01/07/09
Sull’esplosione di GPL a Viareggio.
Questo nostro vivere pericolosamente.
Questo nostro vivere pericolosamente.
Migliaia e migliaia di treni e autotreni, con gradi contenitori di GPL e di altre micidiali sostanze, viaggiano nel giorno e nella notte; i cieli sono solcati da aerei che permettono di trasferire in poche ore le nostre esistenze da una parte all’altra del globo; milioni e milioni di autovetture sfrecciano veloci nelle nostre strade.
Il continuo movimento di noi uomini attorno a noi stessi è quello che ci affascina e che chiamiamo “progresso”. Di fronte a questa specie di “dio” siamo disposti a fare dei sacrifici umani. A questi sacrifici abbiamo dato un nome particolare: “incidente”. Per praticare senza orrore questi sacrifici ricorriamo a una giustificazione che pare inoppugnabile: la probabilità matematica. A questa pratica sacrificale siamo a tal punto abituati fino a viverla come una quotidiana normalità.
Oggi, 1 luglio 09, leggendo il giornale, restiamo esterrefatti per “l’incidente” di Viareggio, la violenta esplosione ci ha scosso e pare non rientrare nella nostra normale pratica sacrificale. Sempre oggi, 1 luglio 09, sullo stesso giornale in secondo piano, leggiamo dell’ennesima sciagura aerea con 151 morti. Per questo secondo incidente restiamo meno scossi, segue di poco un altro grave incidente aereo, stiamo entrando nell’arco del risaputo, nell’arco della nostra quotidiana abitudine del vivere pericolosamente. La quotidiana pericolosità ci fa normalmente digerire 1.220 morti l’anno sul lavoro (dati 2008 in Italia) e i 5.131 morti l’anno per incidenti stradali (dati 2008 in Italia).
L’incidente di Viareggio, con la sua grande esplosione, ci ha come ricordato anche il possibile grande incidente nucleare che cova nell’animo delle possibilità matematiche umane e che già nel mondo si è manifestato nella guerra e con Chernobil .
Il fragore dell’esplosione ci ha riportato dentro una sana paura per l’incidente e per il sacrificio che siamo costretti a praticare al “dio progresso”. Si apre a qualche riflessione il nostro cervello, ottenebrato dalla quotidianità. Qualche dubbio ci sorge. Si tratta veramente di “progresso” o del contrario del “progresso”? La tecnologia dovrebbe aiutarci a migliorare la nostra vita e non a peggiorarla. Allora perché non applicare la tecnologia e il “progresso” per limitare ed eliminare gli incidenti?
Non si tratta di ritornare indietro al carro con i muli, ma si tratta di mettere la tecnologia al servizio del benessere umano, applicare tutti i migliori aspetti della tecnologia stessa per aumentare la sicurezza e rendere l’incidente un evento difficilmente probabile. Non può essere considerato normale lo spezzarsi dell’asse di un vagone di un treno; già esiste una tecnologia appropriata per evitarlo. Non può esser considerato normale l’esistenza di una lista nera per i voli aerei; alle compagne che non rispettano gli standard ottimali di manutenzione deve essere proibito l’esercizio stesso di volare. La strage quotidiana dei morti per lavoro e per incidenti stradali può essere evitata con l’applicazione di norme sulla sicurezza e sulla limitazione della velocità. Se ciò è ragionevolmente buono ed anche ragionevolmente possibile, perché non si pratica? Per due motivazioni: perché ha un costo economico e perché ci siamo abituati alla quotidianità dell’incidente al punto di considerarlo come un normale evento del nostro vivere.
Quando capita un incidente che per i suoi aspetti spettacolari viene enfatizzato dalla stampa e dalle televisioni si comincia a inseguire la pista delle responsabilità, come una sorta di necessaria vendetta. Si cercano i responsabili. E’ giusto che sia fatto, ma non basta a scongiurare i futuri incidenti. Va perseguita non solo la responsabilità tecnica per l’incidente accaduto, ma anche la responsabilità tecnica per i nuovi possibili incidenti futuri.
Quando parliamo di responsabilità tecnica non possiamo soffermarci ad essa, esiste una più grande responsabilità che è quella fatta sulle scelte economiche; l’abbattimento dei costi per sicurezza e manutenzione è il motivo che sta alla base dell’espansione numerica degli incidenti. Esiste poi la più vasta area della responsabilità politica, la responsabilità di chi doveva produrre norme, farle applicare ed esercitare i necessari controlli. Infine esiste la responsabilità culturale di tutti quegli intellettuali che reputano addirittura insignificante occuparsi di questi problemi o trovano poca utilità nell’indicare una strada alla politica e all’economia.
francesco zaffuto
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