11/12/09
Siamo ancora lontani dallo scoppio della pace
L’assegnazione del Nobel ad Obama aveva tutto l’aspetto di un progetto di speranza; il presidente del comitato norvegese, Thorbjoern Jagland, aveva motivato il premio per "la visione e gli sforzi di Obama per un mondo senza armi nucleari".
In passato i Nobel a progetto non hanno dato grandi risultati, non approdarono a risultati i nobel assegnati ad Arafat e Peres, la guerra in Palestina è continuata.
Alcuni giorni prima di ritirare il premio Obama ha preso la decisione di aumentare le truppe americane in guerra in Afganistan con altri 30.000 uomini; motivo, vincere quella guerra in meno di due anni.
In passato i Nobel a progetto non hanno dato grandi risultati, non approdarono a risultati i nobel assegnati ad Arafat e Peres, la guerra in Palestina è continuata.
Alcuni giorni prima di ritirare il premio Obama ha preso la decisione di aumentare le truppe americane in guerra in Afganistan con altri 30.000 uomini; motivo, vincere quella guerra in meno di due anni.
Obama al momento di ritirare il premio parla per trentasei minuti, sostiene che «la guerra è necessaria». Il riferimento è alla «guerra giusta», quella che si combatte per difendere i diritti inviolabili degli uomini: «Ci saranno tempi in cui le nazioni, agendo da sole o in concerto, troveranno l’uso della forza non solo necessario ma anche moralmente giustificato». Una guerra «giusta», o meglio giustificata, l’ha definita, che deve rispondere a precisi requisiti per essere scatenata: «quando è l’ultima risorsa possibile, quando è di difesa e quando si risparmiano per quanto possibile le vite dei civili». «Questo concetto di guerra giusta raramente nella storia è stato rispettato», ha detto aggiungendo che lui stesso non ha con sé «una soluzione definitiva ai problemi della guerra». La guerra come al solito è contro il male che esiste nel mondo, e come capo del suo popolo userà i mezzi a disposizione per difendere il suo popolo. «Un movimento non violento non avrebbe potuto fermare l’esercito di Hitler e non è con i negoziati che si convincono i leader di al Qaida a deporre le armi». Dopo il discorso sulla guerra giusta Obama per riprendere a parlare di pace ha fatto ricorso alla figura di Martin Luther King: «La violenza non porta mai alla pace duratura, non risolve i problemi sociali: ne crea soltanto di nuovi e più complicati». A Martin Luther King, e a Gandhi, Obama dedica un tributo: «ma come capo di Stato ho giurato di proteggere e difendere la mia nazione, non posso essere guidato soltanto dal loro esempio».
Il discorso di Obama è stato un discorso di giustificazione di una guerra giusta che si combatte per gli ideali; la sua definizione di guerra giusta non si distanzia dalle chiacchiere con cui tutti i capi hanno sostenuto una guerra, anche lo stesso Hitler disse che la sua guerra era giusta e che Dio era con lui.
Non è un bel discorso mister Obama, forse è il peggiore tra quelli che abbiamo sentito; le guerre non si possono distinguere tra giuste ed ingiuste. Le guerre si possono esaminare solo sotto il profilo dei fatti storici e una più corretta distinzione si può fare sull’entrata in guerra:
l’entrata in guerra per conquistare ed offendere,
l’entrata in guerra per difendersi da un attacco di conquista.
La legittimità di difendersi si può considerare come uno stato di necessità per non soccombere. La lotta contro l’espansione di Hitler aveva una giustificazione nella difesa; ma anche in tale guerra i difensori eccedettero con atti che non si potevano giustificare con la necessità di difesa: la distruzione di Dresda e le due bombe atomiche su due città del Giappone.
Se la lotta difensiva contro l’espansione di Hitler aveva una giustificazione nella difesa, i tanti interventi degli USA dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi non si possono ascrivere a motivi di difesa. Con la logica del “si vis pacem para bellum” (se vuoi la pace prepara la guerra); i romani conquistarono tutto il Mediterraneo e tutta l’Europa; gli americani hanno seguito la stessa logica per mantenere il ruolo di prima superpotenza economica.
E’ comprensibile la speranza della giuria che ha conferito il premio ad Obama ed è comprensibile che Obama abbia dovuto chiarire il suo ruolo di capo di Stato; ma se Obama avrà fatto di tutto per la pace lo potremo dire alla fine della sua epoca politica.
Oggi lo scenario di armamenti nucleari non è stato certo neutralizzato e una guerra mondiale avrebbe risultati catastrofici per l’intero pianeta; le guerre locali in atto sono estremamente cruente ma sono ben lontane dagli effetti di una guerra mondiale, ma da una guerra locale si può accendere la miccia che espande il conflitto. Obama si è mosso per riannodare i rapporti con Russia e Cina e per ridare credibilità all’ONU come organismo internazionale, questi primi passi sono in una buona direzione, ma occorre uscire dalle secche delle guerre nel Medio Oriente e su questo campo regna ancora molta confusione.
Oggi è necessario non tanto venerare Obama ma fare di tutto per farlo giocare dalla parte della pace, e se è necessaria qualche critica è meglio farla.
Nota: una nota a margine, il viaggio di Obama per ritirare il premio Nobel è costato una cifra superiore 11 volte il premio stesso
francesco zaffuto
francesco zaffuto
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(immagine “venerazione” matita © francesco zaffuto link Altre allegorie)
(immagine “venerazione” matita © francesco zaffuto link Altre allegorie)
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