domenica 7 novembre 2010

Pace




La Sinistra e le parole, l'ottava parola: Pace
Pace
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Le prime sette parole e l’ottava


In questo percorso delle parole le ultime due parole pace e felicità sono parole derivate; solo dopo una qualche compiutezza delle parole pane, lavoro, libertà, uguaglianza, giustizia, fratellanza, laicità, si può arrivare a parlare di pace e di felicità; altrimenti si naviga ancora nel mare della sofferenza e anche se la sofferenza può riguardare un limitato numero di persone è tale da generare un malessere che si spande per il sociale di un paese e per il mondo.

Pace sociale all’interno dello stato e l’ordine



Capire se siamo in una società dove vige la pace sociale è molto semplice: una società dove vige una pace sociale avrà sempre meno bisogno di giudici, di poliziotti e di carceri; pare che nel nostro paese ci sia molto bisogno di questi strumenti e se ne chiede il potenziamento. L’ordine è il presupposto di uno stato per esistere, ma se le leggi di uno stato per essere applicate ed accettate hanno bisogno di un grande dispiegamento di forze coercitive siamo di fronte alla mancanza di pace sociale.
In una società dove il mito è la ricchezza e buona parte dei cittadini non arriva neanche a livelli minimi di soddisfazione dei bisogni primari non c’è pace sociale, c’è una condizione di rassegnazione o fughe individuali verso l’esasperazione; le manifestazioni è gli scioperi vanno verso una forma collettiva di rappresentazione del dissenso, evitano l’esasperazione individuale e cercano di formulare richieste collettive di cambiamento.
Le manifestazioni e gli scioperi sono il simbolo di una società civile che riesce ad esprimere il suo dissenso in forma libera ed esplicita; la classe politica ha il dovere di relazionarsi con chi sciopera e con chi manifesta per adempiere al suo ruolo principe di mediazione nei conflitti sociali e per elaborare leggi che in qualche modo accolgano nuove istanze dei cittadini che protestano. Se la classe politica rinuncia a questo ruolo di mediazione si vengono a determinare fratture determinanti.
Agli inizi del novecento si è determinato in Europa e in Russia un livello di scontro tale da innescare dei processi rivoluzionari; la rivoluzione russa degli inizi del secolo ha condizionato tutta la storia del novecento. La componente politica dei comunisti bolscevichi rinunciò ad ogni ruolo di mediazione, decise di guidare tutto il dissenso e di cambiare il destino della storia per costruire un nuovo modello sociale. L’iniziale modello sociale di riferimento fu quello dei soviet, un movimento dei consigli che ebbe una sua spontanea crescita partecipativa per i primi anni e che poi si trasformò in una struttura statalista. La successiva parabola stalinista con la repressione di ogni dissenso mostra come un processo rivoluzionario non è di per se risolutivo di tutti i torti sociali e può generare nuovi torti.
Un processo rivoluzionario è spesso drammatico, genera morti e distruzione innescando successive vendette e sofferenze. La tanto osannata rivoluzione borghese in Francia è stata la più sanguinaria delle rivoluzioni e viene giustificata solo perché portò al potere la borghesia; gli altri processi rivoluzionari vengono in qualche modo demonizzati perché hanno avuto come scopo quello di uscire dal sistema sociale borghese.
Il sistema sociale borghese capitalistico di oggi in Italia è in qualche modo condizionato da alcuni istituti sociali promossi anche dal movimento operaio e socialista; questi istituti vanno dai diritti sindacali e associativi al sistema previdenziale, dal sistema sanitario pubblico alla scuola pubblica. La società italiana si può definire come una società a capitalismo frenato dai diritti e dall’imposizione fiscale; possiamo proseguire sulla strada delle riforme o accettare la logica del tanto peggio tanto meglio di una società a capitalismo sfrenato per poi sperare in un ipotetico momento rivoluzionario.
L’acquisizione della consapevolezza dei diritti dell’uomo è un processo che coinvolge tutti gli uomini del mondo, è una evoluzione dell’uomo stesso che non può essere determinata con atti forzati, può essere solo promossa e indirizzata; la strada pacifica dell’acquisizione di questa consapevolezza è sicuramente da preferire.
La strada di un lungo processo di riforme per migliorare la società non è il riformismo, non si tratta di preferire le riforme qualsiasi esse siano, si tratta scegliere e portare avanti riforme che migliorano la vita dell’uomo.
I tempi lunghi di questo processo spesso contrastano con necessità immediate e drammatiche, per questo i problemi del pane e del lavoro vanno visti sempre in capo alla gerarchia dei problemi e la sinistra deve adoperarsi per arrivare a soluzioni immediate di tali problemi.
Occorre avere la consapevolezza che la democrazia rappresentativa, la libertà di espressione del pensiero e di associazione, sono istituti su cui è necessaria una costante vigilanza, chi ha grandi privilegi può decidere con un tratto di penna di spazzare via ogni libertà per chi lotta contro questi privilegi. La pace sociale è una condizione da ricercare ed anche da difendere.

Pace tra gli stati sovrani e ordine internazionale

La pace che si è determinata dopo la seconda guerra mondiale è stato un lungo periodo di equilibrio tra due stati super armati sul piano nucleare, una continua guerra spionistica, una continua sorveglianza sulla propria sfera di influenza di USA e URSS. Siamo stati più di una volta ad un passo dalla terza guerra mondiale. Le società democratiche occidentali sono state di fatto con poteri bloccati, ogni possibile cambiamento veniva in qualche modo vanificato da operazioni di influenza spionistica e da colpi di stato. Il Vietnam, la strategia della tensione in Italia dopo il ’68, il colpo di stato in Cile, sono solo alcuni esempi della sfera d’influenza americana; sull’altro fronte si possono ricordare alcuni esempi come l’invasione della Cecoslovacchia e l’avventura sovietica in Afghanistan. I sessanta anni che ci separano dalla seconda guerra mondiale sono stati sessanta anni di pace guerreggiata nelle periferie del mondo.
La fine dell’impero sovietico non ha determinato una migliore condizione per la pace nel mondo; il ruolo degli USA si è accresciuto, il ruolo della Russia in termini di armamenti non è diminuito; è aumentata la proliferazione degli armamenti nucleari con nuovi stati che si sono dotati di tali armamenti; il conflitto storico tra Palestina e Israele è ancora nel pieno dello scontro e si è aggiunto uno scontro con il mondo mussulmano che va oltre il confine degli stati; l’ONU come organismo internazionale non si è evoluto ed è rimasto debole. Viviamo una pace precaria con rumori di guerra in lontananza, una guerra nucleare non è stata scongiurata ed è in grado di portare una catastrofe sulla terra e nell’animo degli uomini.
Operare per la pace per la sinistra è un compito primario e va visto nel senso della fratellanza universale, nel contempo trattasi di un compito difficile che non può essere affrontato con slogan che esasperano lo scontro tra i popoli: la politica USA non si può identificare con tutti gli americani, la mancanza di rispetto dei diritti dell’uomo in Cina non può identificarsi con tutti i cinesi, il terrorismo integralista non può essere identificato con tutti gli arabi, la politica dello stato di Israele non può essere identificata con tutti gli ebrei,....
E solo attraverso un grande movimento internazionale per la pace che si può costruire la pace, un movimento internazionale capace di superare i confini degli stati. Le componenti politiche più sensibili alla pace e le componenti culturali debbono partecipare alla costruzione di questo grande movimento. Le donne, se finalmente si saranno stancate di imitare gli uomini, con la loro partecipazione potranno contribuire a questo movimento per la pace in modo determinante. Si stratta di una grande battaglia culturale per il riconoscimento dell’uomo a cominciare dal problema del pane che diventa centrale per questo movimento, perché non ci può essere pace all’ombra della miseria più crudele.
L’ONU, come assise internazionale degli stati, non va messo in crisi e ne va potenziato il suo prestigio, il suo ruolo di mediazione nelle controversie deve diventare centrale. La non proliferazione delle armi nucleari deve andare di pari passo con la eliminazione delle armi nucleari e con il disarmo globale, la guerra deve diventare il tabù dell’uomo moderno; le fabbriche di armi debbono essere convertite in aziende che fabbricano macchinari per l’agricoltura e che operano per il disinquinamento del pianeta. Tutto ciò è possibile, solo l’ingordigia e la stupidità sono di ostacolo. Il mondo oggi, per questo uomo che si è disseminato in ogni angolo della terra, è ormai su una strada di non ritorno, ci sono solo due possibilità davanti: la distruzione o l’utopia di una pace che è diventata necessità.
07/11/10 francesco zaffuto
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Pane ......Lavoro . .....Libertà ..... Uguaglianza

Giustizia .... Fratellanza ..... Laicità

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(immagine “la mano sinistra” fotografia © liborio mastrosimone http://libomast1949.blogspot.com/)

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