giovedì 29 aprile 2010

Buon 1° Maggio


Siamo all’assurdo, per difendere la festa del primo maggio occorrerà scioperare in comuni amministrati dalla sinistra.

A Milano il sindaco Moratti fa marcia indietro, i negozi rimarranno chiusi: «Per rispetto della Festa del Lavoro, così come chiesto dai sindacati e in accordo con i partecipanti al tavolo sicurezza, vista la concomitanza con le manifestazioni del Primo Maggio ho convenuto di non concedere la deroga per l'apertura straordinaria dei negozi», questa scarna nota del sindaco Moratti e fa notare che la preoccupazione principale è l’ordine pubblico nel centro di Milano.
Il 1° Maggio nessuna meraviglia se in diversi comuni amministrati dalla Lega (come Monza o Cittadella) i negozi rimarranno aperti, ma brilleranno con le aperture i comuni amministrati dalla sinistra: Firenze, con il suo sindaco rampante “di sinistra” manterrà gli esercizi aperti, anche Genova e Torino. Cari amici della cosiddetta sinistra democratica, se vi annullate da soli evitate di lamentarvi per i risultati elettorali?

Nei giorni passati, quando si sapeva di queste scelte, i sindacati hanno reagito timidamente, ora stanno cominciando ad alzare la voce: Epifani ha parlato contro le aperture, in diversi comuni ci sono state dichiarazioni di sciopero. La Rdb (rappresentanze sindacali di base) hanno dichiarato sciopero a Bologna, ed anche CGIL, CISL e UIL stanno proclamando iniziative di sciopero in diverse città.
Ci sarebbe da chiedere ad Epifani: PERCHE’ NON PROCLAMI LO SCIOPERO SU TUTTO IL TERRITORIO NAZIONALE?Ci sarebbe anche da chiedere ai sindacati : QUALE TRATTENUTA CI PUO’ ESSERE PER UNO SCIOPERO DURANTE UNA FESTIVITA’ GIA’ PREVISA? La risposta è nessuna. L’apertura può essere solo facoltativa e di conseguenza il recarsi a lavoro è facoltativo. Ma nei fatti, se manca un’azione sindacale forte , peserà sui lavoratori degli esercizi commerciali il solito benevolo ricatto del datore di lavoro.
29/04/10 francesco zaffuto

martedì 27 aprile 2010

PER NON DIMENTICARE CHERNOBYL



24 ANNI DOPO assistiamo all’incontro Berlusconi – Putin e alle loro promesse di rinverdire il Nucleare
a Roma ieri 26 aprile si è svolto un
Sit-in e raccolte firme a Roma per ricordare il disastro di Chernobyl e dire no alle nuove centrali in Italia


Un appello al governo italiano per non dimenticare e non commettere gli errori del passato nell'ambito del nucleare.
Lo ha lanciato Greenpeace, nel giorno del 24esimo anniversario del disastro della centrale di Chernobyl (guarda il video)
che il 26 aprile del 1986 fu teatro di un'esplosione.
I Verdi, sempre davanti a Montecitorio, hanno simulato l'incidente dell'86.
INTANTO BERLUSCONI CI PROMETTE CENTRALI PER IL 2013,
MA LUI CI SARA’ ANCORA?
NON CREDO PROPRIO
BERLUSCONI NEL 2013 NON CI SARA’ PIU’ANCHE LUI FINIRA’
SI SONO ESTINTI I DINOSAURI
NULLA E’ ETERNO

24 anni dopo un nuovo libro sui dati dei decessi per Chernobyl
http://www.progettohumus.it/public/forum/index.php?topic=1405


Ricordo ancora quei giorni dell’aprile del 1986 e quelli che seguirono in maggio, con le notizie tremende che si accavallavano; scrissi alcuni versi che, scusate, vi propongo in lettura

Chernobyl

Nano curie
pico curie
rem
Cosa è aumentato?
Non so
Ma certamente
è diminuito
il piacere di vivere


maggio 1986


E

E
mi domando se sei stanco
E
ancora non sei stanco
E
mi domando del sole
degli alberi
E
allarghi le braccia sconsolate
E
mi domando del fuggito
dei tuoi figli
dell’acqua
del pane
E
l’occhio sta disperso
E
la parola muta

maggio 1986

Uomini e topi


C’è chi ha comprato un rifugio antiatomico
Lo ha sistemato sottoterra nel giardino della propria villetta
Morirò
“trafitto da un raggio di sole”
ai primi timidi bagliori dell’alba
moriremo guardando il cielo
disintegrati nell’azzurro
Pochi altri vivranno
chiusi come topi nei cunicoli dei loro bunker
contando i giorni
masticando scatolette di vecchie carni
tenendo stretto il gruzzolo d’oro
salvato all’ultimo momento
nascosto tra l’ispida pelle di ratto

giugno 1986

27/04/10 francesco zaffuto


immagine sugli effetti di Chernobyl tratta da
http://www.focus.it/natura/ambiente/gallery/Le_citta_piu_inquinate_del_mondo.aspx

domenica 25 aprile 2010

Il 1° Maggio è festa e non si lavora



Preparatevi una torta alle fragole rosse e non metteteci sopra lo zucchero a velo, non fate come quelli che hanno sempre paura del comunismo, le fragole sono rosse perché sono fragole e rosse debbono restare. Gli ingredienti comprateli il giorno prima e non dimenticate anche di comprare anche una buona bottiglia di vino rosso. Non andate a fare la spesa il 1* Maggio, perché il primo maggio è festa.Torino e Genova, Cagliari e Palermo, Monza e Milano, comuni di destra e comuni di sinistra vogliono tenere i negozi aperti il 1* Maggio: prima le ragioni del commercio, del consumo, della produttività, della crisi; poi la festa dei lavoratori.
I sindacati protestano debolmente, molto debolmente. Diciamo pure che nei casi di Torino e di Genova, comuni amministrati dalla sinistra, si può presumere una condivisione dei più importanti sindacati.
Nei fatti i dipendenti degli esercizi commerciali saranno posti nella condizione di non poter godere della festività del 1* Maggio, per loro sarà una giornata di lavoro come tutte le altre. Anche lo stesso clima da supermercato aperto darà la sensazione di una qualsiasi giornata feriale.
Il commercio non si può considerare un servizio essenziale come l’ospedale, la sicurezza e i trasporti. Si può fare la spesa il giorno prima e il giorno dopo la festività.
Riguardo poi alla scusa della crisi, la ragione è ancora più vana, è una pia illusione quella che i consumi globali possano crescere per un giorno festivo di apertura. I consumi sono calati perché la domanda di chi ha redditi bassi è calata. Annullare e mortificare una festività può influire solo negativamente sui consumi globali. Se si considera il 1* Maggio come una festività importante si mettono in funzione una serie di atti di consumo in preparazione della festa, se si considera il 1* Maggio come una giornata qualsiasi, si andrà come al solito a fare il giro nei supermercati per tornarsene a casa con la stessa scatola di pomodoro pelati di 50 centesimi
25/04/10 francesco zaffuto

LA STORIA DEL 1° MAGGIO (tratto da http://www.lomb.cgil.it/primo_maggio.htm )

Le originiDal congresso dell'Associazione internazionale dei lavoratori - la Prima Internazionale - riunito a Ginevra nel settembre 1866, scaturì una proposta concreta: "otto ore come limite legale dell'attività lavorativa".A sviluppare un grande movimento di lotta sulla questione delle otto ore furono soprattutto le organizzazioni dei lavoratori statunitensi. Lo Stato dell'Illinois, nel 1866, approvò una legge che introduceva la giornata lavorativa di otto ore, ma con limitazioni tali da impedirne l'estesa ed effettiva applicazione. L'entrata in vigore della legge era stata fissata per il 1 Maggio 1867 e per quel giorno venne organizzata a Chicago una grande manifestazione. Diecimila lavoratori diedero vita al più grande corteo mai visto per le strade della città americana.Nell'ottobre del 1884 la Federation of Organized Trades and Labour Unions indicò nel 1 Maggio 1886 la data limite, a partire dalla quale gli operai americani si sarebbero rifiutati di lavorare più di otto ore al giorno.

1886: I "martiri di Chicago"Il 1 Maggio 1886 cadeva di sabato, allora giornata lavorativa, ma in dodicimila fabbriche degli Stati Uniti 400 mila lavoratori incrociarono le braccia. Nella sola Chicago scioperarono e parteciparono al grande corteo in 80 mila. Tutto si svolse pacificamente, ma nei giorni successivi scioperi e manifestazioni proseguirono e nelle principali città industriali americane la tensione si fece sempre più acuta. Il lunedì la polizia fece fuoco contro i dimostranti radunati davanti ad una fabbrica per protestare contro i licenziamenti, provocando quattro morti. Per protesta fu indetta una manifestazione per il giorno dopo, durante la quale, mentre la polizia si avvicinava al palco degli oratori per interrompere il comizio, fu lanciata una bomba. I poliziotti aprirono il fuoco sulla folla. Alla fine si contarono otto morti e numerosi feriti. Il giorno dopo a Milwaukee la polizia sparò contro i manifestanti (operai polacchi) provocando nove vittime. Una feroce ondata repressiva si abbatté contro le organizzazioni sindacali e politiche dei lavoratori, le cui sedi furono devastate e chiuse e i cui dirigenti vennero arrestati. Per i fatti di Chicago furono condannati a morte otto noti esponenti anarchici malgrado non ci fossero prove della loro partecipazione all'attentato. Due di loro ebbero la pena commutata in ergastolo, uno venne trovato morto in cella, gli altri quattro furono impiccati in carcere l'11 novembre 1887. Il ricordo dei "martiri di Chicago" era diventato simbolo di lotta per le otto ore e riviveva nella giornata ad essa dedicata: il 1 Maggio.

1890: 1 maggio, per la prima volta manifestazione simultanea in tutto il mondoIl 20 luglio 1889 il congresso costitutivo della Seconda Internazionale, riunito a Parigi, decise che "una grande manifestazione sarebbe stata organizzata per una data stabilita, in modo che simultaneamente i tutti i paesi e in tute le città, i lavoratori avrebbero chiesto alle pubbliche autorità di ridurre per legge la giornata lavorativa a otto ore".La scelta cadde sul primo Maggio dell'anno successivo, appunto per il valore simbolico che quella giornata aveva assunto.In Italia come negli altri Paesi il grande successo del 1 Maggio, concepita come manifestazione straordinaria e unica, indusse le organizzazioni operaie e socialiste a rinnovare l'evento anche per 1891.Nella capitale la manifestazione era stata convocata in pazza Santa Croce in Gerusalemme, nel pressi di S.Giovanni. La tensione era alta, ci furono tumulti che provocarono diversi morti e feriti e centinaia di arresti tra i manifestanti.Nel resto d'Italia e del mondo la replica del 1 Maggio ebbe uno svolgimento più tranquillo. Lo spirito di quella giornata si stava radicando nelle coscienze dei lavoratori.

1891: la festa dei lavoratori diventa permanenteNell'agosto del 1891 il II congresso dell'Internazionale, riunito a Bruxelles, assunse la decisione di rendere permanente la ricorrenza. D'ora in avanti il 1 Maggio sarebbe stato la "festa dei lavoratori di tutti i paesi, nella quale i lavoratori dovevano manifestare la comunanza delle loro rivendicazioni e della loro solidarietà".

Il primo maggio durante il fascismo
Nel nostro Paese il fascismo decise la soppressione del 1 Maggio, che durante il ventennio fu fatto coincidere il con la celebrazione del 21 aprile, il cosiddetto Natale di Roma. Mentre la festa del lavoro assume una connotazione quanto mai "sovversiva", divenendo occasione per esprimere in forme diverse (dal garofano rosso all'occhiello, alle scritte sui muri, dalla diffusione di volantini alla riunione in osteria) l'opposizione al regime. Il 1 Maggio tornò a celebrarsi nel 1945, sei giorno dopo la liberazione dell'Italia.

1947: L'eccidio di Portella della Ginestra
La pagina più sanguinosa della festa del lavoro venne scritta nel 1947 a Portella della Ginestra, dove circa duemila persone del movimento contadino si erano date appuntamento per festeggiare la fine della dittatura e il ripristino delle libertà, mentre cadevano i secolari privilegi di pochi, dopo anni di sottomissione a un potere feudale. La banda Giuliano fece fuoco tra la folla, provocando undici morti e oltre cinquanta feriti. La Cgil proclamò lo sciopero generale e puntò il dito contro "la volontà dei latifondisti siciliani di soffocare nel sangue le organizzazioni dei lavoratori".La strage di Portella delle Ginestre, secondo l'allora ministro dell'Interno, Mario Scelba, chiamato a rispondere davanti all'Assemblea Costituente, non fu un delitto politico. Ma nel 1949 il bandito Giuliano scrisse una lettera ai giornali e alla polizia per rivendicare lo scopo politico della sua strage. Il 14 luglio 1950 il bandito fu ucciso dal suo luogotenente, Gaspare Pisciotta, il quale a sua volta fu avvelenato in carcere il 9 febbraio del 1954 dopo aver pronunciato clamorose rivelazioni sui mandanti della strage di Portella.

sabato 24 aprile 2010

25 aprile, sapessi come è strano tutti uniti a Milano


Napolitano e Berlusconi uniti a Milano. Già si parla di nuovo clima.

Un lungo applauso al lungo discorso di Napolitano alla Scala.
Il Presidente della Repubblica ha percorso la lunga pagina della Storia; ha ricordato Pertini, ha ricordato come i momenti di coincidenza della Resistenza del nord con l’avanzata delle truppe americane portarono alla riunificazione del paese. Per il presente Napolitano ha indicato come bene più prezioso l’unità nazionale e le stesse autonomie federali vanno poste come elemento dell’unità stessa. Nella sua vocazione di unità e di concordia è arrivato a citare lo stesso Berlusconi per le frasi pronunciate ad Onna l’anno scorso «Il nostro Paese ha un debito inestinguibile - ha detto un anno fa in un impegnativo discorso ad Onna il presidente del Consiglio - verso quei tanti giovani che sacrificarono la vita per riscattare l'onore della patria». Berlusconi - ha ricordato Napolitano, ricordò «con rispetto "tutti i caduti, senza che questo significhi neutralità o indifferenza"». «Si tratta in effetti - ha sostenuto il Capo dello Stato - di celebrare il 25 aprile nel suo profondo significato nazionale; ed è così che si stabilisce un ponte ideale con il prossimo centocinquantesimo anniversario della nascita dello Stato unitario».

La scenografia di questo 25 aprile viene presentata come premessa di un nuovo clima, ma nel nostro paese c’è un clima pessimo con pericolose lacerazioni: la Costituzione nata dal 25 aprile
viene considerata vecchia e gli uomini stessi che rappresentano diversi istituti costituzionali si preparano a disfarli.
Uno degli istituti che viene più criticato è quello della Presidenza della Repubblica eletta dal Parlamento come simbolo dell’unità nazionale.
L’istituto della Presidenza della Repubblica con l’elezione da parte dei due rami del Parlamento nei fatti ha partecipato ad assicurare più di sessanta anni di stabilità istituzionale; il suo potere, limitato sotto gli aspetti ordinari e sostanziale in particolari momenti di crisi, ha permesso di ammortizzare alcuni gravi conflitti.
Una Presidenza della Repubblica direttamente espressa con voto popolare in Italia determinerebbe l’elezione di un "Capo" strettamente di parte. In questi ultimi anni il solo procedere verso l’indicazione elettorale del "Capo di coalizione" ha fatto emergere elementi di tracotanza e prevaricazione che non sono certo un buon sintomo per il futuro.
Tanto potere ad un solo uomo nel nostro paese ci portò agli aspetti nefandi della dittatura totalitaria fascista. Il 25 aprile è una data che ci ricorda quanto fu grave quel disastro.
24/04/10 francesco zaffuto
immagine - vecchia foto della Liberazione a Bologna

giovedì 22 aprile 2010

Il trauma di Fini che incontra Mussolini


Oggi si è verificato l'evento: Fini incontra Mussolini e ne è rimasto fortemente traumatizzato. E' stato interrotto, bacchettato, invitato ad abbandonare il Partito Unico. Il Duce ha fatto sentire tutta la sua forza. Fini promette scintille in Parlamento, certo non farà la fine di Matteotti i contorni della Storia sono diversi; ma il suo Mussolini è arrivato. Una qualche riflessione sulle riforme istituzionali e sul presidenzialismo in Italia è meglio farla ponderatamente. 22/04/10 (f.z.)

domenica 18 aprile 2010

Liberati i tre operatori Emergency

Sono liberi Matteo Dell'Aira, Marco Garatti e Matteo Pagani arrestati sabato 10 aprile all'ospedale di emergency di Laskha Gah dopo una perquisizione in cui sono state trovare armi.

"E' fallito il tentativo di screditarci". Così Gino Strada interviene dopo la liberazione degli operatori dell'associazione umanitaria Emergency di cui è fondatore. Operatori della cui innocenza Strada è sempre stato convinto sostenendo che contro Emergency è stata orchestrata una "trappola" in cui "non è ancora chiaro chi l'ha orchestrata o chi l'ha ordinata". Una "cospirazione" fallita dopo otto giorno quando, nel pomeriggio, è arrivata la notizia della liberazione dei tre operatori umanitari.
"I nostri operatori sono assolutamente innocenti, vittime di una cospirazione, e - sottolinea - se cercano persone che hanno commesso dei crimini devono cercare altrove". Il fondatore di Emergency precisa che contro i tre operatori "non sono mai state formulate accuse" e che ora sono dunque cittadini liberi. Ora, dopo aver ascoltato le loro voci, è sicuro che presto torneranno al loro lavoro. "Non ho mai detto di voler lasciare l'ospedale in Afghanistan. So che è l'unica possibilità di cura per migliaia di persone". Ora, conclude Strada, valuteremo il da farsi per capire cosa sia successo".
18/04/10

riportato da
http://www.romagnanoi.it/News/Italia/Estero/Estero/Cronaca/articoli/158406/Liberati-i-3-operatori-di-Emergency.asp

giovedì 15 aprile 2010

Il Banco di Sicilia è una banca del Nord

Diamolo a Bossi, visto che recentemente ha detto:
"E' chiaro che le banche più grosse del nord avranno uomini nostri a ogni livello. La gente ci dice prendetevi le banche e noi lo faremo".

In un antico studio Gino Luzzato , “L’economia italiana dal 1861 al 1894”, descrisse il ruolo del Banco di Sicilia come pompa di denaro dal sud verso il nord. Agrari, possidenti e piccoli risparmiatori depositavano presso il Banco di Sicilia, ricevevano come sempre interessi molto limitati, e il Banco di Sicilia nell’operare il credito privilegiava le aziende in decollo produttivo del nord. Non c’era niente di strano, era nella logica del capitalismo, il credito prendeva la strada del migliore investimento; perciò se al sud non c’erano iniziative industriali di sviluppo quel denaro prendeva la via del credito verso il nord, importanti filiali del Banco di Sicilia hanno da circa centocinquanta anni operato nel nord d’Italia, buona parte delle fortune industriali del nord è stata costruita anche con quell’esercizio del credito.

Oggi nell’epoca delle grandi concentrazioni bancarie il Banco di Sicilia è un fantasma di se stesso, già da tempo è caduto nei processi di concentrazione bancaria di Unicredit. Tutti i giornali economici del 14 aprile hanno dato la notizia che il consiglio di amministrazione di Unicredit ha sancito la fusione di sette banche controllate (UniCredit Banca, UniCredit Banca di Roma, Banco di Sicilia, UniCredit Corporate Banking, UniCredit Private Banking, UniCredit Family Financing Bank, UniCredit Bancassurance Management & Administration); si fonderanno nella capogruppo Unicredit S.p.A. Saranno salvaguardati solo per l’immagine tre marchi (UniCredit Banca, UniCredit Banca di Roma, Banco di Sicilia), un modo come l’altro per ricordare ai clienti che stanno continuando a bere la stessa birra.
Nei fatti il Banco di Sicilia smetterà di esistere dal primo novembre 2010, proprio quando sono in scadenza il cda del Banco di Sicilia e i patti parasociali con la Regione Siciliana, che obbligavano il gruppo Unicredit a non intaccare gli organi di autonomia decisionale del banco. Il presidente della Regione siciliana conterà come il due di picche in tema di nomine bancarie presso il Banco di Sicilia.
Nonostante questa realtà che rivela quanto i grandi istituti di credito siano più forti della politica, il leader della Lega Lombarda Bossi ha regalato al suo popolo queste frasi: "E' chiaro che le banche più grosse del nord avranno uomini nostri a ogni livello. La gente ci dice prendetevi le banche e noi lo faremo".
Palenzona vice presidente di Unicredit, ha liquidato ogni polemica con questa battuta: "Non lo so, non ho capito bene, bisogna chiederlo a Bossi. Che vuole fare, un'Opa? Il mercato è contendibile”.
Certo se i leghisti si accontentano della nomina di un nuovo amministratore come Piccini, come ha fatto Luca Zaia che ha detto di apprezzare la scelta di un "uomo del Nord", chi si accontenta gode.
In realtà il potere delle Super banche concentrate è diventato enorme; non sono certo dei controllati, sono in realtà i controllori della realtà economica, politica e sociale: assorbono depositi senza dare un becco d’interessi, chiedono interessi a limite dell’usura per il credito concesso, continuano a comprare immobili, pagano ai loro amministratori cifre da capogiro, finanziano tutte le operazione speculative per le aziende che decidono di operare all’estero e per il commercio delle armi, sono in grado di orientare uomini e decisioni della politica.

Controllo della politica sulle banche non significa mettere qualche proprio uomo nei consigli di amministrazione ma legiferare in materia di credito: limitare le grandi concentrazioni bancarie che hanno potato solo aumento degli aspetti speculativi finanziari; determinare un minimo di interesse per i depositanti; limitare gli interessi usurai; esercitare anche un'attività pubblica nel credito senza nessuno scandalo per questa società capitalista; non si capisce perchè si parla tanto di sussidiarietà e si vuole il dominio incontrastato del privato in campo bancario; riportare le Poste ad ente pubblico in collegamento con la Cassa depositi e prestiti.
15/04/10 francesco zaffuto
Un ricordo di attività bancarie leghiste
link suggeriti da libomast
(immagine “la mano nel piatto” fotocomposizione © liborio mastrosimone http://libomast1949.blogspot.com/)

mercoledì 14 aprile 2010

I miserabili


sarebbe opportuno per questo argomento scomodare l’anima di Victor Hugo

1° capitolo: Montecchio Maggiore (in provincia di Vicenza) il Sindaco decide di mettere a pane e acqua i bambini della scuola i cui genitori non hanno pagato la retta per la refezione scolastica. Mentre i compagni di classe mangiavano Pasta alla zucca, hamburger, insalata e frutta.

2° Capitolo: Adro (in provincia di Brescia) il Sindaco decide di sbattere fuori dalla scuola per due ore i bambini i cui genitori non hanno pagato la retta per la refezione scolastica. 40 bambini dell’Istituto comprensivo figli dei morosi, dalle 12,10 alle 14,10, dovevano lasciare la scuola per permettere agli altri bambini di mangiare senza rimorsi.

3° Capitolo: Un imprenditore di Adro ha deciso di saldare il debito delle famiglie con la mensa della scuola del paese per porre un urgente rimedio al disagio dei bambini. L'uomo è voluto restare anonimo ed ha spiegato il suo gesto in una lettera. http://www.corriere.it/Media/Foto/2010/04/13/letteracittadinoadro.pdf
Il gratuito gesto di generosità di quest’uomo ricorda quella pagina dei Miserabili di Victor Hugo, quando il prete lascia i candelabri a Jean Valejan.

4° Capitolo: Ma gli assetati di giustizia leghista continuano... L’inaspettato gesto di generosità riapre le polemiche. Il Corriere della sera del 14 aprile dà notizia che 200 genitori autodefinitisi “dissidenti” hanno dichiarato “lo sciopero della retta” inviando in Comune una petizione. «Non siamo un ente assistenziale, facciamo fatica anche noi a far quadrare i conti, ma è un dovere pagare un servizio che ci viene fornito...Poiché la mensa non è un servizio non è obbligatorio accedervi. Mentre è obbligatorio pagare per mangiare. Così o pagano tutti o non pagherà nessuno”. Il gesto di generosità mette a nudo tutta la loro bile.
5° Capitolo: Sarà tutto da scrivere..............

Ma al momento è opportuno ricordare ai genitori paganti e ai sindaci che:


1 Nella scuola pubblica ai bambini va assicurato un uguale trattamento, non ci possono essere bambini lasciati a pane e acqua e non ci possono essere bambini allontanati dalla scuola per due ore.

2 Il tempo pieno di cui si servono è un servizio scolastico m0lto più costoso della mensa, un servizio che paga lo Stato con la fiscalità generale. Pertanto anche chi non ha bambini che vanno a scuola paga i costi del tempo pieno.

3 Il sindaco può procedere contro i morosi con gli strumenti di legge esistente; ma se i genitori sono morosi per reali difficoltà se ne deve fare carico il Comune che è il collettivo sociale più prossimo. Il suo lavoro è anche questo e deve trovare le soluzioni.

4 Ai bambini può bastare un buon piatto caldo di minestra o di pasta e un frutto. Se mangiano un po’ di meno è tutta salute. Per il resto i loro genitori possono riempirli di carne, la sera, il sabato e la domenica. Le mense possono essere bene organizzate con strutture piccole e grande risparmio, senza fare affidamento a rapaci speculatori.
14/04/10 francesco zaffuto
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immagine – Victor Hugo

martedì 13 aprile 2010

Il controllo della S.p.A Italia


Il controllo di una S.p.A. si ottiene con la maggioranza delle azioni. Si può pensare che sia necessario un 51% per controllare la società, niente affatto. Nelle società di capitali molto grandi, una gran parte di capitale è diviso tra una miriade di piccoli azionisti che sono ben convinti di non contare una cicca, di conseguenza non si presentano alla Assemblea ordinaria; ne consegue che al momento del voto in Assemblea il gruppo con maggior numero di azioni riesce ad avere il controllo della società, spesso può bastare uno scarso 20% di azioni ben concentrate in una sola mano; viene nominato l’amministratore delegato e la S.p.A. e sotto il controllo del vincitore.
Nella S.p.A Italia, l’attuale amministratore lamenta di avere pochi poteri che non gli permettono di governare nonostante l’ampio numero di parlamentari della sua maggioranza; vuole che il suo potere possa derivare direttamente dal voto della grande massa degli azionisti.
La grande massa degli azionisti della S.p.A. Italia è ormai è convinta di non contare una cicca: nelle ultime elezioni regionali il 35,8% non è andato a votare (nel ballottaggio delle ultime comunali si è registrata un’assenza addirittura del 41,3%).
L’aspirante amministratore delegato “unico” vanta attualmente il 31% ( si badi bene che detta percentuale è calcolata sui voti espressi e non sul totale degli aventi diritto al voto); se si considera che ha votato per le regionali solo il 64,2%, la percentuale di gradimento non arriva neanche al venti. Ma, come nelle società per azioni, può bastare. In soccorso dell’aspirante amministratore delegato è disponibile il 12% di un alleato e in questo modo la somma diventa il 42% dei voti espressi (anche in questo caso se il 42% si rapporta al totale degli italiani aventi diritto al voto non si arriva al 27%). Le premesse per il controllo della S.p.A. Italia ci sono tutte: l’assenza del 35,8% degli azionisti e tra i voti espressi la grande divisione del 58% dei suoi oppositori.
Fatti questi conti l’aspirante amministratore delegato dichiara di volere riformare tutte le istituzioni della Repubblica tranne la legge elettorale.
13/04/10 francesco zaffuto
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(immagine – “l’uomo del destino” acquerello e isatis © francesco zaffuto link Altre allegorie)

domenica 11 aprile 2010

Il grande dimenticatoio


(I deputati PDL si sono pure dimenticati di andare a votare per il decreto salva - liste)
http://www.tgcom.mediaset.it/politica/articoli/articolo479009.shtml

Ricordate tutti i patemi d’animo prima delle elezioni per le liste annullate: minacce, improperi, manifestazioni, decreti interpretativi, cause e giudizi. Passate le elezioni tutto è caduto nel grande dimenticatoio. Tutto macinato e dissolto, si aprono nuovi orizzonti di dibattito e scontro.

Eppure quella vicenda aveva messo a nudo che le procedure per la presentazione delle liste erano un colabrodo di contraddizioni: a Milano si erano riscontrate irregolarità formali su firme e autentiche, a Roma accadeva la mancata presentazione della lista PDL per le indecisioni sui candidati fino all’ultimo minuto.
In un paese dove vige il buon senso, prima di passare alle grandi riforme, si dovrebbe sanare con una piccola riforma il difetto riscontrato sulla presentazione delle liste.
Visto che l’ elevato numero delle firme, debitamente autenticate, necessarie per la presentazione delle liste alle elezioni regionali, nei fatti ha determinato la rinuncia di gruppi politici minori e perfino difficoltà ai gruppi politici più grandi.
Visto che il rimaneggiamento continuo delle liste fino all’ultimo minuto ha creato difficoltà.
Si potrebbe varare una piccola, piccola, riforma per:
per un numero contenuto e plausibile di firme,
per stabilire una procedura certa per raccogliere le firme,
per avere liste di candidati definite e allegate prima della raccolta delle firme,
per avere uffici pubblici di autentificazione sempre aperti e disponibili per tutti i cittadini.
Una piccola riforma delle procedure in garanzia di grandi e piccoli gruppi politici.Niente di tutto questo, si passa alle grandi riforme della Repubblica, una Repubblica con un dimenticatoio a misura extralarge
11/04/10 francesco zaffuto

post collegato
Presentazione liste regionali - discussione su for...ma e sostanza

(immagine “aspettando” matita © francesco zaffuto link Altre allegorie)

venerdì 9 aprile 2010

La marcia dei sindaci lombardi



in attesa dei miracoli del federalismo
L’otto aprile, 400 sindaci lombardi si sono radunati in piazza San Babila a Milano per protestare contro il patto di stabilità voluto da Tremonti. L’iniziativa è partita dal sindaco leghista di Varese ed ha avuto una adesione bipartisan anche di sindaci PD. Il sindaco “re di denari” Moratti, non è sceso in piazza con tanti due di picche, ha fatto pervenire la sua solidarietà ed ha preferito avere contatti telefonici ad alto livello con Letta e Tremonti.
Cosa vogliono i sindaci protestanti? Vogliono poter spendere.
Cosa vuole Tremonti con il patto di stabilità? Vuole che non si vadano a sforare i conti, visto che abbiamo gli occhi puntati dell’UE e non possiamo fare la fine della Grecia.
Con chi possiamo schierarci, noi cittadini?
E’ una buona scelta quella del PD, di accodarsi con i propri sindaci a una manifestazione promossa dalle Lega?
Provo a fare memoria almeno di alcuni fatti.
Il primo atto nei fatti di federalismo fiscale fatto da questo Governo (PDL – Lega) fu quello di abolire l’ICI sulla prima casa, subito dopo la vittoria elettorale alle politiche del 2008. Un atto che non aveva niente di federale visto che andava a toccare un’imposta che per definizione era nata come imposta comunale. Occorreva mantenere la promessa fatta da Berlusconi a tutti gli italiani. La mancata entrata doveva in qualche modo riflettersi sui comuni. Gli effetti cominciano ora a ben delinearsi.
Un altro atto federale di questo Governo (PDL – Lega) è stato quello di salvare dalla bancarotta un comune amministrato allegramente dal PDL, come quello di Catania.
Riguardo al federalismo fiscale i grandi strateghi di Lega e PDL prevedono una realizzazione in circa otto anni; nello stesso tempo gli strateghi locali protestano, come se non fossero soci dello stesso Governo. Otto anni di indecisione amministrativa possono mandare in malora l’intera nazione.
Vanno da subito evidenziate le linee dell’imposizione fiscale locale e le linee dell’imposizione fiscale nazionale. Vanno stabiliti dei principi chiari della pubblica amministrazione locale: all’amministrazione locale va assolutamente proibita la possibilità di indebitarsi con banche private. Non si può accettare che una amministrazione spenda per più di quello che ha e non si può accettare che possa lasciare un debito a futuri amministratori.
La cosa meno comprensibile è l’adesione alla protesta di sindaci PD, come se la categoria dei sindaci non fosse politica e sia diventata una qualsiasi categoria di lavoratori. L’opposizione ha il dovere di fare chiarezza sulle responsabilità.
09/04/10 francesco zaffuto

giovedì 8 aprile 2010

Un saluto a Totò Petix


Un saluto al compagno Totò Petix deceduto recentemente. Aveva solo 58 anni, ma almeno 40 di questi suoi anni l’ha dedicati alla politica; nel senso che ha donato alla politica la sua fatica e i suoi sentimenti di solidarietà umana. Lo ricordo ancora giovane per qualche lunga discussione sul: che fare. Lo ricordano amici e compagni che possono testimoniare il suo impegno fino alle più recenti battaglie:

Se c’è qualche battaglia sindacale da condurre nell’aldilà possiamo di nuovo incontrarlo.
Un caro saluto Totò
francesco zaffuto

mercoledì 7 aprile 2010

OK di Napolitano, l’impedimento è legittimo




Il Presidente della Repubblica Napolitano (forse l’ultimo Presidente eletto dal Parlamento, considerata la corsa alle riforme) firma la Legge sul legittimo impedimento.
La mancata firma di Napolitano sulle modifiche all’art. 18 poteva essere intesa come il presagio di un cambio di registro; niente il registro è lo stesso usato per il lodo Alfano: si firma, si firma, si firma.
Da questo momento il Presidente del Consiglio Berlusconi e i suoi ministri potranno rinviare qualsiasi udienza processuale, basterà certificare con propria certificazione che hanno degli impegni di Governo. I magistrati non potranno certo entrare nel merito degli impegni; una qualsiasi inaugurazione con taglio di nastro di una strada provinciale può bastare.
LO POTRANNO FARE PER 18 MESI. Nei fatti ci sono tutti gli elementi per non fare i processi a Berlusconi da qui alla prossima scadenza elettorale politica fra tre anni.
Se il lodo Alfano, bocciato dalla Corte Costituzionale, prevedeva un rinvio dei processi per tutta la durata del mandato per sole quattro cariche dello Stato; ora con questa legge si ottiene lo stesso effetto per tutti i membri del Governo.
Di Pietro annuncia il ricorso al Referendum: «Cosa fatta capo ha» si limita a dire per evitare di parlare di Napolitano; «Per quanto ci riguarda - aggiunge - non perderemo neppure un momento a disquisire di chi sia la colpa e, soprattutto, a chi giovi questo provvedimento che riteniamo incostituzionale e immorale. Per questo, chiederemo direttamente ai cittadini, tramite referendum, come abbiamo fatto con il lodo Alfano, se sono d'accordo sul fatto che in uno stato di diritto, come riteniamo debba essere il nostro, si possa accettare che alcune persone non vengano sottoposte a processo come succede a tutti gli altri cittadini quando vengono accusati di aver commesso un reato». http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=97285&sez=HOME_INITALIA
Cosa dire? La legge è ancora uguale per tutti? Sì, forse, ma con calma, con molta calma. Nel frattempo occorre lasciare lavorare i grandi manovratori che debbono dare un’aggiustatina alla Repubblica.
07/04/10 francesco zaffuto
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(immagine “venerazione” matita © francesco zaffuto link Altre allegorie)

mercoledì 31 marzo 2010

Napolitano non firma la modifica all'art.18 dello Statuto dei lavoratori


Il Presidente della Repubblica Napolitano, finalmente avvalendosi delle sue prerogative costituzionali, rinvia alle Camere il ddl sul lavoro che aveva introdotto l’arbitrato privato sull’art. 18 dello Statuto dei lavoratori.
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Il testo del comunicato del Presidente su

riporto di seguito il post inserito il 04/03/10 al momento dell’approvazione al Senato

Il Ddl lavoro collegato alla manovra triennale del 2008
è stato approvato dal Senato in via definitiva.
Tra le altre cose, questo disegno di legge va a toccare l’art. 18 dello statuto dei lavoratori (con quanto disposto nel suo art. 33 comma 9, sottoriportato) .
La modifica è tutta in evoluzione e dovranno essere sentite le parti per meglio definirla contrattualmente; ma, in buona sostanza, è stato inserito il principio che in materia di licenziamento per giusta causa si potrà fare riferimento ad un arbitro privato.
La CGIL ha manifestato le sue perplessità, la CISL si mostra favorevole, la UIL dice vedremo.
In pratica, a dirla breve, al posto di ricorrere al Giudice del lavoro si potrà ricorrere ad un arbitro privato, accettando le parti una clausola compromissoria.
La motivazione è la solita: la lentezza della giustizia; in materia di cause di lavoro ci sono casi di attesa anche superiori a 900 giorni.
Il ricorso al Giudice del lavoro era già stato mitigato dal cosiddetto tentativo di conciliazione; procedura obbligatoria per la quale le parti debbono presso l’Ufficio del lavoro tentare di addivenire ad un accordo con la mediazione di un dirigente dell’ufficio. Questa procedura ha fatto diminuire il contenzioso presso il giudice del lavoro; ma evidentemente gli organici di tali giudici sono ancora insufficienti.
Il problema dal punto di vista logico può essere risolto aumentando l’organico dei magistrati, tanto quanto basta. Per niente, si sceglie la logica di fare intervenire nella giustizia l’arbitrato privato. E’ vero che il ricorso all’arbitro privato è diffuso in materia di controversie commerciali e civili, ma in quel campo i contendenti sono spesso su un piano di parità, appartengono alle stesse organizzazioni di categoria commerciale e industriale, scelgono come arbitri membri delle confederazioni di appartenenza. Di ben altra natura sono le controversie tra datore di lavoro e lavoratore: i due contendenti non sono certo inseriti negli stessi organismi, non sono su un piano di parità, il licenziamento pone problemi vitali al lavoratore.
Lo Stato si ritira da una materia delicatissima e di garanzia come quella del lavoro, l’arbitro pubblico cede il posto a quello privato. Ma l’amministrazione della giustizia, l’essere arbitro, è un compito primario e fondativo dello Stato. Uno di quei compiti che sono stati alla base della concezione illuminista dello Stato moderno. Un compito che fino a qualche decennio fa non avrebbero posto in discussione né la sinistra né la destra.
francesco zaffuto
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Disegno di legge N. 1167-B art. 33

9. In relazione alle materie di cui all’articolo 409 del codice di procedura civile, le parti contrattuali possono pattuire clausole compromissorie di cui all’articolo 808 del codice di procedura civile che rinviano alle modalità di espletamento dell’arbitrato di cui agli articoli 412 e 412-quater del codice di procedura civile, solo ove ciò sia previsto da accordi interconfederali o contratti collettivi di lavoro stipulati dalle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. La clausola compromissoria, a pena di nullità, deve essere certificata in base alle disposizioni di cui al titolo VIII del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, dagli organi di certificazione di cui all’articolo 76, comma 1, lettere a), b) e c), del medesimo decreto legislativo. Le commissioni di certificazione accertano la effettiva volontà delle parti di devolvere ad arbitri le controversie che dovessero insorgere in relazione al rapporto di lavoro. In assenza dei predetti accordi interconfederali o contratti collettivi, trascorsi diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le disposizioni di cui al presente comma sono pienamente operative
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(immagine – il quarto stato – Pellizza da Volpedo)

martedì 30 marzo 2010

Berlusconi ha perso le elezioni


e la sinistra non ha vinto
L’asso di cuori del partito dell’amore ha perso, nulla potrà fare senza l’asso di fiori che è Bossi.
30/03/10
Anche se, stupidamente, quasi tutti i giornali oggi hanno stilato titoli con la vittoria di Berlusconi, nei fatti Berlusconi ha perso in una maniera catastrofica con un – 10,7% sulle elezioni politiche del 2008.
Ecco la sequenza di voti delle ultime elezioni
regionali 2005 29,3% Forza ITALIA + AN
politiche 2008 37,4% PDL
europee 2009 35,3% PDL
regionali 2010 26,7% PDL
differenza con le politiche 2008 -10,7%

Quando si perde il 10,7 % dei voti significa che si è perso. Riferirsi alla vittoria dell’ alleato Lega Nord e spacciarla come propria vittoria è la cosa più stupida che esiste e Berlusconi, che non è stupido, lo sa bene; non ha dietro di sé il vantato partito del 38% dei sondaggi, ma un magro partito del 26,7% (tra l’altro molto litigioso al suo interno al punto di non mettersi d’accordo sui candidati da presentare nel Lazio fino all’ultimo momento), ora cercherà di attrezzarsi per salvare se stesso, e marcerà a grandi passi verso la repubblica presidenziale.
La sinistra non ha vinto. Tranne il caso Vendola in Puglia, per il resto si dimostra incapace di proporre una politica per il Nord ed anche per il Sud dove era stata precedentemente premiata. Rimangono alla sinistra le regioni storiche del centro, dove si registra anche un diffuso scontento e lo testimonia l’affermazione delle liste del movimento di Grillo.
Nonostante la meno litigiosità della sinistra che abbiamo osservato il 13 marzo, la sinistra continua ad essere un magma fluido che necessita di un processo di unificazione su contenuti essenziali.
Il centro non ha vinto, il partito di Casini è rimasto inchiodato a strette percentuali, il bipolarismo continua ad avere una maggiore forza attrattiva, e non è stato apprezzato il gioco su più tavoli.
Il partito che non c’è dell’astensione ottiene la percentuale più elevata del 35,80%; si badi bene che trattasi di percentuale sugli aventi diritto al voto, di conseguenza se si misura il risultato del maggior partito (PDL 26,7%, percentuale sui voti espressi) e lo si rapporta agli aventi diritto di voto si scopre che le percentuale dei consensi degli italiani a Berlusconi è molto misera; nonostante tutto marcerà verso il presidenzialismo, e forse avrà come alleato il vincitore di questa ultima partita a carte che è stato Bossi.
Sul perché la Lega ha aumentato i suoi consensi al Nord, si possono fare tutte le riflessioni che si vogliono, ma è certo che una parte di voto popolare che prima premiava la sinistra si è spostato verso la Lega. Quanto e perché, dovrebbero provare ad analizzarlo i leader della sinistra. Nei miei limiti ci proverò al prossimo intervento.
francesco zaffuto
Una annotazione del 31/03/10
I dati di cui mi sono servito per il post sono riferibili esclusivamente ai voti attribuiti espressamente al PDL 26,7% (dati che per il PD davano un 25,9%). E credo che per misurare la "berlusconite" vadano presi i dati puri.
Renato Mannheimer, con la sua analisi presentata nella trasmissione Porta a Porta (e riportata sul Corriere della Sera di oggi 31 marzo), considera anche i dati delle liste in qualche modo riconducibili ai due maggiori partiti, in tal caso le percentuali vengono ad essere: PDL 31%, PD 27,1. Se si considera il dato aggregato di Mannheimer il PDL perderebbe rispetto alle politiche del 2008 (37,4 – 31) il 6,4%. Anche a volere considerare gli aggregati in questo modo il risultato evidente della perdita di consensi a Berlusconi non cambia. Berlusconi ha perso le ultime elezioni, dovrà rendere conto alla Lega e ai suoi avversari interni e cercherà di fare in fretta per riforme istituzionali atte a fortificare le sue posizioni. (f.z.)

lunedì 29 marzo 2010

la forza del partito che non c’è


29/03/10
la forza del partito che non c’è
Il 35,8% degli italiani non è andato a votare per le elezioni regionali (rispetto alle elezioni regionali precedenti, l’aumento dell’astensione è stato del 7,8%).

Il più forte partito è quello che non c’è. In questo momento c’è la corsa a valutare questo dato, tutti i politici fanno una breve riflessione sul comportamento e sui pensieri degli italiani stanchi. In capo a qualche ora gli stessi politici conteranno solo il quantitativo delle poltrone occupate.
Il dato dell’astensione era abbastanza prevedibile: nelle ultime elezioni europee (2009) si era registrata la stessa percentuale del 35% di astensioni, ma quel dato venne commentato come poca sensibilità rispetto alle problematiche europee, “l’Europa viene sentita lontana”. Ora l’astensione coinvolge alla grande le elezioni delle Regioni (fulcro del nuovo federalismo) . Sono sentite lontane le regioni e il federalismo dagli italiani?.
Anch’io nelle ultime elezioni europee mi ero astenuto e non certo perché sentivo l’Europa lontana; sono andato a votare in queste elezioni regionali e non certo perché ho sentito la regione vicina. Ci sono andato per altre considerazioni, per dare un po’ di forza a una sinistra depressa .
Non è facile fare un’analisi sui pensieri e le volontà di chi non è andato a votare, il peso dell’astensione è proprio nel silenzio e nell’imponderabile sua presenza o assenza per le prossime elezioni.

Si può tentare solo di rintracciare tutte le possibili motivazioni del non voto:

Questo sistema democratico è finto (una motivazione logica, di una minoranza che sceglie il non voto in modo consapevole)
Non ho trovato un partito che veramente condivido per le sue idee e programmi (motivazione valida di una minoranza molto esigente)
Sono tutti uguali e pensano solo ai cazzi loro (una motivazione molto diffusa)
Per come voterei io è ininfluente, tanto vincono sempre i più grandi partiti (gli scoraggiati dalla fine del sistema proporzionale)Tanto non cambia niente (gli scoraggiati in assoluto)
Questa volta li voglio punire e non vado (i vendicativi)
Ho altro da fare io... (perbacco! ..e che è ? )
Volevo andare e poi ho avuto un contrattempo... (può succedere)
C’erano le elezioni? Non me ne sono accorto. (può succedere anche questo)Sono troppo vecchio per votare (...a un certo punto può subentrare una grande stanchezza)Sono troppo giovane per votare (....e no .... allora studia)
Non ci ho capito proprio niente (...ma hai provato a leggere qualcosa?)
Non conosco nessuno dei candidati (...capita spesso, e non si può dire di conoscerli solo perché si sono visti attaccati con un faccione sul muro)Non conosco personalmente nessun candidato (... qui la pretesa è precisa)
Troppi partiti, troppi partiti (... e mo, che c’era qualche possibilità di scelta)
Nessuno mi ha chiesto niente (...ma come dovevano chiedertelo?)
Ho chiesto e nessuno ha risposto (... una motivazione che ha una sua forza logica)
Ma sì governi pure chi vuole (... sicuramente accadrà)
Tanto non è più obbligatorio votare (...almeno è ben informato)Ci vuole l’uomo forte e non mi pare che.... (hai fatto benissimo a non andare)


Possiamo ironizzare su quelli che non sono andati a votare, ma se proviamo per un attimo a pensare le motivazioni di quelli che ci sono andati, la questione può diventare drammatica.

Ho votato scheda bianca (... ma non hai votato... e qualcuno svelto di mano lo può fare per te)
Ho votato annullando la scheda (... non hai votato... ma sei stato più astuto di quello che ha votato scheda bianca)
Ho votato perché è obbligatorio (guarda che non sei bene informato)
Ho votato perché è meglio che si sappia che ho votato (..chi, chi dovrebbe venirlo a sapere?)Ho votato perché la democrazia è partecipazione ( motivazione che ha una sua logica, ma di una minoranza)
Ho votato perché condivido il programma politico del mio partito (rara, ma buona motivazione)Ho votato perché condivido il programma politico del mio partito anche se non l’ho letto (frequente)
Ho votato perché ho un candidato che mi ispira simpatia (un motivo comprensibile...)
Ho votato perché il candidato sono io (una logica perfetta)
Ho votato perche l’ho promesso a mio zio (doveri parentali)
Ho votato perché l’ho promesso al Sig. Tizio (doveri di vicinato)
Ho votato perche l’ho promesso a... (....ma non si può dire, perché pericoloso)
Ho votato per non dare andare avanti i comunisti (...tipico)
Ho votato per non fare andare avanti i fascisti (...tipico)
Ho votato per non fare andare avanti Berlusconi (...oggi tipico)
Ho votato perché amo Berlusconi (...quando lo dice il cuore...)
Ho votato per aiutare la sinistra (.... azzo, questa volta sono io)
Ho votato per aiutare la destra (anche questo è comprensibile, ma non sono io)
Ho votato per un partito piccolo, per testimonianza (...almeno un fiore)
Ho votato perché è ora di cambiare (...cosaaaa?)
Ho votato per difendere quelle poche cose che ancora vanno bene (...qualiiii?)
Ho votato perché me lo ha detto la Chiesa (sì ....ci sono anche questi)
Ho votato perché quel giorno non avevo niente da fare (un passatempo vale l’altro)
Ho deciso per chi votare strada facendo (...le soluzioni terminali)
Ho votato perché sono vecchio e voglio ancora dire qualcosa (...vocazione testamentaria)
Ho votato perche sono giovane al primo voto (... ma hai studiato qualcosa prima?)
Ho votato e ..azzo ho sbagliato a segnare, perché mi sono confuso (... non sarà capitato anche a me?)
Ho votato perché ci vuole l’uomo forte (...era meglio che non votavi)
Se si considerano tutte le motivazioni esposte in qualche modo non c’è da meravigliarsi per i risultati, domani qualche riflessione sui voti ai partiti.
francesco zaffuto
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(immagine “mha!....boh!” fotocomposizione © liborio mastrosimone http://libomast1949.blogspot.com/)

domenica 28 marzo 2010

da armati di più ad armati quanto basta




Accordo USA – Russia sulle armi nucleari

28/03/10
Si parla di accordo storico e pare che sarà firmato a Praga il prossimo 8 aprile.
L'intesa prevede che le due superpotenze atomiche dispongano di non più di 1.550 testate nucleari strategiche ; i vettori (missili, sottomarini e bombardieri) in grado di portare le testate sull'obiettivo non dovranno essere più di 800 dei quali solo 700 effettivamente dispiegati e pronti all'impiego.
Se questo accordo si va confrontare con l’accordo START del 1991, si tratta di una diminuzione del 74% delle 6.000 testate nucleari. E’ anche un passo avanti rispetto al Trattato SORT, di Bush e Putin, che prevedeva 2000 testate .
Nei fatti le due potenze con 1.550 testate nucleari a “testa” continueranno a mantenere un arsenale nucleare capace di fare saltare tutte le città più importanti del pianeta terra. L’accordo non avrà una conseguenza tanto apprezzabile sul piano della sicurezza, ma può avere degli effetti sul piano del contenimento dei costi dedicati all’ampliamento e al mantenimento degli armamenti.
Mentre negli anni delle guerra fredda si poteva ancora comprendere una logica negli armamenti , logica perversa, ma pur sempre logica di due stati che si dichiaravano aspramente nemici: gli USA continuavano a indicare il comunismo come il massimo del male esprimibile nel mondo, e giustificavano gli armamenti per difendersi da quel male; la vecchia URSS continuava ad indicare il capitalismo americano come il massimo del male esprimibile del mondo e giustificava allo stesso modo il suo armamento nucleare. Oggi la vecchia logica non può più spiegare il permanere di tale forza nucleare: l’URSS, non esiste più, i russi cercano di imitare il capitalismo americano, sono riusciti ad imitare perfino la nostra mafia, sono come noi, hanno due piedi come noi, due braccia come noi, due occhi e una testa piena o vuota come noi; gli USA addirittura, in questo momento storico, non demonizzano più il socialismo e cercano in qualche modo di limitare i danni di un capitalismo selvaggio che ha provocato la più grande crisi economica moderna.
Allora quelle 1550 reciproche testate a cosa servono? L’unica spiegazione diventa: che servono per continuare ad essere i dominatori del mondo; e nella logica di dominio le due superpotenze trovano sulla strada tanti piccoli imitatori.
Benvenuto questo ultimo accordo che lega un po’ meno le economie di USA e Russia alle strategie di guerra; ma la strada della pace è ben lontana.
E’ necessaria una più grande utopia di pace. Una utopia capace di affrontare la fame e la miseria nel mondo, con un istituto sovranazionale mondiale riconosciuto da tutti e responsabile della comune sicurezza. Abbiamo un solo un pianeta abitabile, non perdiamolo.
francesco zaffuto
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(immagine – “dopo la fine” acquarello © francesco zaffuto link Altre allegorie)

mercoledì 24 marzo 2010

Esiste una sinistra in Italia?



a pochi giorni dal voto, un dilemma


24/03/10
I partiti e i gruppi politici che si presentano alle elezioni regionali e che pescheranno nel grande mare della sinistra sono tanti. Perché in Italia, magari una sinistra unita non esiste materialmente ma, nel voto storicamente gli italiani hanno sempre cercato di individuare una alternativa di sinistra anche tra le tante divisioni.
Proviamo arditamente a fare un censimento:

PD - partito che vuole essere rappresentativo del centrosinistra ed elemento fondante del bipolarismo, raccoglie dentro di sé l’eredità del vecchio PCI e l’eredità di una sinistra democristiana. Recentemente ha visto fuggire personalità del centro cattolico come Rutelli e Binetti, per il suo tentativo di meglio collocarsi nel mare della sinistra.

IDV - partito fondato attorno alla personalità di Di Pietro, che ha avuto come sua centralità la battaglia per il rispetto della legalità, di origine non chiaramente di sinistra ma che ha pescato voti e consensi nel grande bacino della sinistra, che vuole darsi una veste di sinistra anche sulle questioni sociali.

Sinistra, ecologia e libertà - partito che viene da una scissione di Rifondazione dopo l’ultima sconfitta elettorale alle elezioni politiche, con una personalità politica di spicco come Vendola su base regionale, che vuole prendere le distanze dalla antica retorica marxista di Rifondazione e cerca di fondare un nuovo linguaggio.

Rifondazione Comunista – e - Partito dei comunisti - che si presentano uniti a queste elezioni - vogliono conservare l’origine marxista dei loro gruppi per le tematiche proposte specie in materia di lavoro.

I Socialisti “residuali” – tra parentesi ho posto questa la definizione “residuale” non in senso negativo, ma solo per distinguerli da tutti quei socialisti che hanno preso la strada berlusconiana sposando gran parte del programma liberista di destra.

Verdi del sole che Ride – movimento strutturato in qualche modo come partito, che dopo la fine dell’arcobaleno bertinottiano rivendica una sua autonomia dalla sinistra ma che continua a pescare consensi nel mare della sinistra.

Movimento 5 stelle - movimento politico – popolare fondato da Grillo, che pone alcune specifiche questioni di programma, che vuole andare oltre la sinistra per i suoi contenuti, ma che nei fatti andrà a pescare nell’elettorato di sinistra

I Radicali liberi - che ci sono e non ci sono, sono a sinistra ma si definiscono liberisti, sono entrati nel PD e non si sa se sono usciti. Per il loro porre le questioni di libertà si collocano in una tradizione più libertaria che liberista e che hanno raccolto più simpatie a sinistra che a destra.

Questa sinistra, insieme al movimento non ben definito dei VIOLA, ha avuto un appuntamento unitario il 13 marzo. A differenza del passato c’è stata la ricerca di trovare punti in comune rispetto alle differenzazioni. Non solo la questione Berlusconi, ma come uscire dalla crisi e come fondare le premesse per una società più giusta e più libera.

Nell’ultima tornata elettorale delle elezioni europee mi sono astenuto, la prevalenza del litigio a sinistra anche nelle parole mi ha allontanato dal voto. Il 28 marzo andrò a votare per uno dei raggruppamenti e non mi interessa dire per quale, perché è necessario percorrere una strada di ricerca sulle parole che uniscono per un’Italia più giusta e più libera; partendo dalle questioni importanti del lavoro e dell’ambiente.
francesco zaffuto
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(immagine “la mano sinistra” fotografia © liborio mastrosimone http://libomast1949.blogspot.com/)

lunedì 22 marzo 2010

Approvata la riforma sanitaria di Obama


22/03/10
“semo meglio de l’amerikani e nun ce lo sapevamo”
Gli americani ora sono un po’ meno selvatici in materia di assistenza sanitaria.
La riforma sanitaria di Obama è andata in porto con l’approvazione definitiva: 219 voti favorevoli contro 212 contrari. Una vittoria sul filo del rasoio, ma pur sempre una vittoria.

Tutti gli americani avranno l’assistenza sanitaria gratuita?
Non è proprio così, ma pare che almeno atri 32 milioni di americani potranno avere una copertura assicurativa sanitaria. Nell’arco di dieci anni l’obiettivo è quello di arrivare a coprire il 96% della popolazione americana, per un ammontare complessivo di 1.200 miliardi di dollari.
La riforma sanitaria USA prevede l'obbligatorietà dell'acquisto di un'assicurazione sanitaria, vengono previsti sussidi per chi non se la può permettere e multe per le aziende con più di 50 dipendenti che non forniscono l'assicurazione. Nel testo passato al Senato, non c’è alcun riferimento alla cosiddetta opzione pubblica, lo Stato non garantirà l’assistenza sanitaria e si limiterà a rendere obbligatorio il sistema assicurativo e darà degli aiuti per estenderlo. Il sistema resta privato, ma gli assicuratori privati dovranno rispettare norme che evitano gli aspetti negativi del recente passato come quelli di aumentare le polizze agli anziani e ai malati cronici.
A questo risultato Obama è arrivato faticosamente, ha dovuto fronteggiare le insidie dell’opposizione repubblicana e dei suoi stessi deputati democratici, ha dovuto anche ridimensionare il suo progetto che resta ancora lontano da una assistenza pubblica gratuita per tutti.

La riforma sanitaria italiana è stata introdotta con la legge n. 833 nel 1978 . Il Servizio sanitario nazionale in Italia è un sistema pubblico di carattere universalistico che garantisce l’assistenza sanitaria a tutti i cittadini, finanziato attraverso la fiscalità generale (le tanto vituperate “tasse” di cui tanti si lamentano). Nel 1968, c’era stato un primo passo, con la legge n. 132 (del ministro Luigi Mariotti), che trasformo il sistema degli ospedali, da enti di assistenza e beneficenza in enti pubblici, disciplinandone l'organizzazione, la classificazione in categorie, le funzioni nell'ambito della programmazione nazionale e regionale ed il finanziamento. Il processo di riforma si concluse nel 1978 con la soppressione dei tanti enti del sistema mutualistico e con l’istituzione del Servizio sanitario nazionale. Secondo una ricerca dell'OMS, risalente al 2000 l'Italia aveva il secondo sistema sanitario migliore del mondo in termini di efficienza di spesa e accesso alle cure pubbliche per i cittadini dopo la Francia.

Obama ha iniziato in campo sanitario qualcosa che noi abbiamo concluso più di trenta anni fa. Il nostro sistema sanitario è tra i migliori del mondo e se andiamo in giro a chiedere sentiamo le più varie lamentele. Le lamentele è giusto che ci siano per criticare ciò che non funziona e per migliorare il sistema stesso; va posto rimedio ai lunghi tempi di attesa per accertamenti ed analisi, vanno resi efficienti alcune strutture ospedaliere degradate; ma dobbiamo stare attenti a tutti coloro che giocano per l’affossamento del nostro sistema sanitario, a quelli che dicono che il privato è meglio del pubblico.
L’assistenza sanitaria per i ricchi non mancherà mai, ma è quella per tutti che va difesa e potenziata. Dobbiamo ricordarci che per la sanità, negli ultimi trenta anni, siamo stati molto meglio degli americani.
francesco zaffuto
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(immagine, foto storica di muratori italiani a New York)

venerdì 19 marzo 2010

disoccupati per merito


Il dato dei laureati disoccupati e sottooccupati è in continuo aumento. In Italia si parla tanto di merito e poi i titoli di studio faticosamente conseguiti diventano quasi un demerito sul mercato del lavoro.

19/03/10
Oggi presso l’Università della Calabria al Campus Arcavacata di Rende (Cosenza) si è tenuto un Convegno sulla condizione occupazionale dei laureati. L’Associazione Almalaurea ha presentato al convegno la XII Indagine sullo stato occupazionale dei laureati.
L'indagine riguarda 162mila laureati nel 2008 di primo e di secondo livello post-riforma, intervistati ad un anno dalla laurea, e quasi 50mila laureati pre-riforma delle sessioni estive 2006 e 2004, intervistati a 3 e 5 anni dalla laurea. Nel complesso sono state raccolte 185mila interviste di laureati presso 49 università italiane.
http://www.almalaurea.it/universita/occupazione/occupazione08/

L’allarme si evidenzia se si mettono in confronto i dati con quelli dell’anno precedente:
Tasso disoccupazione
Laureati di primo livello (3 anni)
quest'anno 21,9% anno scorso 16,5% +5,4%
Laureati specialistici (3+2)
quest'anno 20,8% anno scorso 13,9% +6,9%
Specialisti a ciclo unico
quest'anno 15,0% anno scorso 8,9% +6,1%
Fonte: ALMALAUREA, XII Rapporto sulla condizione occupazionale dei laureati, marzo 2010

Un altro dato significativo è il livello delle retribuzioni dei laureati in Italia per i giovani che sono ai primi rapporti di lavoro dopo la laurea.

Stipendio mensile (euro)
Laureati di primo livello (3 anni)
quest'anno 1.109 anno scorso 1.136 -27
Laureati specialistici (3+2)
quest'anno 1.057 anno scorso 1.125 -68
Specialisti a ciclo unico
quest'anno 1.110 anno scorso 1.149 -39
Fonte: ALMALAUREA, XII Rapporto sulla condizione occupazionale dei laureati, marzo 2010

Questi i risultati per un giovane che ha conseguito una laurea, che ha dedicato i previsti anni allo studio (e di solito qualche anno in più dei canonici anni), che si è sobbarcato ad una notevole fatica e ad un continuo stress da esami, con una famiglia che si è impegnata a pagare tasse per la frequenza universitaria, spese per i libri e a volte per il mantenimento degli studi fuori sede. Inoltre, per tutto il periodo degli studi non ha percepito nessuna forma di assistenza contributiva e si troverà con diversi anni di contributi in meno rispetto ai giovani che si sono dedicati subito al lavoro. Certo gli anni di università possono essere riscattati sul piano contributivo, ma ciò accade a caro prezzo e tutto a carico del lavoratore laureato.
In pratica il neolaureato deve ringraziare la “Provvidenza” se non resta nella condizione di disoccupazione e deve accontentarsi di forme di sottoccupazione per almeno cominciare a sopravvivere autonomamente dalla famiglia di origine.
La condizione di sottoccupazione è così diffusa che basta guardare anche lo stesso sito dell’Associazione Almalaurea per rendersene conto: sono inseriti nella banca dati ben unmilionetrecentosettantamila curriculum vitae; anche se non sono tutti di laureati disoccupati, sono tutti di laureati in cerca di un impiego che meglio corrisponda al proprio percorso di studi, alle proprie aspettative sul piano del riconoscimento.
Una persona nel nostro paese Italia può perfino essere rovinato dagli gli studi, basta laurearsi con qualche anno di ritardo, basta dovere andare in giro a presentare un curriculum in diverse aziende che cominciano a nicchiare sulla tua poca esperienza nel mondo del lavoro; puoi perfino trovare negato un lavoro manuale, devi nascondere il tuo titolo di studio e inventarti bugie sul tuo curriculum.
Potrai sentirti dire soventemente: “Come, Lei è laureato e vuole fare il magazziniere o addirittura l’operaio? Ma non fa per Lei, non è la Sua collocazione, deve cercare una collocazione adatta”. E intanto il tempo passa e il tempo lavora contro di te.
Anche quel rifugio che per tanti anni è stato l’insegnamento è venuto a mancare; perfino trovare una supplenza è diventato difficile con le nuove scelte di riduzione della Gelmini tagliatrice di teste.
Per non parlare poi delle professioni libere, con le corporazioni che si chiudono a riccio, come quella degli avvocati che vogliono costruire una diga insuperabile contro l’affluenza degli ultimi arrivati.
Allora i nostri politici di governo, e primi fra tutti quelli che si occupano di istruzione, la smettessero di cianciare sul merito. Se non si trovano alcune soluzioni per i laureati è meglio scrivere un avviso dinanzi le porte delle università del tipo:
“Se non siete figli di industriali con aziende ben avviate
O se non siete figli di....
O se non siete baciati dalla fortuna
Perdete ogni speranza o voi che entrate”.
Quello che ho sopra detto è indirizzato ai "sepolcri imbiancati", ma ai giovani voglio dire: "non arrendetevi mai".
francesco zaffuto
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(immagine – “buio_book - Buio essere nel Buio: quando il giorno entra in occhi ” © arianna veneroni http://www.flickr.com/photos/arive11/ )

mercoledì 17 marzo 2010

Gentili banchieri



Che cosa è l’usura? Cos’ è la cura dello Stato per il risparmio?


17/03/10


Avete ricevuto dal gentile banchiere (o ufficio postale), a cui avete affidato il vostro denaro, una gentile comunicazione di questo tipo relativa al vostro rapporto di conto corrente?


Gentile Cliente
Alla luce dell’andamento dell’indice Istat, dell’andamento dei mercati finanziari e della progressiva riduzione dei tassi d’interesse, le comunichiamo, ai sensi dell’art. 118 del D. Lgs. 1 settembre 1993 n. 385, così come sostituito dalla legge 4 agosto 2006 n.248, la seguente “proposta di modifica unilaterale di contratto” relativa al suo conto corrente.......(banca o posta stessa cosa)......... per le condizioni sotto indicate con decorrenza dal ... maggio 2010


Tasso di interesse annuo creditore lordo da 0,25% a 0,15%


Analogamente la informiamo che, con medesima ricorrenza, sarà ridotto anche il tasso debitore relativo allo scoperto di conto......fido......, disponibile presso......


Tasso annuo nominale per scoperto di conto da 9,25% a 9,15%


Entro 60 giorni dalla ricezione della presente è sua facoltà recedere dal contratto.....


Il gentile banchiere vi avverte che il vostro denaro sul conto corrente, che già non vi fruttava niente, vi frutterà meno di niente. Vi avverte anche che, in caso di vostro bisogno di denaro, la distanza tra il niente e quello che dovete al gentile banchiere è di ben nove punti. Vi cita le leggi per dirvi che è suo diritto modificare il contratto. Vi cita l’Istat e i mercati finanziari per dirvi che “la vita è così”. Vi dice anche che se non vi piace siete liberi di andare a.... . Dove? Da un altro gentile banchiere (o ufficio postale) che applica le stesse condizioni.
Sorge un dubbio: nove punti di distanza per l’interesse fanno del nostro gentile banchiere un gentile usuraio? Possiamo andare a controllare le definizioni nel vocabolario o in qualche enciclopedia. Ma prima cerchiamo di completare l’analisi del trattamento.

Vediamo cosa accade in base alla comunicazione su esposta:
se chiedete un prestito sul vostro c/c di € 1.000,00 (sempre che ve lo diano perché dovete essere meritevoli di fido) ebbene in un anno dovete pagare € 91,50 di interessi
se tenete la stessa somma di € 1.000,00 depositata sul c/c per un anno ricevete € 1,50 di interessi.Questa è l’incredibile situazione in termini di applicazione di tassi a credito ed a debito. Ma il malcapitato correntista potrebbe considerarsi fortunato se tutto finisse qui. Non finisce qui. C’è lo Stato con le sue imposte e c’è il gentile banchiere (o ufficio postale) che con si accontenta del differenziale dei tassi per guadagnarci sopra e desidera anche un compenso per la tenuta del conto e per i servizi bancari che vi offre in un anno.


Bene, proviamo a fare i conti dopo un anno di un correntista che non ha bisogno di prestiti e che addirittura sta prestando denaro alla banca o alla posta.
Consideriamo a titolo d’esempio sempre € 1.000,00 come deposito per un anno sul c/c, alla fine di un anno siete compensati con:
+ € 1,10 (di interessi netti, perché il generoso € 1,50 di interesse, elargito dalla banca, viene colpito da una imposta dello Stato sugli interessi del 27%);
meno € 50,00 (di spese che le banche fanno in genere pagare per la tenuta del conto; ho inserito un dato medio favorevole, le condizioni variano da 30,00 a 100,00 euro );
meno € 34,20 (di imposta di bollo su estratti conto del conto corrente in beneficio allo Stato):
meno € 70,00 (per anno, se volete servirvi del servizio della carta di credito, per divertirvi a pagare in modo moderno nei supermercati, per i prelevamenti al bancomat e per viaggiare come finti capitalisti).
Alla fine di un anno troverete che i vostri € 1.000,00 sono diventati € 846,90.Intanto il gentile banchiere, se ha prestato i vostri € 1.000,00 a un altro malcapitato, con le stesse condizioni, andrà ad incassare alla fine € 91,50 + (50,00x2) + (70,00x2) = ben € 331,50 complessivi. L’amorevole Stato andrà ad incassare € 0,40 + (34,20x2) = ben € 68,60.
I due malcapitati cittadini trattati con gentile amorevolezza, per essersi serviti del sistema bancario moderno, hanno pagato insieme alla banca e allo Stato ben € 398,80.
In questo esempio che ho proposto non salta agli occhi un’ultima cosa, il cosiddetto principio dell’uguaglianza nel trattamento dei depositi bancari che fa lo Stato. Occorre una riflessione aggiuntiva: se al posto di € 1.000,00, voi movimentate il vostro conto corrente con € 100.000,00, lo Stato che ama tutti allo stesso modo applica sempre la stessa imposta sugli interessi sul conto/corrente del 27% e la stessa imposta di bollo di € 34,20. In base al principio di uguale trattamento il più fregato è nei fatti l’operaio (o l’impiegato o il pensionato) che vive del solo suo stipendio e che ricorre al conto corrente bancario per servirsi di alcuni servizi o spesso per imposizione delle stesse aziende che preferiscono effettuare i pagamenti degli stipendi tramite l’accreditamento in c/c.
Gentilmente vi saluto tutti
francesco zaffuto

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(immagine - " sorprese" fotocomposizione © liborio mastrosimone http://libomast1949.blogspot.com/ )

lunedì 15 marzo 2010

13 marzo, la sinistra, ricominciare dalle parole



Per una grande sinistra è necessario un linguaggio comune, con parole comuni e con un significato comune delle parole. Costruire un sentire comune sulle parole da cui può scaturire un programma. Ma occorre ragionare sulle parole ed evitare gli slogan.

15/03/10

Il 13 marzo, nella manifestazione in difesa della “legge uguale per tutti” la sinistra si è ritrovata unita nella sua estrema varietà. Si può provare a fare l’elenco delle diverse bandiere presenti in Piazza del popolo a Roma e in diverse piazze d’Italia:
PD (partito che voleva essere rappresentativo del centrosinistra ed elemento fondante del bipolarismo, che voleva raccogliere dentro di sé l’eredità del vecchio PCI e l’eredità di una sinistra democristiana, che ha visto fuggire personalità del centro cattolico come Rutelli e Binetti);
IDV (partito fondato attorno alla personalità di Di Pietro, che ha avuto come sua centralità la battaglia per il rispetto della legalità, di origine non chiaramente di sinistra ma che ha pescato voti e consensi nel grande bacino della sinistra, che vuole darsi un vestito di sinistra anche sulle questioni sociali);
Sinistra, ecologia e libertà (partito che viene da una scissione di Rifondazione dopo l’ultima sconfitta elettorale alle elezioni politiche, con una personalità politica di spicco come Vendola su base regionale, che vuole prendere le distanze dalla retorica marxista di Rifondazione);
Rifondazione Comunista (partito che vuole conservare l’origine marxista e che a livello elettorale ha lanciato una riaggregazione di forze con quello che rimane del Partito dei Comunisti (compagine Diliberto e cossuttiani));
Verdi del sole che Ride (movimento che dopo la fine dell’arcobaleno bertinottiano rivendica una sua autonomia dalla sinistra ma che si è molto ridotto nei suoi ranghi);
Movimento 5 stelle (movimento politico – popolare fondato da Grillo che vuole andare oltre la sinistra per i suoi contenuti ma che nei fatti andrà a pescare nell’elettorato di sinistra, molto critico verso la vecchia leadership del PD);
Movimento viola (movimento nato spontaneamente sulla rete in funzione antiberlusconi e per il rispetto della legalità, che affonda le sue radici in un malessere giovanile fatto di precariato e anche di tanta qualità intellettuale);
I Socialisti residuali (quei socialisti che si richiamano al socialismo vecchia maniera e che non si sono lasciati ammaliare da Berlusconi);
I Radicali liberi (che ci sono e non ci sono, sono a sinistra ma si definiscono liberisti, sono entrati nel PD e non si sa se sono usciti, sicuramente utili nel porre delle questioni coraggiosamente, questioni in tema di libertà che spesso sfuggono agli altri).
Con l’elenco dei “grandi” penso di avere finito; ma nella giornata del 13 marzo non mancavano anche altri gruppi estremamente minoritari, sicuramente importanti per chi vi milita, ma di difficile elencazione.
Infine erano presenti anche alcuni “INVISIBILI” che non militano in nessun partito, che alle ultime elezioni si sono astenuti ( me compreso) e che sono andati a vedere se questa volta potranno votare di nuovo a sinistra.
Questo variegato mondo della sinistra per un giorno è stato unito, può avere anche una affermazione elettorale in queste elezioni regionali se ritornano a votare i tanti astenuti della sinistra, ma non ci sono ancora le condizioni per una grande sinistra. Una vittoria solo sull’onda dell’antiberlusconismo serve a poco è si è già dimostrato con l’ultima vittoria elettorale di Prodi.
Ci sono ancora tre anni fino alla nuova scadenza delle elezioni politiche, il tempo potrebbe bastare per buttare le basi di un programma ma occorre avere la consapevolezza delle difficoltà.
Per una grande sinistra è necessario un linguaggio comune, con parole comuni e con un significato comune delle parole. Costruire un sentire comune sulle parole da cui può scaturire un programma. Ma occorre ragionare sulle parole ed evitare gli slogan
Ricominciare dalle parole significa dare un peso alle singole parole. Proviamo a pronunciare alcune parole: Libertà, Lavoro, Giustizia, Ecologia. Su queste quattro parole possiamo aggregare la sinistra e parti di popolo ancora più vaste, ma se entriamo dentro il significato di quelle parole possiamo scoprire significati molto diversi. Allora la tentazione della genericità può diventare forte perché ci porta a vaste aggregazioni nella genericità. Ma quando poi si deve fare un provvedimento di legge con la genericità non si affronta alcun problema.
Prendiamo la parola libertà e poniamola in casi specifici, i casi specifici dove cimenta la parola libertà sono tantissimi, ne prendo a caso alcuni:
-gli avvocati vogliono un dispositivo di legge difficoltoso per i nuovi ingressi nella professione, dicono di volerlo per tutelare la professione, ne traggono sicuramente beneficio gli studi affermati a danno dei nuovi arrivati che vogliono faticosamente esercitare in proprio; (chi scegliamo di tutelare?)
- i giornalisti non vogliono certo rinunciare al loro ordine, anche se la libertà di stampa è un diritto costituzionale di tutti, preferiscono sentirsi tutelati se quella libertà possono esercitarla solo loro con prerogativa di legge; (chi tuteliamo?)
- i taxisti vogliono continuare ad esercitare la loro professione ponendo delle forti limitazioni all’entrata di nuovi operatori; (chi tuteliamo?)
- gli imprenditori vorrebbero avere la libertà di licenziare gli operari indipendentemente dalla giusta causa; (chi tuteliamo?)
Prendiamo la parola lavoro, parola tanto usata da Bersani nel suo breve comizio del 13 marzo; abbiamo un dato di disoccupazione dell’8,6% (dato sottostimato se si considerano: le donne che non si iscrivono alle liste di collocamento, i giovani che non hanno cominciato ancora una prima occupazione, i giovani che in attesa di occupazione studiano e continuano a figurare come studenti); nonostante ciò abbiamo un quantitativo di emigrati che arrivano in Italia in cerca di occupazione e sacche di lavoro non dichiarato o irregolare di non facile misurazione. La parola lavoro pertanto non può diventare uno slogan ma deve concretizzarsi in proposte ben evidenziate.
Il voto a sinistra che tanti anni fa si poteva raccogliere solo su una genericità sentimentale sulle parole oggi non basta, ogni parola necessita di significati.
Berlusconismo e antiberlusconismo tutto sommato sono corsie di una strada comoda per Berlusconi e per chi l’osteggia, speriamo che venga al più presto abbandonata perché non porta alla soluzione dei problemi.
Per questa volta rinuncio alla mia astensione e vado a votare per uno degli aggregati di sinistra di cui sopra, ma spero di ritrovare il significato di qualche parola da qui a tre anni.
francesco zaffuto
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(immagine “la mano sinistra” fotografia © liborio mastrosimone http://libomast1949.blogspot.com/)