Visto che stepchild significa in inglese figliastro,
letteralmente s’intende l’adozione del figliastro; meccanismo giuridico che
permette a uno dei membri di una coppia di essere riconosciuto come genitore
del figlio, biologico o adottivo, del compagno. Se parlassimo in italiano
qualche equivoco in meno ci sarebbe. Chiarito ciò, diciamo che il ddl Cirinnà
(proposta di legge che prende il nome dal primo parlamentare firmatario) sulle
unioni civili vuole prevedere tale adozione anche per le coppie omosessuali.
Non si tratta dunque
di adozione in toto per le coppie omosessuali, ma di capacità di adozione di
figli già esistenti e che sono stati già giuridicamente riconosciuti per un
membro della coppia.
Se i figli si fossero
continuati a fare solo facendo sesso direttamente il problema sarebbe molto
contenuto, e si potrebbe sempre risalire a un qualche ricordo del fatto
accaduto. Il problema è che ci sono, e ci saranno sempre di più, i figli della
scienza. Diciamo che esistono coppie eteresosessuali che ricorrono alla
procreazione assistita dalla scienza; che ci sono coppie di femmine assistite
dalla scienza, e che ci sono donne sole che possono procreare assistite dalla
scienza.
La scienza, “ che poi non è tutta ‘sta scienza”: in alcuni casi semplici si limita a prendere
degli spermatozoi e infilarli dove la natura aveva già previsto che s’infilassero;
nei casi più complicati combina fuori ovuli e spermatozoi e poi li infila
sempre nel solito posto. Ancora la scienza non è riuscita ad inventare una
incubatrice meccanica che fa il lavoro della femmina per i nove mesi, forse in
futuro ci riuscirà, ne dubito.
In pratica la scienza è riuscita a mettere
insieme il tratto biologico del maschile e il tratto biologico del femminile e
poi ricorre un alloggiamento femminile che può essere quello della portatrice
dello stesso tratto biologico; ma può essere, in mancanza, anche quello di un
femminile terzo. In pratica la scienza non ha inventato nulla in materia di
procreazione, ha solo meccanicamente
unito delle possibilità vitali separate e le ha combinate insieme.
La scienza non riesce
ad eliminare il contributo del femminile e il giuridico non può impedire al
femminile di procreare, questo è lo stato di fatto. Se una coppia di maschi o un solo maschio
vuole ricorrere alla procreazione con l’aiuto della scienza deve
necessariamente trovare un contributo femminile.
Quegli accidenti di
maschi che hanno la facoltà di moltiplicarsi, dopo un po’ di seghe e con ignoti spermatozoi
depositati in diverse banche, non
possono determinare una procreazione se non arriva l’aiuto di una femmina che
per nove mesi circa si sobbarca alla fatica di genitrice.
Il paradosso
scientifico-giuridico delle società moderne può portare a un bambino fino a
cinque genitori: genitore per i tratto biologico maschile + genitore per tratto
biologico femminile + genitore per il contributo di nove mesi di gestazione +
più eventuali due genitori adottivi.
L’uso esplicito del linguaggio può dare
fastidio a qualche perbenista, progressista o tradizionalista che sia; ma
purtroppo è la realtà, ed è una realtà che continuerà a produrre i suoi
effetti. E attorno a questa realtà circolano interessi di società e imprese che
operano nel settore della riproduzione assistita; e un gran nuvolo di giuristi
e politici che si spremono il cervello per trovare leggi con articoli e commi.
Giuristi e parlamentari in questo momento si spremono il
cervello sulla questione adozioni per le coppie dello stesso sesso; i contrari
all’adozione dicono che lasciando libera l’adozione dei figli dell’altro
coniuge si darebbe la stura alla pratica dell’utero in affitto. In pratica chi
ha denaro può arrivare a mercificare anche l’utero, si viene a combinare la
potenza della scienza con la potenza del denaro.
Nessun contratto di utero
in affitto è giuridicamente possibile; la madre che porta a compimento una
gravidanza è sempre madre a tutti gli effetti ed ha il diritto naturale ed
inviolabile di tenersi il figlio partorito. Il contratto però viene a
determinarsi nei fatti con il disconoscimento o abbandono che può fare la madre
subito dopo la nascita. Tale disconoscimento, che è stato considerato, perfino
dai cattolici un istituto possibile, porta nei fatti alla conclusione un
eventuale “contratto” che non aveva nessun valore giuridico. Tale pratica pur minima è stata attuata nel
passato anche senza l’intervento della scienza: il signorotto che non poteva
avere un figlio dalla propria moglie, lo faceva con la serva che poi l’abbandonava,
e veniva adottato dalla coppia dei signori. Niente di nuovo sotto il sole per
chi ha avuto potere e denaro.
Ma considerati tutti gli elementi che di fatto
esistono e che continueranno a produrre i loro effetti, le norme debbono
tutelare i figli: che siano naturali o
con l’aiuto della scienza, i figli sono uomini. Questi uomini bambini vanno
rispettati, sono il centro del diritto dell’umanità, vanno aiutati a diventare
uomini, ed hanno diritto alla verità.
Allora diciamo che
occorre avere cura di ciò che è umano, i genitori che s’impegnano ad avere cura
rispondono al bambino e rispondono per queste cure a tutta la società. Il primo
genitore che ha riconosciuto il bambino può dare il consenso al secondo
genitore che potrà adottarlo; dopo di ciò il bambino avrà due persone umane
adulte che sono diventati obbligati per la società a prendersene cura. Le due
persone che si prendono cura del bambino sono qualcosa di più di maschio e femmina,
sono due esseri umani responsabili a cui la stessa società richiede una
responsabilità. L’atto di riconoscimento o di adozione è un impegno, un grande giuramento.
Se
riflettiamo sul ruolo della paternità possiamo trovare una soluzione a questi
problemi. E’ padre chi si prende cura del bambino e lo aiuta fino a che diventa
adulto. Dopo che il bambino è nato la stessa madre diventa nei fatti padre del
bambino e a volte lei da sola riesce molto bene ad adempiere a questo ruolo. Dunque
è padre il padre biologico all'inrerno del matrimonio, ed è padre la stessa madre naturale; può essere padre un’altra donna o un altro
uomo che si prende cura del bambino sull’onore; deve essere padre la società
stessa che deve prendersi cura del bambino e anche del necessario aiuto da dare
ai genitori per un lavoro e una casa. L’esercizio della paternità, che pare
diventato debole nella nostra società, va ricondotto ad un esercizio di
responsabilità sull’onore individuale e ad un esercizio di responsabilità
sull’onore collettivo della società stessa.
Francesco
Zaffuto
Mi sono piaciute molto le tue parole, ma il timore, fondato, è che questa mancanza di senso della paternità che tocca diversi strati della società e gli appartenenti al mondo della politica sia molto difficile da recuperare o meglio si è incuranti davanti alla questione.
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