I partiti, dopo il referendum (aprile 1993) che abrogava il finanziamento pubblico con il 90,3% dei voti (ben 31.225.827 di voti espressi), hanno avuto la faccia tosta di varare l’aumento dei rimborsi delle spese elettorali nel dicembre 1993. Con il potenziamento del rimborso delle spese elettorali nei fatti reintrodussero il finanziamento pubblico ai partiti abrogato con il referendum.
Il rimborso delle spese elettorali è un assurdo sul piano logico: lo Stato non può rimborsare sulla base della lista effettiva delle spese il partito A con € 1.000 per manifesti e volantini e nel contempo rimborsare il partito B con € 10.000 per manifesti e volantini, accettando la logica del più spendi e più ti rimborso; sarebbe una logica aberrante e verrebbe a premiare i partiti che d’azzardo spendono di più; di conseguenza il rimborso deve per forza fare riferimento al risultato dei voti in modo forfettario. Il meccanismo del rimborso è solo la scusa per gli idioti, nei fatti si tratta di un pubblico finanziamento ai partiti.
Ricordo che nel 93 al referendum votai per l’abrogazione del finanziamento; oggi alla luce della discesa in campo politico di un miliardario, e con tutte le vicissitudini vissute in Italia, avrei molti dubbi e penso che valga la pena di fare una ulteriore riflessione.
Mi pongo alcune domande, la prima è questa: la natura di un partito è pubblica o è privata? Potrei rispondere che la natura in origine è privata perché parte dall’iniziativa di singoli individui che intendono consociarsi insieme per fare qualcosa; ma le conseguenze di questo fare sono integralmente pubbliche perché si ripercuotono nell’organizzazione dello Stato e nelle decisioni di legge dello Stato stesso; se vogliamo dare peso ai fatti possiamo dire che la natura di un partito è pubblica.
La seconda domanda che mi pongo è: il solo finanziamento privato cosa determina?
Può determinare che i partiti sostenuti dai cittadini con più mezzi monetari diventano potenti e i partiti sostenuti da cittadini con pochi mezzi monetari potranno fare ben poco o sparire. Poiché il finanziamento privato spesso determina commistione di interessi, il lobbismo che in qualche modo condiziona la vita politica finirebbe per condizionarla in modo integrale.
La terza domanda che mi pongo è: quale danno è più grave, quello di un esclusivo finanziamento privato o quello dell’esistenza di un finanziamento pubblico?
Il costo (o danno) di un finanziamento pubblico per i cittadini è ben definito dall’entità delle somme stesse del finanziamento pubblico; il danno di un esclusivo finanziamento privato non è quantificabile. Con l’esistenza del finanziamento pubblico la magistratura (e anche la stessa pubblica opinione) può entrare nel merito del quanto e nel merito del come va speso il finanziamento; con l’esistenza del solo finanziamento privato la magistratura può entrare nel merito solo per casi di evidente corruzione.
A seguito di questa limitata riflessione protenderei oggi per un limitato finanziamento pubblico ai partiti, ed eviterei la sciocca definizione di rimborsi.
LIMITATO e non come è stato fino ad oggi.
INTANTO RINUNCIASSERO AGLI ULTIMI ECCESSIVI FINANZIAMENTI.
Poi, non più di uno o due Euro per ogni voto ottenuto nelle sole elezioni politiche per il Parlamento nazionale e con vincoli di destinazione: divieto di fare operazioni di investimento all’estero, investimenti immobiliari solo per apertura di sedi , divieto di elargire fondi a privati tranne che per gli stipendi di dipendenti assunti con contratto, pagamenti derivanti da fatture solo in relazione alla manutenzione di sedi, propaganda elettorale, manifestazioni e congressi; la parte di denaro non spesa deve essere investita esclusivamente in titoli dello Stato.
Lo stesso finanziamento privato deve essere trasparente e ogni donazione ai partiti superiore a € 10 deve essere documentata. Va posto anche un limite alle donazioni dei privati ai partiti, per fare in modo che non diventino ostaggio di poche persone o di società esterne. Alle società e agli enti vanno proibite le donazioni ai partiti e le donazioni personali non debbono superare € 1.000 l’anno. Le stesse donazioni ereditarie ai partiti vanno proibite; perché i partiti non hanno le caratteristiche di enti di beneficenza, sono gruppi che si candidano alla amministrazione della cosa pubblica.
10/04/12 francesco zaffuto
Immagine – aula del Parlamento
C'è una logica ferrea in quanto scrivi sui finanziamenti ai partiti. Ammetto di non averci mai pensato in questi termini.
RispondiEliminaMi sembra tutto giustissimo.
Grazie per queste riflessioni, Francesco.
Ciao,
Lara
Devo dire che il tuo discorso ha una buona logica. Sarebbe più importante limitare e rendere trasparente il finanziamento pubblico che abolirlo. Peccato che qualsiasi discorso di tagli alla politica non venga neppure preso in considerazione :-(
RispondiEliminaMi era sfuggito l'impressionamento aumento dei finanziamenti o - formalmente - rimborsi ai partiti. Vanno secondo me ridimensionati. Ma il principio va difeso, perché, come insegna la storia, i partiti dei ricchi e/o finanziati dai ricchi sarebbero in caso di abolizione del sostegno pubblico agevolati nel perpetuare l'ordine sociale esistente.
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