovo
al 13 % il tasso di disoccupazione, nonostante le misure del Jobs Act il mercato del lavoro non
riprende, ed aumenta la disoccupazione dello 0,2 rispetto al mese precedente.
Sono i dati di Marzo dell’Istat, che abbiamo conosciuto proprio il 1° Maggio. Dopo
i cali registrati a dicembre e a gennaio, quindi, si riconferma l’inversione il
trend negativo iniziato in febbraio. In termini numerici un incremento di
52mila disoccupati.
Purtroppo.
Si era intravista una piccola variazione positiva in gennaio e in febbraio, e si
era subito manifestato ottimismo
ma
purtroppo.
Qui non si
tratta di essere ottimisti o gufi, si tratta di trovare qualche rimedio per fare
ripartire l’economia, perché l’inceppamento sta producendo disastri.
Il lavoro
non riparte per tanti motivi:
bassi
investimenti pubblici per la stretta sul debito;
mancanza
di nuovi prodotti;
forte
concorrenza di manufatti prodotti all’estero a costi inferiori;
lavoro mal
ripartito con eccessi di straordinari;
la stessa
disoccupazione crea altra disoccupazione perché deprime i consumi delle
famiglie (i giovani non possono spendere e i vecchi con maggiorenni a carico
tendono a risparmiare al massimo);
ricchezza
mal distribuita (i ricchi, a differenza dei ceti meno abbienti e dei ceti medi,
tendono a tesaurizzare e non riportano nei consumi tutti i loro redditi);
tendenza a
ritirarsi dell’imprenditore italiano (c’è una sommatoria: quelli che non ce la
fanno e chiudono, quelli che vedono buio e chiudono prima del fallimento;
quelli che non riescono a trasferire ai figli l’attività perché i figli non
vogliono fare i lavori dei padri; quelli che chiudono perché hanno deciso di vivere di
rendita);
assenza di
imprenditoria pubblica (le imprese pubbliche vengono smantellate e quelle
private non nascono);
lavoro
nero (che non crea condizioni di sicurezza nel farsi una posizione);
malavita,
corruzione e pizzo (che in tante parti d’Italia scoraggia l’inizio di una
attività imprenditoriale);
mal
funzionamento della giustizia civile (che crea scoraggiamento negli
imprenditori);
forte
pressione fiscale sul lavoro;
All’elenco
sicuramente manca ancora qualcosa.
Il Governo, parlo di quest’ultimo, qualcosa l’ha
fatto:
ha tentato
di far riprendere i consumi con l’operazione 80 euro;
ha dato
dei vantaggi alle imprese che assumono a tempo indeterminato;
ha
diminuito le tutele ai lavoratori nuovi assunti per stimolare le imprese ad
assumere a tempo indeterminato;
è
intervenuto più volte in casi specifici di chiusure di grosse aziende;
ha
diminuito l’IRAP sterilizzandola dai costi del lavoro.
Fatti salvi gli interventi specifici per
salvare alcune aziende e la sterilizzazione dell’IRAP, gli altri interventi si sono rivelati poco
significativi: gli 80 euro non sono immediatamente ricaduti in consumi, e sono ricaduti
in buona parte nella debole tesaurizzazione delle famiglie spaventate; i
vantaggi alle aziende che assumono a tempo indeterminato, fino ad ora, hanno prodotto un aumento di contratti a tempo
indeterminato di lavoratori che prima venivano assunti a tempo determinato e
senza aggiungere nuova occupazione.
L’ampio
investimento usato per gli 80 euro se veniva utilizzato per creare una
indennità di disoccupazione allargata avrebbe prodotto una maggiore sicurezza e
il denaro destinato si sarebbe trasferito tutto sui consumi. Gli incentivi
contributivi per le assunzioni andavano date a quelle aziende che effettivamente
assumevano lavoratori in più rispetto all’anno precedente.
Allora due
investimenti inappropriati con le poche energie a disposizione.
Un altro elemento che va urgentemente
aggiunto: lo Stato e gli enti pubblici
debbono essere promotori per iniziative pubbliche di impresa, se non decolla l’impresa
privata deve esserci un cuscinetto di impresa sociale. L’impresa pubblica però
non deve diventare una spugna che assorbe energie monetarie pubbliche in
continuazione, dopo l’investimento iniziale ogni impresa pubblica deve essere
gestita con criteri di pareggio di bilancio.
02/05/2015
francesco zaffuto
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