21/01/10
Si parla per quasi quaranta anni di “Riforma della scuola”, di percorsi formativi dopo la scuola media inferiore, di biennio unico o di biennio diversificato, si mette in campo una riforma complessa delle superiori e degli istituti professionali che sta cominciando a decollare; poi un tal Cazzola, appoggiato dal ministro Sacconi, presenta un emendamento al “disegno di legge sul lavoro” collegato alla Finanziaria e dispone che a 15 anni si può completare il biennio di istruzione obbligatoria semplicemente con un apprendistato presso una falegnameria.
Il provvedimento che è stato approvato ieri dalla Commissione lavoro della camera, approderà lunedì in Aula a Montecitorio, per poi tornare al Senato per il via libera definitivo. Intanto viene condito da dichiarazioni di questo tipo: Cazzola , «la norma consente di contrastare l’evasione dell’obbligo scolastico che è molto diffusa nell’ultimo anno»; Sacconi, “Non si tratta per nulla di anticipare l’età di lavoro, ma di consentire il recupero di un giovanissimo demotivato a seguire gli altri percorsi educativi attraverso una più efficace modalità di apprendimento in un contesto lavorativo»; Marcegaglia, «Chi lascia la scuola deve continuare ad avere formazione” . Non tarda ad arrivare il commento del ministro Gelmini, che non si sente spogliata delle sue competenze in materia scolastica, e dice: “Sono favorevole a qualsiasi iniziativa per inserire subito i giovani nel mondo del lavoro”. Ma Sig. Ministro si tratta di ragazzini di 15 anni. E’ così grave il ritardo se aspettiamo di inserirli a 16 anni? E’ così problematico se cerchiamo di inserire nel lavoro prima quelli che in questo momento hanno 18 anni e che stanno a spasso? Allora bando alle ciance; con l’approvazione di questo emendamento si è voluto ribadire che:
1) la scuola è incapace di formare le nuove generazioni, specie se queste nuove generazioni intendono rivolgersi al lavoro manuale;
2) la cosiddetta formazione culturale, come imparare la Lingua italiana e la Storia, è completamente inutile, e può bastare la formazione che si riceve ascoltando qualche spettacolo televisivo;
3) non è coniugabile la formazione della scuola con esperienze lavorative e si preferisce sostituire la scuola con il solo apprendistato in un’azienda;
4) chi si avvia a un lavoro manuale, meno sa e meglio è; avrà meno grilli per la testa.
Infine, si vogliono perseguire due effetti considerati benefici:
- per il Governo avere meno studenti e di conseguenza meno insegnanti a cui dare uno stipendio;
- per le aziende, inquadrare giovani a livelli retributivi più bassi rispetto al lavoro effettivamente svolto, e godere di forti sgravi contributivi con le norme sull’apprendistato.
Il ragazzo di 15 anni, demotivato o motivato verso lo studio, è un ragazzo in formazione che spesso non sa che cosa vuole, è in quella età di mezzo che a volte si vive drammaticamente. La scuola gli permette di pensare ancora un po’ sulle sue scelte e nel frattempo gli può dare qualche strumento formativo. Il giovane demotivato non diventa un criminale, signor Sacconi, perché demotivato verso lo studio ma perché c’è tanta criminalità in giro. Spesso abbiamo problemi di consumo di droga tra giovani che lavorano, e la possibilità di avere in tasca qualche soldo in più, ad una età poco appropriata, favorisce anche certi consumi.
Se vogliamo aiutare i giovani nella fascia di età tra 14 e 16 anni, miglioriamo la loro esperienza scolastica anche per l’aspetto culturale in generale; per quei giovani che si sentono orientati verso il lavoro facciamo in modo che possano fare durante il periodo scolastico alcune brevi esperienze formative in aziende che veramente vogliono investire nella formazione. Da sedici anni in poi si può cominciare con l’apprendistato per chi non vuole continuare negli studi; a sedici anni si è abbastanza giovani. Nel contempo, una società che vuole crescere, deve investire sulla formazione permanente anche degli adulti, perché sono tanti i giovani che poi in età più matura vorrebbero dedicare una parte del loro tempo alla ripresa degli studi.
Riguardo poi al cosiddetto biennio, di cui tanto si è discusso nel nostro paese senza approdare a una soluzione, va riconosciuta una dignità per lo studio svolto; un attestato di riconoscimento delle esperienze scolastiche che il giovane potrà vantare di avere raggiunto.
francsco zaffuto
Il provvedimento che è stato approvato ieri dalla Commissione lavoro della camera, approderà lunedì in Aula a Montecitorio, per poi tornare al Senato per il via libera definitivo. Intanto viene condito da dichiarazioni di questo tipo: Cazzola , «la norma consente di contrastare l’evasione dell’obbligo scolastico che è molto diffusa nell’ultimo anno»; Sacconi, “Non si tratta per nulla di anticipare l’età di lavoro, ma di consentire il recupero di un giovanissimo demotivato a seguire gli altri percorsi educativi attraverso una più efficace modalità di apprendimento in un contesto lavorativo»; Marcegaglia, «Chi lascia la scuola deve continuare ad avere formazione” . Non tarda ad arrivare il commento del ministro Gelmini, che non si sente spogliata delle sue competenze in materia scolastica, e dice: “Sono favorevole a qualsiasi iniziativa per inserire subito i giovani nel mondo del lavoro”. Ma Sig. Ministro si tratta di ragazzini di 15 anni. E’ così grave il ritardo se aspettiamo di inserirli a 16 anni? E’ così problematico se cerchiamo di inserire nel lavoro prima quelli che in questo momento hanno 18 anni e che stanno a spasso? Allora bando alle ciance; con l’approvazione di questo emendamento si è voluto ribadire che:
1) la scuola è incapace di formare le nuove generazioni, specie se queste nuove generazioni intendono rivolgersi al lavoro manuale;
2) la cosiddetta formazione culturale, come imparare la Lingua italiana e la Storia, è completamente inutile, e può bastare la formazione che si riceve ascoltando qualche spettacolo televisivo;
3) non è coniugabile la formazione della scuola con esperienze lavorative e si preferisce sostituire la scuola con il solo apprendistato in un’azienda;
4) chi si avvia a un lavoro manuale, meno sa e meglio è; avrà meno grilli per la testa.
Infine, si vogliono perseguire due effetti considerati benefici:
- per il Governo avere meno studenti e di conseguenza meno insegnanti a cui dare uno stipendio;
- per le aziende, inquadrare giovani a livelli retributivi più bassi rispetto al lavoro effettivamente svolto, e godere di forti sgravi contributivi con le norme sull’apprendistato.
Il ragazzo di 15 anni, demotivato o motivato verso lo studio, è un ragazzo in formazione che spesso non sa che cosa vuole, è in quella età di mezzo che a volte si vive drammaticamente. La scuola gli permette di pensare ancora un po’ sulle sue scelte e nel frattempo gli può dare qualche strumento formativo. Il giovane demotivato non diventa un criminale, signor Sacconi, perché demotivato verso lo studio ma perché c’è tanta criminalità in giro. Spesso abbiamo problemi di consumo di droga tra giovani che lavorano, e la possibilità di avere in tasca qualche soldo in più, ad una età poco appropriata, favorisce anche certi consumi.
Se vogliamo aiutare i giovani nella fascia di età tra 14 e 16 anni, miglioriamo la loro esperienza scolastica anche per l’aspetto culturale in generale; per quei giovani che si sentono orientati verso il lavoro facciamo in modo che possano fare durante il periodo scolastico alcune brevi esperienze formative in aziende che veramente vogliono investire nella formazione. Da sedici anni in poi si può cominciare con l’apprendistato per chi non vuole continuare negli studi; a sedici anni si è abbastanza giovani. Nel contempo, una società che vuole crescere, deve investire sulla formazione permanente anche degli adulti, perché sono tanti i giovani che poi in età più matura vorrebbero dedicare una parte del loro tempo alla ripresa degli studi.
Riguardo poi al cosiddetto biennio, di cui tanto si è discusso nel nostro paese senza approdare a una soluzione, va riconosciuta una dignità per lo studio svolto; un attestato di riconoscimento delle esperienze scolastiche che il giovane potrà vantare di avere raggiunto.
francsco zaffuto
(immagine - Raffaello - La scuola di Atene)
Ho provato cosa significa lavorare a quella eta'.......non mi hanno insegnato niente e mi hanno rovinato fisicamente.
RispondiEliminaLo scopo era "sfruttamento". Ora, dopo quasi 40 anni, provo pena e
rabbia, soprattutto perchè la maggior parte dei genitori che, non dovrebbero permettere un ritorno al passato di questo genere, non
trovano il coraggio di dire NO! a questo sistema, che ci sta riportando
nel Medioevo. Incitiamoli allo studio, lasciando loro la libertà di scelta
dopo la maggiore età. Non mettiamoli nel mercato del lavoro, ad uso
e consumo di gente senza scrupoli che, già, fa la sua parte nel terzo mondo. A vederli e a sentirli pare vero, vogliano, occuparsi del
futuro dei nostri ragazzi, mentre invece, si sfregano le mani per non
dover trasferire le industrie nei paesi a costi quasi zero, per la manodopera. Tra non molto saremo anche noi TERZO MONDO, sotto
questo aspetto. Ciao Francesco. orru.mariano@gmail.com