Nelle mani delle donne il destino della nuova umanità
08/03/10
Ci sono due grandi eventi che possono compiersi in modo catastrofico in questo ventunesimo secolo:
- la grande espansione demografica fino al 2050
- il possibile conflitto tra occidente ed oriente per le grandi differenze di costume
Rispetto a queste due tendenze già in atto, ma che nel futuro potrebbero assumere aspetti sempre più gravi, il ruolo delle donne, divenute protagoniste coscienti della loro liberazione da oppressioni sociali e condizionamenti culturali, potrebbe innescare un processo di riequilibrio mondiale.
Il primo problema, l’espansione demografica e la catastrofe che essa comporta nei paesi sottosviluppati, richiama immediatamente una questione di fondo dalla donna mai veramente risolta e totalmente gestita neppure nei paesi sviluppati: il suo rapporto con la procreazione.
Non è certo con la limitazione forzata delle nascite, praticata in paesi come la Cina, che si risponde alla grande espansione demografica, ma solo con una educazione alla consapevolezza, accompagnata dal diffondersi di strumenti di controllo e di limitazione delle nascite si costruisce una cultura di maternità libera e dignitosa in luogo di un meccanico processo riproduttivo subìto passivamente. A questo proposito va ricordato che il livello di passività culturale subìto dalle donne nei paesi africani le porta ad accettare e trovare giusto che attraverso la pratica delle mutilazioni genitali siano praticamente private di ogni piacere sessuale, anzi, che della sessualità conoscano solo il dolore anche nei normali rapporti oltre che nel parto, e che tutto ciò che rimane del loro essere donne è mettere al mondo tutti i figli che arrivano.
D’altra parte, mentre la sottocultura del terzo mondo produce un sovraffollamento a cui la natura risponde con una agghiacciante mortalità infantile (ci siamo mai chiesti fra l’altro per una donna africana cosa può significare, dopo tutte le altre sofferenze, dover poi assistere alla morte di tanti figli?), siamo poi così sicuri che dietro il calo delle nascite nei paesi occidentali , che li ha portati a crescita zero, non si nasconda anche una difficoltà ad esercitare una libera maternità? Quello che noi possiamo vedere a occhio nudo è che intanto si sta creando uno squilibrio tra paesi benestanti con una popolazione sempre più formata da vecchi e una folla di nuovi “schiavi” che approdano dai continenti sovraffollati per accudirli. Ma un dato concreto su quali o quante motivazioni possano costringere le donne a rinunciare alla maternità non lo possediamo. Sappiamo solo che l’organizzazione del lavoro che rende difficile conciliare famiglia e orari, l’età che spesso oggi le donne impegnate nello studio e la ricerca del lavoro raggiungono, per non parlare di incredibili episodi di donne non assunte o licenziate perché incinte, sono lo spiraglio di drammatiche rinunce non sempre ammesse.
Concludendo quindi sul primo punto, la conquista dell’esercizio di una maternità liberamente scelta, oltre a restituire dignità e decisionalità alla donna nel fattore esistenziale più importante della sua vita , tende a produrre come conseguenza un importantissimo elemento di riequilibrio nel problema demografico sul pianeta.
Considerando poi il conflitto fra oriente ed occidente in atto, i cui fattori politico-economici sono certamente molteplici e complessi, non si può non rilevare quanto spazio venga dato all’aspetto culturale e religioso che ne costituirebbe la base (sia pure pretestuosa), il cosiddetto scontro di civiltà. Sotto tale aspetto la risposta migliore sarebbero i processi di integrazione, la conoscenza ed il riconoscimento reciproco, sia pure nelle diversità di costume, di valori culturali ed umani presenti da ambo le parti. Ma non è un caso che ancora una volta può diventare centrale il ruolo della donna, se si considera che il maggior attrito, l’impossibilità di accettazione nel confronto fra modelli culturali, ha come oggetto da entrambe le parti il modello femminile nella società, il suo ruolo nella famiglia, la sessualità, l’immagine. Solo quando le donne si faranno protagoniste di un processo di liberazione da modelli imposti dal mondo maschile, dalla società, da religioni interpretate in modo repressivo e discriminatorio nei loro confronti, e sentiranno di essere prima di tutto persone, con la stessa dignità, libertà e autonomia a cui hanno diritto paritariamente tutti gli esseri umani,si riconosceranno unite tra loro, al di là dei confini culturali. Forse allora le donne orientali si rifiuteranno di portare un velo che le nasconde,di non poter svolgere attività pubbliche, di subire matrimoni imposti fin da bambine (ci sono movimenti e singole donne che lo stanno già facendo, alcune hanno pesantemente pagato di persona sia in oriente che in occidente) ; e le donne
occidentali sentiranno tutta la violenza di essere considerate oggetti sessuali, si rifiuteranno di subire mode ridicole, modelli mediatici erotici e umilianti, o di imitare atteggiamenti maschili degradanti. Su questo piano potrebbe verificarsi un vero incontro fra le donne del mondo che costituirebbe così anche una vera integrazione ed un progresso collettivo di civiltà.
Maria Luisa Ferrantelli
(immagine “albero di mimose verso il mare” olio © francesco zaffuto link Fiori e piante)
- la grande espansione demografica fino al 2050
- il possibile conflitto tra occidente ed oriente per le grandi differenze di costume
Rispetto a queste due tendenze già in atto, ma che nel futuro potrebbero assumere aspetti sempre più gravi, il ruolo delle donne, divenute protagoniste coscienti della loro liberazione da oppressioni sociali e condizionamenti culturali, potrebbe innescare un processo di riequilibrio mondiale.
Il primo problema, l’espansione demografica e la catastrofe che essa comporta nei paesi sottosviluppati, richiama immediatamente una questione di fondo dalla donna mai veramente risolta e totalmente gestita neppure nei paesi sviluppati: il suo rapporto con la procreazione.
Non è certo con la limitazione forzata delle nascite, praticata in paesi come la Cina, che si risponde alla grande espansione demografica, ma solo con una educazione alla consapevolezza, accompagnata dal diffondersi di strumenti di controllo e di limitazione delle nascite si costruisce una cultura di maternità libera e dignitosa in luogo di un meccanico processo riproduttivo subìto passivamente. A questo proposito va ricordato che il livello di passività culturale subìto dalle donne nei paesi africani le porta ad accettare e trovare giusto che attraverso la pratica delle mutilazioni genitali siano praticamente private di ogni piacere sessuale, anzi, che della sessualità conoscano solo il dolore anche nei normali rapporti oltre che nel parto, e che tutto ciò che rimane del loro essere donne è mettere al mondo tutti i figli che arrivano.
D’altra parte, mentre la sottocultura del terzo mondo produce un sovraffollamento a cui la natura risponde con una agghiacciante mortalità infantile (ci siamo mai chiesti fra l’altro per una donna africana cosa può significare, dopo tutte le altre sofferenze, dover poi assistere alla morte di tanti figli?), siamo poi così sicuri che dietro il calo delle nascite nei paesi occidentali , che li ha portati a crescita zero, non si nasconda anche una difficoltà ad esercitare una libera maternità? Quello che noi possiamo vedere a occhio nudo è che intanto si sta creando uno squilibrio tra paesi benestanti con una popolazione sempre più formata da vecchi e una folla di nuovi “schiavi” che approdano dai continenti sovraffollati per accudirli. Ma un dato concreto su quali o quante motivazioni possano costringere le donne a rinunciare alla maternità non lo possediamo. Sappiamo solo che l’organizzazione del lavoro che rende difficile conciliare famiglia e orari, l’età che spesso oggi le donne impegnate nello studio e la ricerca del lavoro raggiungono, per non parlare di incredibili episodi di donne non assunte o licenziate perché incinte, sono lo spiraglio di drammatiche rinunce non sempre ammesse.
Concludendo quindi sul primo punto, la conquista dell’esercizio di una maternità liberamente scelta, oltre a restituire dignità e decisionalità alla donna nel fattore esistenziale più importante della sua vita , tende a produrre come conseguenza un importantissimo elemento di riequilibrio nel problema demografico sul pianeta.
Considerando poi il conflitto fra oriente ed occidente in atto, i cui fattori politico-economici sono certamente molteplici e complessi, non si può non rilevare quanto spazio venga dato all’aspetto culturale e religioso che ne costituirebbe la base (sia pure pretestuosa), il cosiddetto scontro di civiltà. Sotto tale aspetto la risposta migliore sarebbero i processi di integrazione, la conoscenza ed il riconoscimento reciproco, sia pure nelle diversità di costume, di valori culturali ed umani presenti da ambo le parti. Ma non è un caso che ancora una volta può diventare centrale il ruolo della donna, se si considera che il maggior attrito, l’impossibilità di accettazione nel confronto fra modelli culturali, ha come oggetto da entrambe le parti il modello femminile nella società, il suo ruolo nella famiglia, la sessualità, l’immagine. Solo quando le donne si faranno protagoniste di un processo di liberazione da modelli imposti dal mondo maschile, dalla società, da religioni interpretate in modo repressivo e discriminatorio nei loro confronti, e sentiranno di essere prima di tutto persone, con la stessa dignità, libertà e autonomia a cui hanno diritto paritariamente tutti gli esseri umani,si riconosceranno unite tra loro, al di là dei confini culturali. Forse allora le donne orientali si rifiuteranno di portare un velo che le nasconde,di non poter svolgere attività pubbliche, di subire matrimoni imposti fin da bambine (ci sono movimenti e singole donne che lo stanno già facendo, alcune hanno pesantemente pagato di persona sia in oriente che in occidente) ; e le donne
occidentali sentiranno tutta la violenza di essere considerate oggetti sessuali, si rifiuteranno di subire mode ridicole, modelli mediatici erotici e umilianti, o di imitare atteggiamenti maschili degradanti. Su questo piano potrebbe verificarsi un vero incontro fra le donne del mondo che costituirebbe così anche una vera integrazione ed un progresso collettivo di civiltà.
Maria Luisa Ferrantelli
(immagine “albero di mimose verso il mare” olio © francesco zaffuto link Fiori e piante)
Good job cool blogs.
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