martedì 29 dicembre 2009

Le tappe della crisi e il 2010

BUON 2010 a tutti e sopratutto a chi ne ha più bisogno
(immagine – “noi” acrilico e figure © arianna veneroni http://www.flickr.com/photos/arive11/ )
Noi siamo una parte, ma siamo anche il tutto - ho scelto questa immagine come commento sintetico a questo ultimo articolo del 2009 sulla crisi del 2009)
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29/10/09
Questo blog è nato nel 2009, nell’anno in cui maggiormente si sono sentiti gli effetti della crisi economica, è stato chiamato“la crisi 2009” e continuerà a chiamarsi allo stesso modo anche negli anni successivi, anni in cui si spera un buon superamento della crisi.
In chiusura dell’anno 2009 possiamo tentare di ripercorrere le tappe di questa particolare crisi economica di inizio secolo e vedere quali possono essere i presupposti per il suo superamento.

Le tappe della crisi

Nella seconda metà del 2006 comincia a sgonfiarsi la bolla immobiliare statunitense, molti possessori di mutui subprime divengono insolventi a causa del rialzo dei tassi di interesse, le difficoltà diventano evidenti nel febbraio-marzo 2007.

(Dalla fine degli anni novanta agli inizi del 2000 le banche americane si erano fatte promotrici senza scrupoli dell’usura di una grande massa di capitalisti che si rivolgeva a loro per investire denaro. Una grande massa di capitale finanziario non investito nella produzione aveva scelto la strada di moltiplicare se stesso senza alcun rischio legato alla produzione – niente di meglio che prestare denaro per fare aumentare il denaro. A chi prestarlo? Alla grande massa dei consumatori, promettendo un benessere immediato. Il desiderio di una bella casa è comune ad ogni famiglia americana; si poteva operare su quelli che la casa non l’avevano e su quelli che ne desiderano una più bella e più grande. Subprime, la solita paroletta composita in inglese significa nei fatti: prestiti con facilitazioni iniziali e interessi crescenti nel futuro, godi e poi si vedrà. Pareva che tutti ci stessero guadagnando: compagnie di costruzione, agenti immobiliari, istituti bancari e produttori di materiali edili. Chi più ci guadagnava erano i dirigenti delle banche che riuscivano a dimostrare attività sempre in aumento pretendendo lauti premi su utili presenti e futuri. A fronte dei mutui concessi si emettevano titoli spazzatura che venivano venduti ad altri istituti di credito in tutto il mondo, le garanzia erano il solo buon nome delle grandi società finanziarie emittenti.)

Nella prima metà dell'Agosto 2007, le preoccupazioni su un possibile crollo dell'industria dei mutui subprime causano una netta caduta degli indici di borsa Nasdaq e Dow Jones, con serie ripercussioni sui listini di tutto il mondo.

Nel gennaio 2008, il prezzo del petrolio supera i 100 dollari, nei mesi successivi arriva a salire fino 147 dollari a barile. Anche altre materie prime sono state sottoposte a forti ondate speculative.

(Su che cosa stava scommettendo la speculazione finanziaria sul petrolio? Sull’aumento del prezzo delle materie prime per l’aumento della domanda di nazioni emergenti come Cina e India; sul panico per la diminuzione delle risorse energetiche; sui ritardi della ricerca tecnologica per le fonti alternative. Gli speculatori finanziari spingono al massimo la speculazione fino all’agosto 2008, poi toccato il livello più alto cominciano a ripiegare in ritirata accontentandosi dei guadagni realizzati, nel frattempo hanno messo in difficoltà interi settori industriali. Le maggiori banche di affari si sono come al solito prestate come assistenti tecnici di tutte queste azzardate speculazioni.)

Nel settembre 2008, arriva il crollo e la bancarotta di diverse società legate al credito ed alla finanza immobiliare; crollano negli USA la banca di investimenti Lehman Brothers, le società di mutui Fannie Mae e Freddie Mac, la società di assicurazioni AIG. Il 22 settembre 08 Goldman Sachs e Morgan Stanley da banche d’affari diventano banche normali.
Le notizie dei crolli cominciano ad espandersi nel mondo; le banche europee ed asiatiche, che si erano legate alla speculazione immobiliare americana acquistando titoli spazzatura, avvertono tutti gli effetti del disastro. Segue una nuova caduta degli indici borsistici, e negli ultimi mesi dell’anno 2008 si registrano perdite del 40% rispetto al gennaio 2008. La caduta delle borse nel mondo continuerà fino al marzo del 2009.
Nell'aprile 2009, il Fondo Monetario Internazionale ha stimato in 4.100 miliardi di dollari Usa il totale delle perdite delle banche ed altre istituzioni finanziarie a livello mondiale. Come se di colpo duecento milioni di lavoratori avessero perso il loro reddito per un anno.
In tutto il 2009 la crisi comincia a espandersi come generale caduta della domanda di beni da parte dei consumatori, di conseguenza sovraproduzione di beni invenduti e riflessi pesanti sull’occupazione. Alle famiglie in difficoltà per il pagamento dei mutui cominciano a sommarsi le famiglie in difficoltà per la disoccupazione. Lo stesso effetto psicologico della crisi ha invitato tutti a comportamenti prudenziali sul piano dei consumi e di conseguenza la domanda di beni è continuata a restringersi aumentando la crisi stessa.

Le previsioni per il 2009 della Banca Mondiale (riferite dallo stesso presidente Robert Zoellick) erano: una contrazione dell’economia mondiale fra l’1 e il2%; e una contrazione del commercio globale pari al 9%; dati globali che non si vedevano dalla Seconda guerra mondiale. In termini di occupazione l’International Labour Organization, organismo dell’ONU, ha previsto per il 2009 un aumento tra i 18 e i 30 milioni di disoccupati a livello mondiale rispetto ai livelli del 2007, con una espansione fino a 50 milioni in caso di peggioramento della crisi. Presto arriveranno i dati definitivi sul 2009, ed, nonostante il debole recupero della domanda di beni registrato sul fine anno, è presumibile che rimangano gravi come le previsioni.

E’ facile prevedere per il 2010 un fenomeno di trascinamento della crisi, con una tendenziale ripresa della domanda e con un perdurare delle difficoltà sul piano occupazionale. Il piano occupazionale si è anche aggravato per il comportamento di diverse aziende che stanno approfittando della crisi stessa per avviare ristrutturazioni produttive al fine di ridurre i costi; come al solito il primo costo che si tende a ridurre è quello del personale. Rispetto a una domanda contenuta e non in espansione la logica di molte aziende diventa quella di ricercare il profitto attraverso la riduzione dei costi e rinunciando al potenziamento dell’offerta.

Le misure protettive adottate
Nell’ottobre 2008, l’ECOFIN, organismo del Consiglio Europeo, ha stabilito, una protezione garantita di ciascun deposito bancario personale di almeno 50.000 euro. In Italia tale garanzia è stata elevata a 140.000 euro. Le banche centrali, hanno agito come prestatori con interventi di aiuto mirati e in un secondo momento hanno abbassato notevolmente il costo del denaro in modo da assicurare sufficiente liquidità all'intero sistema. Questo insieme alle garanzie governative sui depositi ha evitato il fenomeno della "corsa agli sportelli" e quindi effetti ancora più devastanti sull'intera economia.

Alcuni grandi istituti finanziari hanno ricevuto aiuti diretti dei governi: Freddie Mac e Fannie May negli Usa, il gigante delle assicurazioni AIG, Northern Rock in Gran Betragna e Fortis e Dexia in Belgio ecc. Il Governo americano ha predisposto un pacchetto di salvataggio (bailout) del valore di 700 miliardi di dollari per scongiurare i fallimenti prima che potessero avvenire.

Alcune misure protezionistiche sono state prese in particolare da USA e Francia. Gli USA con l’American Recovery and Reinvestment Act (stimulus package, o pacchetto di stimolo fiscale) hanno introdotto la clausola del “Buy American”. Tale clausola prevede, che le industrie americane utilizzino, per i progetti finanziati dal pacchetto di stimolo fiscale (costruzione, modifica, mantenimento, riparazione di edifici pubblici o altri lavori pubblici) ferro, acciaio e prodotti manifatturieri di esclusiva provenienza statunitense. In Francia è stato approvato il “Pacte Automobile”, il piano di sostegno alle industrie automobilistiche, che prevede prestiti governativi a medio termine (5 anni) fino ad un massimo di 6,5 miliardi di euro alle industrie del settore automobilistico francese (in particolare PSA Peugeot Citroen e Renault), purché dette imprese si impegnino a non chiudere gli impianti attivi sul territorio francese per tutta la durata del prestito e a fare tutto il possibile per evitare esuberi di personale.

La corsa alle misure protezionistiche è stata comunque limitata e non ha avuto niente di simile alle misure protettive che furono adottate per fronteggiare la crisi del 1929. Gli USA, anche per il nuovo indirizzo di Obama, hanno cercato il concorso di altri paesi e tentato di potenziare gli istituti mondiali. Il G8 è diventato, nel corso del 2009, G20, e per un paio di volte si è riunito nel 2009 per definire alcune strategie comuni.

I leader del G20 si sono impegnati a garantire 1.000 miliardi di dollari al Fondo Monetario Internazionale (Fmi) e ad altre istituzioni internazionali; e 5.000 miliardi di dollari nell'economia mondiale entro la fine del 2010.
Inizia una lotta contro i paradisi fiscali: nei due elenchi predisposti dall’OCSE, la lista nera e la lista grigia, vengono collocati i paesi che fino ad oggi, per l’elevata protezione del segreto bancario, hanno permesso il transito di capitali di evasori e riciclatori. Verso i paesi inseriti nella lista nera e grigia potranno gravare sanzioni e vincoli amministrativi.
Riguardo alle misure per fare rientrare i capitali dai paradisi fiscali nei diversi paesi di origine sono state prese misure in ordine sparso e con modalità diverse; Italia ha operato con il tanto discusso scudo fiscale, un specie di salvacondotto per fare rientrare i capitali prima di misure restrittive con una sola penalizzazione fiscale del 5%.

Non si è trovato il coraggio di eliminare i fondi speculativi (hedge funds e private equity funds) e non si è trovato il coraggio di eliminare alcuni contratti di borsa altamente speculativi legati ai cosiddetti strumenti derivati.

La proposta di Brown di tassare le transazioni globali per frenare la speculazione e realizzare un fondo di aiuto ai paesi poveri è stata subito scartata.

I fondi in aiuto ai paesi in via di sviluppo, particolarmente colpiti sono: quelli del G8 dell’Aquila appena 20 miliardi di dollari per l’Africa; più l’impegno raggiunto Copenaghen di uno stanziamento di 30 miliardi di dollari, da parte dei paesi sviluppati nei prossimi tre anni e 100 miliardi di dollari entro il 2020 per il finanziamento di progetti nei paesi poveri per la promozione dell'energia pulita e per la lotta contro la siccità, la salita del livello dei mari e altri cambiamenti climatici (qualcosa di ben distante dalla somma complessiva di 5.000 miliardi).

La maggior parte dei fondi USA e paesi europei li hanno investiti e continueranno ad investirli per arginare il tracollo del sistema bancario, ma senza voler porre mano alle regole del sistema. Anche il tentativo di eliminare i Bonus ai manager bancari ha avuto un risultato modesto e potrà avere applicazione solo in caso di banche aiutate da finanziamenti pubblici.

Le strategie di uscita dalla crisi sono tutto sommato modeste e inferiori a quelle che presero nel 1929 singolarmente i diversi stati (allora si operò con misure di controllo del sistema bancario, con la divisione tra credito a breve e credito a medio-lungo termine, si volle distinguere tra banche di affari e banche operanti sul credito ordinario, si intervenne con la fondazione d’istituti di credito pubblico). Oggi il dato positivo pare essere la volontà di operare sul piano mondiale in modo multilaterale ma a l’operare è stato limitato.
L’uscita dalla crisi in qualche modo ci sarà, il capitalismo dopo un’opera di distruzione di energie rigenera nuovamente una domanda e un’offerta di beni. Ciò accade dopo una strage di aziende e famiglie, e si riprende con gli stessi meccanismi, come se nulla fosse mai accaduto, ricostruisce sulle sue macerie, e i gruppi più forti acquisiscono nuove posizioni di dominio sul mercato a scapito di tutti i piccoli.

Ma questa ultima crisi economica dimostra che il capitalismo senza regole e senza alcuna mitigazione di interventi statali è destinato nel tempo a generare una crisi successiva. La crisi odierna si è prodotta negli USA che sono stati il centro motore dell’economia liberista più estrema, l’Europa ha avuto un impatto inferiore grazie ai suoi istituti ancora in piedi ereditati da una tradizione socialdemocratica.

Occorre guardare in faccia con onestà a quello che è accaduto. La fine del novecento ha rivelato la crisi economica e sociale dei sistemi totalitari e centralistici che facevano riferimento al comunismo sovietico. L’inizio del duemila ha rivelato che il capitalismo senza regole e senza interventi statali è fragile come sistema economico. Si ripropone di nuovo la via di mezzo che negli anni ottanta è stata tanto osteggiata, la via di mezzo del sistema misto e della socialdemocrazia.

Ma forse occorre una socialdemocrazia moderna improntata a scelte di prospettiva: interventi statali senza soffocamento dell’iniziativa privata; limiti all’arricchimento; attenzione all’impatto ambientale; attenzione all’impatto sociale della disoccupazione; attenzione agli equilibri di pace nel mondo; liberazione dell’uomo dalla miseria e dalla fame in ogni angolo del pianeta.

La crisi e l’Italia
Tremonti alla conferenza sull’economia di fine anno ha detto che durante la crisi "l'Italia ha
dimostrato una forte tenuta. Sappiamo che ci sono situazioni, famiglie in difficoltà, ma il sistema nel suo complesso ha tenuto, tiene e terrà".

Certo, ma per quale motivo? Il merito non è delle misure dell’attuale governo e neanche di un particolare comportamento degli italiani in questa fase. L’Italia si è presentata a questa crisi con una forma organizzativa ben diversa rispetto agli USA. Se non ci siamo ridotti a dormire sotto i ponti come molti americani lo dobbiamo a due meriti:
- gli istituti pubblici di mutualità sociale del sistema Italia, pensione, sanità e scuola che provengono da una politica socialdemocratica (questi istituti hanno nei fatti protetto il reddito delle famiglie e la flessione della domanda di beni è stata limitata);
- il tradizionale comportamento degli italiani verso il risparmio e verso l’investimento del risparmio in titoli dello Stato, (certo lo Stato è indebitato, ma il debito poggia sostanzialmente sullo stesso risparmio degli italiani).

La debolezza del sistema Italia in questo momento è un welfare che protegge solo una parte dei lavoratori e ne lascia scoperti tanti altri; certo è un malessere di un numero limitato di famiglie ma si tratta di un malessere profondo a cui il governo non ha voluto ancora dare una risposta concreta.
Nel 2010 il problema per l’Italia è composto da: precariato, lavoratori autonomi al margine della miseria, lavoro in nero, disoccupazione non assistita dal alcuna forma di welfare. Non si tratta di essere ottimisti o pessimisti, si tratta di operare.
BUON 2010 a tutti e sopratutto a chi ne ha più bisogno.
francesco zaffuto

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