giovedì 5 novembre 2009

A venti anni dalla caduta del muro di Berlino


05/11/09
Già la Glasnost e la Perestrojka erano state lanciate da Gorbaciov durante il ventisettesimo congresso del PCUS, nel mese di febbraio del 1986.
Il muro di Berlino era ancora in piedi e nonostante la svolta di Gorbaciov segnava ancora il gelo del passato. A capo della Germania dell’Est c’era ancora in carica Erich Honecker che era stato il principale organizzatore dell'erezione del Muro di Berlino nell'estate del 1961; ma l’avvento di Gorbaciov aveva sicuramente indebolito la sua posizione in seno al Partito comunista tedesco.

La mattina del 1º giugno 1988 le guardie di frontiera dell'area della Potsdamer Platz si trovarono a fronteggiare una "fuga di massa" di più di 200 punk berlinesi dell'Ovest, abitanti della baraccopoli del cosiddetto triangolo Lennè, in direzione di Berlino Est; il fatto assumeva un aspetto paradossale, visto che per trenta anni le fughe erano sempre state verso l’ovest, ma era anche il sintomo di qualcosa che stava rapidamente cambiando.

Cadute, nell’agosto del 1989, le restrizioni di frontiera tra Ungheria ed Austria, nella Germania Est inizia il passaggio dei primi treni provenienti dall'Ungheria e dalla Cecoslovacchia. Il leader della DDR Erich Honecker esce di scena e si dimette il 18 ottobre 1989, la caduta del Muro è un evento atteso ma avverrà improvvisamente e con un’esplosione di gioia

Il 9 novembre 1989, alle ore 18,00 viene recapitata la notizia che tutti i berlinesi dell’Est avrebbero potuto attraversare il confine con un permesso, ma non furono date altre informazioni.
Poco più tardi alle 18,53 il corrispondente Ansa da Berlino Est, Riccardo Ehrman, chiese a Günter Schabowski (dirigente Partito socialista Unitario della Germania Est) da quando le nuove misure sarebbero entrate in vigore e lui risposte “immediatamente”. Le misure tecnicamente dovevano partire dai giorni successivi, ma quella parola “immediatamente” volò con le ali della libertà, decine di migliaia di berlinesi dell’Est, avendo visto l’annuncio di Schabowski in diretta alla televisione, si precipitarono inondando i checkpoint e chiedendo di entrare in Berlino Ovest. Le guardie di confine, disorientate, dopo avere telefonato ai loro comandi aprirono i checkpoint e, considerato l’elevato numero di berlinesi, nessun controllo fu eseguito sull’identità; i berlinesi dell’Est furono accolti festosamente dai berlinesi dell’Ovest, i bar vicini al muro iniziarono a offrire birra gratis a tutti, comincia una grande festa, la demolizione continuerà nei giorni successivi, Berlino diventa una sola grande città.

La caduta del muro è stata nei fatti la caduta finale dello stalinismo, poiché di stalinismo si trattava. Il comunismo nei fatti non è mai esistito; c’è stato un breve tentativo di decollo nell’Unione Sovietica di Lenin, un tentativo molto contraddittorio durato solo pochi anni.
Le tesi di Stalin trionfarono totalmente fin dal 1926, quando il Comitato centrale del Partito si schierò sulle sue posizioni isolando definitivamente Trockij, da allora ebbe inizio il processo di costruzione del socialismo in un solo paese; decolla una società autoritaria e totalitaria in parte disegnata sulla vecchia autocrazia zarista e in parte disegnata sul progetto stalinista.
I nuclei dello stalinismo furono: una società centralizzata e controllata dal partito, un partito controllato dal comitato centrale, un comitato centrale controllato nel fatti dal segretario, uno sviluppo dell’economia sulla base di piani pluriennali centralizzati e traguardi da raggiungere, una industrializzazione forzata, un’agricoltura industrializzata e centralizzata a scapito delle piccole unità contadine, una alfabetizzazione delle masse accanto a una cultura controllata dal partito, un tenere sotto controllo le gerarchie religiose e il fenomeno religioso nel suo complesso, un potenziamento dell’industria bellica, un egualitarismo diffuso accanto a prerogative di vario tipo accordate ai burocrati e ai dirigenti di partito, una persecuzione di ogni dissenso sul piano ideologico e culturale anche portando avanti metodi inquisitori, e sul piano internazionale l’URSS come punto di riferimento della realizzazione del socialismo per tutti i partiti dell’Internazionale. Questo è stato lo stalinismo conosciuto come comunismo e che nei fatti ha distrutto ogni idealità del comunismo.
Il primo nemico di Stalin è costituito dagli stessi comunisti: quasi tutti i rivoluzionari bolscevichi sono stati condannati a morte o a lunghi anni di carcere da Kamenev a Zinov'ev, da Radek, a Sokolnikov, da J. Pjatakov a Bucharin, da Rykov a G. Jagoda, da M. Tuchačevskij a Trockij; e 35.000 ufficiali dell'Armata Rossa.
Il secondo nemico è quella parte del popolo che viene considerata come una malattia da tagliare: si parla di milioni di morti e l’analisi è ancora incompleta; ma anche avvalorando i soli dati minimi degli archivi di stato dell’URSS siamo di fronte a qualcosa di spaventoso, tra il 1937 e il ‘38 ben 681.692 sentenze di condanna a morte, alcune commutate in terribili forme di detenzione nei gulag.
La costruzione dello stato stalinista si basava su questi eventi, ed era ben lontana dagli ideali di uguaglianza e giustizia sociale che affascinavano i comunisti europei che vivevano nelle società democratiche.
Dopo la morte di Stalin, avvenuta nel marzo 1953, sembrò predominante la figura di Lavrenty Beria, il capo della polizia segreta. Diversi esponenti del Comitato centrale, anche per paura di nuove eliminazioni, ostacolarono Beria e appoggiarono Krusciov. Il nuovo Leader al XX Congresso del PCUS il 25 febbraio 1956, demolisce la figura di Stalin e fa luce su buona parte dei crimini delle purghe staliniane. Krusciov cerca di distanziarsi dalla politica di Stalin ma nel contempo vuole mantenere compatto l’Impero sovietico; manda i carri armati a reprimere la rivoluzione ungherese nel novembre del 1956 e nel 1961 approva il piano per la costruzione del muro di Berlino proposto dall’allora leader della Germania Est Walter Ulbricht allo scopo di fermare le ormai massicce emigrazioni clandestine.
Ma i deboli tentativi di apertura all’ovest di Krusciov, la sua politica interna orientata verso il potenziamento dell’agricoltura, i suoi timidi passi verso aspetti di democrazia e la messa in accusa dei metodi staliniani, vengono viste come un pericolo dalla dirigenza burocratica del PCUS e comincia a prepararsi la sua destituzione; si completerà il 15 ottobre 1964 e inizierà l’era di Leonid Brežnev.
Il temuto ritorno ai duri aspetti dello stalinismo non accade; Brežnev pare orientato a tenere stabili gli equilibri di potere all’interno dell’URSS e in politica estera continua con le aperture come quella alla Ostpolitik di Willy Brandt; nel contempo è pronto a intervenire sui paesi dell’est in caso di derive democratiche e pertanto mette fine con i carri armati alla primavera di Praga nel 1968. L’era Brežnev è lunga, pare improntata a un grigio rigore conservativo e dura fino al novembre del 1982.
La breve durata delle meteore Andropov e Černenko non è facile da definire ed ai fini dell’avvio di ipotesi riformatrici tutto pare ricadere su Gorbaciov. Il processo riformatore in URSS viene nei fatti iniziato con forza da Gorbaciov, dal marzo del 1985 è un continuo avvicendarsi di eventi riformatori che travolgeranno successivamente lo stesso Gorbaciov.
L’impero sovietico si sfalda all’esterno: in Polonia i temuti carri armati sovietici non arrivano e nel giugno dell’89 le elezioni concretizzano l’azione di Solidarność; sempre nell’89 l’Ungheria abbandona l’URSS, poi la Cecoslovacchia e la Bulgaria; l’anno della caduta del Muro di Berlino è un anno di svolta definitiva con lo stalinismo in Europa.
Nella stessa Unione sovietica si determina definitivamente la crisi del sistema. L'economia in URSS - tra tentativi di liberalizzazione e resistenze collettivistiche - perde colpi e nell'agosto 1991 gli ultimi stalinisti tentano un colpo di Stato. Gorbaciov è la vittima più importante di quel colpo di stato e viene recluso per tre giorni nella villa presidenziale in Crimea, ma Yeltsin (allora sindaco di Mosca) gli contesta la responsabilità di non avere ostacolato i golpisti. Il 25 dicembre 1991 Gorbaciov si dimette; il partito Comunista viene messo al bando e i suoi beni confiscati. E’ l’ultimo atto dell’URSS che ritorna a chiamarsi Russia. Ma comincia a sfaldarsi anche come vecchia Russia, viene messo in discussione anche l’assetto del vecchio Impero zarista: Ucraina, Georgia, ed anche altri stati ad influenza islamica come la Cecenia rivendicano il ruolo di stati autonomi.

Da quel novembre 1989, ricordato sinteticamente per la caduta del muro di Berlino, sono passati solo 20 anni, la geografia politica dell’Europa è completamente cambiata, sembrano passate diverse generazioni. Gli effetti della caduta del Muro si riversano su tutti i vecchi partiti europei, non è più facile fare appello alle divisioni ideologiche. Anche in Italia gli eventi politici successivi dovranno fare i conti con l’inesistenza del muro e con l’impossibilità di fare appello al pericolo comunista. Achille Occhetto segue l’onda del rinnovamento e il 12 novembre 1989 dà inizio al processo di cambiamento del vecchio PCI, processo che si concluderà con lo scioglimento il 3 febbraio 1991. La stessa crisi del 1992 di tangentopoli non riesce ad essere riassorbita dal sistema politico, il collante dell’anticomunismo è debole perché i comunisti del vecchio PCI sono già svaniti in Italia e di conseguenza la funzione storica della DC scompare, la DC viene travolta dagli scandali e fa la stessa fine dei socialisti. Inizia i processo di sostituzione delle vecchie componenti politiche conservatrici con la costruzione di Forza Italia, movimento politico italiano che vedrà la sua definitiva fondazione il 18 gennaio 1994. La politica di oggi in Italia è un po’ figlia della caduta del muro di Berlino, il presidente Berlusconi spesso paventa il pericolo dei comunisti per raccogliere qualche consenso elettorale, ma i comunisti non ci sono più, e forse non c’erano neanche prima, il primo liquidatore dei comunisti fu il compagno Stalin.
L’Italia ha conosciuto nel drammatico novecento il fascismo, un altro mito del novecento di costruzione di una società autoritaria e totalitaria. Il fascismo cadde per una guerra e per una resistenza portata avanti da comunisti, socialisti e democratici. Il comunismo del dopoguerra in Italia è descrivibile come un comunismo bonaccione improntato alla figura di Peppone che contrasta Don Camillo; ma anche un comunismo ideale di lotta con vittime come quelle di Portella delle Ginestre e di tanti sindacalisti. Una storia quella dei comunisti italiani ben diversa da quella dell’URSS, ma c’erano anche gli incontri internazionali e i convegni con i compagni dell’URSS, e c’era anche il compagno Togliatti che aveva abitato per tanti anni in URSS, che conosceva bene Stalin e il suo modo di costruire il socialismo in un solo paese. Togliatti sapeva anche più di Krusciov ma ben si guardò di parlare di esecuzioni e di gulag; parlò di una Via italiana al socialismo improntata al rispetto delle regole democratiche, poteva dire qualche parola di più su quello che era accaduto e stava accadendo in URSS ma si guardò bene dal farlo. Quando nel 1953 Stalin morì, l’Unità così scrisse: “Gloria eterna all'uomo che più di tutti ha fatto per la liberazione e per il progresso dell'umanità”.

francesco zaffuto

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(immagine “il tramonto dell’ideologia”china © francesco zaffuto link Altre allegorie)

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